Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5906 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 11/03/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 11/03/2010), n.5906

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14252/2002 proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro

pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A. già CASSA DI RISPARMIO SALERNITANA

S.P.A. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 91 presso lo studio

dell’Avvocato LAGOZINO NICOLA, rappresentata e difesa dall’Avvocato

TESAURO Francesco giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 635/2000 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 09/04/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, con le quali si chiede

l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9/4/2001 la Commissione Tributaria Regionale della Campania, in accoglimento del gravame interposto dalla contribuente società Intesa Gestioni Crediti s.p.a. (già Cassa di Risparmio Salernitana s.p.a.) riformava la pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno di sostanziale rigetto dell’opposizione spiegata in relazione ad avviso di accertamento emesso dall’Ufficio delle HDD. di Salerno ai fini I.R.P.E.G. per l’armo d’imposta 1993 all’esito dell’omesso versamento della ritenuta d’acconto del 10% sui dividendi distribuiti alla partecipante Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.

Resiste con controricorso la Intesa Gestioni Crediti s.p.a..

Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto emettersi pronunzia ex art. 375 c.p.c. di accoglimento del ricorso per manifesta fondatezza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo i ricorrenti denunziano la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis, L. n. 218 del 1990, artt. 1 e 2, D.Lgs. n. 356 del 1990, artt. 1, 11 e 12, L. n. 461 del 1998, art. 3, art. 2195 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè insufficiente ed illogica motivazione su punti decisivi della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che il giudice dell’appello ha ritenuto la sussistenza in capo alla contribuente dei requisiti per poter beneficiare dell’agevolazione prevista dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, in ragione dell’erroneo presupposto che la medesima svolga attività volta a fini esclusivamente sociali ed assistenziali, senza in concreto valutare la natura dell’attività di gestione realizzata attraverso il controllo del capitale e l’attività di compravendita di titoli azionali e di investimento in titoli deponenti per l’esplicazione di attività commerciale ai sensi dell’art. 2195 c.c..

Con il 2^ motivo i ricorrenti denunziano la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè omessa ed insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamentano che la contribuente non ha offerto la prova della spettanza dell’agevolazione tributaria D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 6, e in particolare di perseguire in concreto scopi meramente culturali.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno, a scioglimento dell’insorto contrasto interpretativo in argomento, avuto modo di affermare, gli enti di gestione delle partecipazioni bancarie, quali risultanti dal conferimento delle aziende di credito in apposite società per azioni e gravati dall’obbligo di detenzione e conservazione della maggioranza del relativo capitale ai sensi della L. n. 218 del 1990 ed in base al D.Lgs. n. 356 del 1990, art. 12, a causa del particolare vincolo genetico che le univa alle aziende scorporate, non possono essere assimilati nè alle persone giuridiche di cui alla L. n. 1745 del 1962, art. 10 bis (che perseguono esclusivamente scopi di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica), ai fini della esenzione dal versamento della ritenuta d’acconto sugli utili, nè agli enti ed istituti di interesse generale aventi scopi esclusivamente culturali, di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 6, ai fini del riconoscimento della riduzione a metà dell’aliquota sull’IRPEG. La predetta disciplina agevolativa non trova applicazione quanto agli enti considerati nè in via analogica, trattandosi di disposizioni eccezionali, nè in via estensiva, poichè la sua rado va ricercata nella esclusività e tipicità del fine sociale previsto per ciascun ente, individuato in maniera tassativa quale già esistente al momento dell’entrata in vigore delle predette norme.

La successiva disciplina di riforma del sistema creditizio, nell’attribuire a tali enti, ai sensi del D.Lgs. n. 153 del 1999, art. 12 ed ove si siano adeguati alle nuove prescrizioni, la qualifica di fondazioni con personalità giuridica di diritto privato, così estendendo ad essi il regime tributario proprio degli enti non commerciali, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 87, comma 1, lett. c) (T.U.I.R.), non ha assunto valenza interpretativa, e quindi efficacia retroattiva, avendo essa previsto adempimenti collegati all’attuazione della riforma stessa, senza influenza sui periodi precedenti.

Ne consegue l’esistenza di una presunzione di esercizio di impresa bancaria in capo ai soggetti che, in relazione all’entità della partecipazione al capitale sociale, sono in grado di influire sull’attività dell’ente creditizio e, dall’altro, la possibile fruizione dei predetti benefici, per gli enti considerati, solo a seguito della dimostrazione, di cui sono onerati secondo il comune regime della prova ex art. 2697 c.c., di aver in concreto svolto un’attività, per l’anno d’imposta rilevante, del tutto differente da quella prevista dal legislatore, dunque un’attività di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale anzichè quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie e sempre che il relativo tema sia stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’A.F. l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni (v. Cass., Sez. Un., 22/1/2009, n. 1576. Conformemente v. Cass., 21/12/2009, n. 26883;

Cass., 9/12/2009, n. 25738).

Orbene, nell’affermare essere “incontestato tra le parti che la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, detentrice del pacchetto azionario della Cassa di Risparmio Salernitana S.p.A. non svolga attività commerciali che siano prevalenti rispetto alle sue attività istituzionali e pertanto rientra tra gli enti non commerciali ai sensi dell’art. 87/1/c D.P.R. n. 917 del 1986 (ciò anche perchè la mera gestione di pacchetti azionari non può considerarsi alla stregua dello svolgimento di attività commerciale); ad essa si applica, di conseguenza, il regime previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6 e, quindi, l’esonero dalla ritenuta di cui alla L. n. 1745 del 1962, ‘art. 10 bis, comma 1”, il giudice dell’appello ha nell’impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi (cfr. Cass., 30/12/2009, n. 28041).

In particolare laddove, nel ritenere nel caso applicabile “il regime previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 6″ (sicchè risulta per tabulas infondata l’eccezione d'”inammissibilità del ricorso per l’estraneità dei motivi di impugnazione al thema decidendum, nonchè per carenza dell’interesse ad impugnare” sollevata dalla controricorrente), tale giudice fa discendere l’accertamento in fatto del mancato svolgimento di “attività commerciali che siano prevalenti rispetto alle sue attività istituzionali”, non già da prova debitamente offerta dalla contribuente idonea a vincere la suindicata presunzione a suo carico di esercizio di impresa bancaria, bensì dalla ravvisata mera non contestazione di tale circostanza.

Nella specie l’odierna controricorrente non ha pertanto assolto all’onere probatorio su di essa incombente.

Al riguardo, si noti, anche nel controricorso si limita a fare apoditticamente riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (in particolare agli “scopi statutari della Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana”, asseritamente “gli unici scopi perseguiti dalla Fondazione”, alla “gestione delle partecipazioni” quale “mezzo attraverso cui la Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana perseguiva i suoi scopi statutari”), omettendo invero, in violazione del principio di autosufficienza valido sia per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che per quello di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (cfr. Cass., 23/7/2009, n. 17253), e applicantesi anche al controricorso (cfr. Cass., 7/3/2006, n. 4840), di specificamente indicare le prove – quali richieste nella sopra richiamata Cass., Sez. Un., 22/1/2009, n. 1576 – eventualmente fornite e dai giudici di merito non valutate o mal valutate, alla cui stregua possa evincersi la non commercialità dell’attività svolta dalla Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana.

Quanto infine al giudicato interno sostanzialmente eccepito dalla controricorrente in ordine all’attività in concreto svolta dall’ente nel periodo in contestazione, a parte quanto già più sopra osservato in ordine alla insussistenza di un onere a carico dell’A.F. di sollevare in proposito precise contestazioni (v. Cass., Sez. Un., 22/1/2009, n. 1576), va posto in ogni caso in rilievo che l’appello erariale ha investito ogni aspetto della questione concernente la spettanza dell’agevolazione in argomento, laddove la decisione impugnata si è limitata ad esaminare in astratto l’assetto normativo e statutario delle finalità di detta attività.

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Le ragioni della decisione costituiscono peraltro giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

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