Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5912 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 11/03/2010), n.5912

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

(1) il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE, in persona del

Ministro pro tempore, e (2) l’AGENZIA delle ENTRATE, in persona del

Direttore pro tempore, entrambi domiciliati in Roma alla Via dei

Portoghesi n. 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato che li

rappresenta e li difende;

– ricorrenti –

contro

s.r.l. BRUNA CARNI (gia’ s.n.c. BRUNA CARNI di Cardoncello Mario

&

C), con sede in (OMISSIS) alla via (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata (giusta “memoria in sostituzione” notificata all’Agenzia

il 17 aprile 2009 e depositata il 30 aprile 2009) in Roma alla Via

Silla n. 2, presso l’avv. Perreca Emiddio insieme con l’avv. DI

MAGGIO Gennaro che la rappresenta e difende in forza della procura

speciale rilasciata con atto autenticato nella firma il 30 marzo 2009

in Boscotrecase dal notaio Plinio Varcaccio Garofano;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 259/34/06 depositata il 2 febbraio 2007 dalla

Commissione Tributaria Regionale della Campania;

udita la relazione svolta nella Udienza pubblica del 20 gennaio 2010

dal consigliere Dott. D’ALONZO Michele;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. RANUCCI Diana

(dell’avvocatura generale dello stato), per l’Agenzia e dall’avv.

Gennaro DI MAGGIO, per la societa’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato (nel domicilio eletto) alla s.n.c. BRUNA CARNI di Carboncello Mario & C. il 12 febbraio 2008 (depositato il 26 febbraio 2008), il MINISTERO dell’ECONOMIA e delle FINANZE e l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che l’Ufficio, in base alle risultanze del PVC (“consegnato il 30 giugno 1998”) redatto dalla Guardia di Finanza “a seguito” di “verifica presso la societa’” e di “indagini precedenti effettuate nel settore” (“commercio… bestiame e carni”) in cui la stessa operava par le quali indagini “il commercio avveniva attraverso societa’ di comodo fittizie, inattive e prive di qualsiasi struttura cui veniva fatturato il bestiame dell’allevatori senza che rimanesse traccia dei relativi documenti fiscali”; “veniva evidenziato che il pagamento veniva effettuato dai grossisti in contanti o con assegni emessi a favore della societa’ fittizia (… cartiera) e poi girati anche con imitazione di firma realizzando una differenza tra IVA esposta sulle fatture emesse dalla societa’ di comodo al 19% che consentiva risparmi e prezzi concorrenziali”, ritenendo detta societa’ “coinvolta nel sistema delle frodi”, aveva rettificato la dichiarazione IVA del 1995 “per indebita detrazione” dell’imposta (“L. 365.888.000”) in riferimento ai “costi di natura fittizi soggettivamente inesistenti” -, in forza di un (formalmente) unico motivo, chiedevano di cassare (con “ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese”), la sentenza n. 259/34/06 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 2 febbraio 2007) che aveva respinto l’appello dell’Ufficio avverso la decisione (494/14/02) della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli la quale aveva recepito il ricorso della societa’ “basando il proprio convincimento su quattro presupposti”:

(a) “applicabilita’ del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54”;

(b) “mancata responsabilita’ del committente sui documenti ricevuti”;

(c) “carenza di prova documentale a cui l’Ufficio era onerato”;

(d) “mancanza di dolo dell’evasione nel rapporto commerciale”.

La s.r.l. BRUNA CARNI (gia’ s.n.c. BRUNA CARNI di Cardoncello Mario &

C.) depositava “memoria di costituzione” nella quale instava per la conferma della sentenza impugnata; il 16 novembre 2009, poi, la stessa societa’ notificava all’Agenzia “memoria di costituzione in sostituzione” di nuovo difensore, il quale il 12 gennaio 2010 depositava memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. In via preliminare va rilevata e dichiarata ex officio l’inammissibilita’ del ricorso proposto dal Ministero per non avere lo stesso (dedotto di aver) preso parte a precedente grado o fase del giudizio ne’ allegato (e provato) di essere titolare di un qualche rapporto giuridico che – come costantemente richiesto da questa Corte (Cass.: 2^, 23 agosto 2007 n. 17922; trib., 7 maggio 2007 n. 10341;

3^, 26 gennaio 2006 n. 1692; 2^, 26 gennaio 2006 n. 1507; 2005 n. 965; 2^, 13 settembre 2004 n. 18346; 2^, 29 aprile 2003 n. 6649; 2^, 4 febbraio 2002 n. 1468; 2^, 23 novembre 2001 n. 14910) – lo legittimi, anche al fine di dimostrare la sussistenza del necessario ed imprescindibile interesse (art. 100 c.p.c.) ad impugnare.

In proposito, va ricordato che per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie dal Ministero (dell’Economia e) delle Finanze alle Agenzie Fiscali (tra le quali, l’Agenzia delle Entrate) – le quali ultime sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al D.M. 28 dicembre 2000, art. 1 – operato dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ciascuna Agenzia (1) e’ succeduta al Ministero nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a quel momento e (2) e’ divenuta titolare esclusiva dei rapporti tributari (e, pertanto, unica legittimata processualmente) sorti successivamente alla data detta di sua operativita’.

Nel caso, giusta quanto si legge nella sentenza impugnata, l’appello e’ stato depositato “il 13 giugno 2005”, quindi proposto in epoca successiva alla data di operativita’ detta per cui il rapporto sostanziale (afferente a richiesta di maggiore imposta sul valore aggiunto per l’anno 1995) e quello processuale, dal primo gennaio 2001 detto, si sono trasferiti in capo all’Agenzia che ne e’ divenuta titolare esclusiva.

2. Con la sentenza impugnata la Commissione Tributaria Regionale – rilevata l’esistenza di “decisioni favorevoli delle Commissioni Regionali sugli avvisi di rettifica scaturenti dallo stesso Processo Verbale della Guardia di Finanza per gli anni 1992 – 1993 – 1994 – 1997”; affermato che “l’appello riproduce le stesse questioni…

affrontate avanti ai giudici di prime cure riportandosi all’unico elemento su cui fonda il proprio assunto cioe’ il contenuto del PV della G.F.” – ha disatteso il gravame dell’Ufficio osservando:

“appare comunque condivisibile l’orientamento della Commissione di primo grado e la tesi della… contribuente, cosi’ come verosimile che la societa’ BRUNA CARNI, operante dal 198(?), non risulti essere una cartiera, ma azienda non esercente commercio di bestiame ma…

l’acquisto all’ingrosso e vendita di carne macellata presso strutture (macelli) autorizzate con merce controllata da ufficiali sanitari e di cui e’ certa per le regole vigenti la destinazione”;

– “non fornisce l’Ufficio la prova del lucro fraudolento in capo alla societa’ i cui prezzi di acquisto non sono risultati non essere in linea con quelli di mercato il che avrebbe potuto opinarsi se il fatturato fosse stato molto piu’ del 25% del totale della merce acquistata nell’anno 2005” sic;

– “non e’ applicabile in via presuntiva… il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3 secondo una interpretazione che rappresenta una chiara e grave violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2 per mancanza di presunzioni gravi, precise e concordanti e dell’art. 56 per mancanza e/o insufficiente motivazione, inesistenza di indizi non riscontrabili e dimostrati da parte dell’Ufficio in modo chiaro e diretto”;

– “per quanto riguarda la presunta evasione non esiste alcuna prova di un procedimento penale in corso e … alcuna decisione favorevole all’Ufficio per gli anni 1992 – 1993 – 1997 – 1998, mancando agli atti solo quella.. del 1996”.

3. Con il proprio ricorso l’Agenzia censura detta decisione per due ragioni.

A. Con la prima la ricorrente – assunto che: (a) “le rettifiche contestate scaturiscono da PV in data 30 giugno 1998 della G. di F. che ha compiuto indagini effettuate nel settore i cui opera la societa’ (commercio bestiame e carni; i cui rilievi sono riepilogati nelle descrizioni di “fatto” e nella “premessa” del PV elevato nei confronti della snc BRUNA CARNI”) (b) “il commercio avveniva attraverso societa’ di comodo fittizie, inattive e prive di qualsiasi struttura (cartiere) cui veniva fatturato il bestiame dall’allevatore senza che rimasse traccia dei relativi documenti fiscali, il pagamento agli allevatori) veniva effettuato dai grossisti in contanti o con assegni emessi all’ordine della “cartiera” e poi girati anche con imitazione di firma”, realizzando cosi’ una “differenza tra l’IVA esposta sulle fatture emesse dalia societa’ di comodo (19%) e quella versata all’allevatore (9%), il che consentiva risparmi e prezzi concorrenziali… sul mercato”; (c) “operando nel settore degli scambi intracomunitari si evitavano controlli fatturando bestiame a societa’ fittizie che compilavano i relativi documenti fiscali assumendosi… tutti i relativi adempimenti contabili e fiscali” (“anche in questi casi si lucrava la differenza dell’IVA” in quanto “l’operatore nazionale acquista il bene dai paesi comunitari detassato”: in tal caso “lo scopo delle societa’ cartiere e’… quello di rilasciare la documentazione necessaria a far ritenere l’acquisto nazionale e non comunitario, consentendo cosi un’ indebita detrazione dell’IVA”) -, esposto che “in merito alla rettifica per presunzioni D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54″ l'”orientamento” di questa Corte “e’ costante nel ritenere che “l’ammissibilita’ della prova per presunzioni non e’ condizionata dalla assoluta ed esclusiva necessita’ causale ira il fatto noto e quello ignoto essendo sufficiente che questo si ponga come conseguenza normalmente ed ordinariamente collegabile rispetto al primo””, denunzia “violazione” del “D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 21 e 54” esponendo che nel caso “si e’… in presenza di organizzazioni esclusivamente funzionali all’elusione fiscale, la cui attivita’ consiste nell’emissione di fatture false per operazioni inesistenti, al fine di costituire costi fittizi ed IVA “a monte” per le societa’ destinatarie delle fatture stesse” per cui “la ricorrente id est, la societa’ ha illegittimamente registrato delle fatture emesse da societa’ fittizie al solo scopo di far risultare avvenuti in Italia gli acquisti di bestiame provenienti in realta’ da paesi comunitari, lucrando cosi un’ indebita detrazione di IVA”.

L’Agenzia aggiunge che “nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture perche’ relative ad operazioni inesistenti, la prova della legittimita’ e della correttezza delle detrazioni IVA deve essere fornita dallo stesso con la esibizione dei documenti contabili legittimanti”, con la conseguenza che “quando costui non e’ in grado di provare la fonte che legittima la detrazione, questa devesi ritenere indebita e legittimamente l’Ufficio puo’ procedere a recuperare a tassazione l’imposta irritualmente detratta (Cass….

nn. 1181 del 2001 e 6431 del 2002)”.

La ricorrente, quindi, formula il quesito di diritto “se D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 ed ex art. 19 del DPR citato violi le predette norme quella sentenza della C.T.R., come nel caso…, che affermi che non sia necessario, al fine di provare la correttezza della contabilita’, la dimostrazione da parte del contribuente, dei fatti costitutivi del credito d’imposta debba essere fornita dal medesimo, con la esibizione di documenti contabili legittimanti.

Quando pertanto costui non sia in grado di provare la fonte che autorizzi la detrazione, questa debba ritenersi indebita”.

B. In secondo ed ultimo luogo, l’Agenzia denunzia “difetto di motivazione” esponendo avere “i giudici di appello… confusamente ritenuto che l’emissione di fatture da parte della BRUNA CARNI, la sussistenza delle relative merci nei magazzini della contribuente ed il pagamento di tali merci mediante regolare emissione di assegni bancari, fossero elementi idonei ad escludere la contestata fittizieta’ di tali operazioni commerciali”: secondo la ricorrente quei giudici non hanno “compreso che la BRUNA CARNI non ha emesso fatture bensi’ le ha ricevute e che la contestazione di cui alla rettifica ha riguardato acquisti che la contribuente ha effettuato presso soggetti diversi da quelli che avevano in realta’ emesso le fatture”.

Per l’amministrazione finanziaria, inoltre ed infine, “l’asserito stato di buona fede dell’acquirente” non puo’ “rilevare” in quanto lo stesso “potra’ soltanto recuperare l’imposta pagata in rivalsa nei confronti del falso cessionario, e non… pretendere di eseguire una detrazione non spettante, con probabile pregiudizio” di essa amministrazione: “il diritto alla detrazione e’ infatti in funzione dell’effettivita’ dell’operazione documentale e non… degli stati d’animo soggettivi delle parti”.

4. Il ricorso dell’Agenzia deve essere accolto perche’ fondato.

A. In via preliminare va ricordato che per l’art. 370 c.p.c.:

– “la parte contro la quale il ricorso e’ diretto, se intende contraddire, deve, farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso. In mancanza di tale notificazione, essa non puo’ presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale” (comma 1): l’inosservanza del termine detto – nonostante il “difetto di un’espressa previsione” -, giusta i “principi generali del processo civile in tema d’inosservanza dei termini relativi ad atti processuali contenenti difese da portare a conoscenza del giudice e dell’avversario”, comporta (Cass., 3^, 10 marzo 2000 n. 2805, che richiama “Cass. 1^, 9 maggio 1981 n. 3066” ; 3^, 21 novembre 1981 n. 6220) “l’improcedibilita’” del controricorso;

– “Il controricorso e’ depositato nella cancelleria della Corte entro venti giorni dalla notificazione, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato” (comma 3).

Per la norma, quindi, “la parte contro la quale… e’ diretto” il ricorso per Cassazione (nel caso, la societa’) puo’ “contraddire” (ovverosia far valere innanzi a questa Corte le argomentazioni, anche di fatto, ritenute idonee a contrastare quanto assunto nell’avverso ricorso ed a determinare il rigetto dello stesso) unicamente “mediante controricorso” – atto al quale (art. 370 c.p.c., comma 2) “si applicano le norme degli artt. 365 e 366 c.p.c., in quanto possibili” -“da notificare al ricorrente nel domicilio eletto” : “”in mancanza di tale notificazione””, prosegue la norma, essa parte “non puo’ presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale”.

Nel caso la societa’ – la quale, peraltro, ha conferito al proprio difensore la procura speciale che (Cass., 3^, 26 giugno 2007 n. 14749, tra le recenti) deve essere rilasciata in epoca anteriore alla proposizione (del ricorso o) del controricorso solo il 15 aprile 2008, quindi ben oltre il termine di quaranta giorni, decorrente dal 12 febbraio 2008, di notifica del ricorso -, non ha notificato all’Agenzia nessun controricorso ma ha depositato unicamente una “memoria di costituzione” che (Cass.: lav., 9 settembre 2008 n. 22928 e 2^, 28 gennaio 2005 n. 1737) non puo’ essere qualificata come controricorso (peraltro, comunque inammissibile perche’ tardivo).

Alla societa’, pertanto, e’ consentito soltanto di “partecipare alla discussione orale” e non anche di “presentare” le “memorie” previste dall’art. 378 c.p.c.: di conseguenza, ai fini della decisione della controversia, non puo’ tenersi alcun conto (del contenuto) delle memorie depositate.

B. Il giudice di appello, come riportato, ha ritenuto “condivisibile l’orientamento della commissione di primo grado” circa (a) la “mancata responsabilita’ della committente” (cioe’ della snc BRUNA CARNI) “sui documenti ricevuti” e (b) la “mancanza di dolo dell’evasione nel rapporto commerciale”, osservando, di suo, (1) che detta societa’ non risultava “cartiera” ma azienda esercente “specificamente l’acquisto all’ingrosso e vendita di carne macellata presso strutture (macelli) autorizzate, con merce controllata da ufficiale sanitari e di cui e’ certa per le regole vigenti la destinazione” e (2) che l’Ufficio non ha fornito “la prova del lucro fraudolento in capo alla societa’”.

Siffatte affermazioni (le uniche enunciate dalla Commissione Tributaria Regionale a fondamento della sua decisione), come intuitivo, suppongono, di necessita’ logica la (certezza della) “falsita’” (comunque soggettiva, ovverosia quanto al soggetto che avrebbe operato le cessioni dei beni in esse indicate in favore della allora snc BRUNA CARNI) “delle fatture di acquisto”: tale “falsita’”, quindi, costituisce un accertamento di fatto divenuto ormai irreversibile perche’ coperto dal giudicato interno formatosi sul punto in conseguenza della mancata impugnazione della relativa statuizione da parte della societa’.

Dalla formazione di tale giudicato interno (rilevabile ex officio) discende la erroneita’, in diritto, delle affermazioni che sorreggono la decisione impugnata, investite dalle doglianze dell’Agenzia.

B.1. In tema di Imposta sul valore Aggiunto (IVA), di poi (Cass., trib., 18 giugno 2008 n. 16492, da cui gli excerpta, nonche’ 30 gennaio 2007 n. 1950 e 17 dicembre 2008 n. 29467), “nell’ipotesi di operazioni soggettivamente inesistenti”, “il diritto alla detrazione dell’imposta versata in rivalsa al soggetto, diverso dal cedente/prestatore, che ha, tuttavia, emesso la fattura, non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta ivi formai mente indicata, ma richiede altresi’, a dimostrazione dell’effettiva inerenza dell’operazione all’attivita’ istituzionale dell’impresa, che il committente/cessionario, il quale invochi la detrazione, fornisca, sul proprio stato soggettivo in ordine all’altruita’ della fatturazione, riscontri precisi, non esaurientisi nella prova dell’avvenuta consegna della merce e del pagamento della stessa nonche’ dell’IVA riportata sulla fattura emessa dal terzo, trattandosi di circostanze non decisive, rispetto al thema probandum, in rapporto alle peculiarita’ del meccanismo dell’IVA e dei relativi, possibili, abusi (Cass. 1950/07)”.

La disposizione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 (secondo la quale “e’ detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell’esercizio dell’impresa…”), “in considerazione del particolare meccanismo che presiede al funzionamento dell’IVA” (per il quale un’ “… infrazione fiscale si configura… per il solo fatto oggettivo che il contribuente, con il proprio comportamento, doloso o colposo che sia, abbia determinato il rischio per l’Amministrazione di non conseguire il pagamento dell’imposta effettivamente dovuta o l ‘ abbia esposta a indebite detrazioni”), infatti, “va letta in coerenza con quanto prescritto dagli artt. 17 e 20 della sesta direttiva del Consiglio CEE n. 77/388 e del principio affermato dalla Corte di Giustizia CEE con sentenza 13 dicembre 1989 (c. 342/87) nel senso che il diritto alla detrazione non sorge immancabilmente, per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresi’, che l’imposta sia effettivamente dovuta e, cioe’, corrispondente ad operazione effettivamente soggetta all’IVA” (Cass., trib.: 16 luglio 2003 n, 11110; 5 giugno 2003 n. 8959; 2 settembre 2002 n. 12756; 26 ottobre 2001 n. 13222; 27 giugno 2001 n. 8786).

La divaricazione tra il soggetto che ha emesso la fattura e quello ha ceduto la merce o prestato il servizio, quindi, fa venir meno il requisito della detraibilita’ dell’imposta per carenza dell'”inerenza all’impresa” (che e’ onere del contribuente provare: cfr., Cass. nn. 13205 del 2003, 11109 del 2003 e 15228 del 2001, citt.) dell’operazione fatturata, ovverosia della ricorrenza dell’imprescindibile “nesso funzionale” che deve legare “il costo alla vita dell’impresa”, cioe’ quel “rapporto tra un costo e lo svolgimento della specifica attivita’, che costituisce la ragion d’essere stessa dell’impresa” : “in ipotesi di inesistenza soggettiva – nella quale, pur essendo i beni entrati nella disponibilita’ patrimoniale dell’impresa cessionario, risulti che l’emittente della fattura e’ soggetto diverso dal cedente/prestatore l’obbligo di corrispondere l’importo corrispondente all’imposta sull’operazione soggettivamente inesistente deriva dal precetto normativo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, mentre risulta evasa l’imposta dovuta, in base al fisiologico funzionamento del meccanismo IVA, per l’operazione effettivamente realizzata (in tal senso: v.

Cass. 6378/06)”, con la conseguenza che “il costo dell’IVA versata sulla fattura relativa ad operazione soggettivamente inesistente si appalesa quale costo non necessariamente inerente”.

B.2. Nella decisione resa il 6 luglio 2006 nei procedimenti riuniti C- 439/04 e C-440/04 (richiamata nella sentenza 24 luglio 2009 n. 17377 di questa sezione), la (sez. 3^ della) Corte Giustizia CE – dopo avere (testualmente) affermato: (a) che “51… gli operatori che adottano tutte le misure che possano essere da essi ragionevolmente pretese alfine di assicurarsi che le loro operazioni non facciano parte di una frode, che si tratti di frode all’IVA ovvero di altre frodi, devono poter fare affidamento sulla liceita’ di tali operazioni senza rischiare di perdere il proprio diritto alla deduzione dell’IVA pagata a monte (v., in tal senso, sentenza 11 maggio 2006, causa C-384/04… punto 33)” e, di conseguenza (“ne consegue”), (b) che “52…qualora una cessione sia operata nei confronti di un soggetto passivo che non sapesse e non avrebbe potuto sapere che l’operazione interessata si iscriveva in una frode commessa dal venditore, l’art. 17 della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che osta ad una norma di diritto nazionale secondo cui l’annullamento del contratto di vendita, per effetto di una disposizione di diritto civile che sanzioni tale contratto con la nullita’ assoluta in quanto contrario all’ordine pubblico per una causa illecita perseguita dall’alienante, comporti per il detto soggetto passivo la perdita del diritto alla deduzione dell’IVA” essendo “o/ riguardo,… irrilevante la questione se la detta nullita’ derivi da una frode all’IVA ovvero da altre frodi” – ha, “per contro”, precisato (sempre testualmente) che “55… i criteri obiettivi su cui si fondano le nozioni di cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo in quanto tale e di attivita’ economica non sono soddisfatti in caso di frode fiscale perpetrata dallo stesso soggetto passivo (v. sentenza 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. 1-0000, punto 59)” atteso che “54…. come la Corte ha gia’ dichiarato, la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi e’ un obiettivo riconosciuto e promosso dalla sesta direttiva (v., sentenza 29 aprile 2004, cause riunite C437/01 e C-7/02, Gemeente Leusden e Holin Groep, Racc. p. 1-5337, punto 76)”, si’ che “gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza 12 maggio 1998, causa C-367/96, Kefalas e a., Racc. pag. 1-2843. punto 20; 23 marzo 2000, causa C-373/97, Diamantis, Racc. pag. 1-1705, punto 33 e 3 marzo 2005, causa C-32/03, Fini H, Racc. pag. 1-1599, punto 32)” per cui “55 se l’Amministrazione Finanziaria rileva che il diritto alla deduzione e’ stato esercitato in modo fraudolento, puo’ chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso degli importi dedotti (v., segnatamente, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman, Racc. pag. 655, punto 24; 29 febbraio 1996, causa C-110/94, INZO, Racc. pag. 1-857, punto 24, e Gahalfrisa e a., cit, punto 46) e spetta al giudice nazionale negare il beneficio del diritto a detrazione se e’ dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che tale diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (v. sentenza Fini H, cit., punto 34)”.

“56 del pari”, aggiunge il giudice comunitario, “un soggetto passivo che sapesse o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA, ai fini della sesta direttiva, deve essere ritenuto partecipante a tale frode, indipendentemente dalla circostanza che egli tragga o meno beneficio dalla vendita dei beni” in quanto “57 in una tale situazione… il soggetto passivo collabora con gli autori della frode e ne diviene complice”, per cui “58…rendendone piu’ difficile la realizzazione, un’interpretazione siffatta e’ tale da ostacolare le operazioni fraudolente”, con la conseguenza che “59… spetta al giudice nazionale negare il beneficio del diritto alla deduzione qualora risulti acclarato, alla luce di elementi obiettivi, che il soggetto passivo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode all’IVA, anche se l’operazione in oggetto soddisfaceva i criteri aggettivi sui quali si fondano le nozioni di cessioni di beni effettuate da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e di attivita’ economica”.

B.3. Dagli esposti principi discende la diversita’ di trattamento giuridico della situazione (espressamente considerata nella decisione comunitaria, avente a dichiarato oggetto il “diniego dell’Amministrazione Finanziaria belga di riconoscere il diritto di dedurre l’imposta sul valore aggiunto… versata a monte su operazioni connesse con frodi realizzate mediante operazioni di tipo carosello”) del “soggetto passivo” dell’imposta cui (come teste’ detto) venga negato il diritto di “dedurre l’imposta sul valore aggiunto… versata a monte” perche’ “l’operazione interessata si iscriveva) in una frode commessa dal venditore” rispetto alla situazione del “soggetto passivo” che, come nel caso, sia autore esso stesso della “frode fiscale”: il giudice comunitario, infatti, ha ritenuto meritevole di tutela, allorche’ siano carenti le condizioni specificate “che sapesse o avrebbe dovuto sapere”), solo il “soggetto passivo” implicato nella prima specie di operazione e non pure il soggetto autore della “frode fiscale”.

La oggettiva situazione fattuale (ormai irreversibilmente accertata) relativa alla natura “soggettivamente” falsa delle fatture in contestazione implica, per logica conseguenza, la volontaria utilizzazione, a fini di “frode fiscale” (detrazione dell’imposta pretesamente versata al finto venditore), di una documentazione fiscale non corrispondente alla realta’ economica – perche’ posta in essere (peraltro non necessariamente alle stesse condizioni indicate in dette fatture) con il diverso soggetto rimasto ignoto – e, quindi, l’attribuibilita’ (nella specie) alla stessa societa’ contribuente (peraltro unica avvantaggiata dalla documentazione “soggettivamente falsa”) della conseguente “frode fiscale”, escludente, di per se’, proprio la sussistenza, a favore della stessa, di una situazione soggettiva di “non conoscenza” a di “impossibilita’ di conoscenza” della frode medesima e, quindi, in definitiva la “colpevolezza” della societa’ sulla cui (asserita) carenza di prova il giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, ha erroneamente fondato la sua decisione.

C. Le considerazioni esposte impongono di cassare la sentenza impugnata perche’ fondata su affermazioni giuridiche rivelatesi erronee oltre che su osservazione la snc BRUNA CARNI non era una “cartiera” ma azienda esercente “specificamente l’acquisto all’ingrosso e, vendita di carne macellata presso strutture (macelli) autorizzate con merce controllata da ufficiale sanitario e di cui e’ certa per le regole vigenti la destinazione” prive di rilevanza fiscale.

Dagli atti accessibili a questa Corte non emerge che l’applicazione alla fattispecie dei corretti principi innanzi richiamati richieda un qualche ulteriore accertamento fattuale (essendo, come evidenziato, ormai indiscutibile la natura “soggettivamente” falsa delle fatture contestate) e che, quindi, la controversia abbisogni della soluzione di aspetti ulteriori e diversi: la causa, pertanto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere decisa “nel merito” da questa Corte con il rigetto del ricorso di primo grado della contribuente.

5. Le spese processuali dell’intero giudizio vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, in considerazione del complessivo sviluppo dello stesso.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero; accoglie il ricorso dell’Agenzia, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso di primo grado della contribuente;

compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

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