Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5901 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19452-2014 proposto da:

R.J., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato SALVINO GRECO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

avvocati SERGIO PREDEN, LIDIA CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI

CALIULO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 4282/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/09/2013 R.G.N. 4384/2009;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da R.J. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva dichiarato nulla la procura apposta a margine del ricorso introduttivo del giudizio.

2. La Corte di merito ha osservato che correttamente il Tribunale aveva ritenuto che non operasse il potere di certificazione dell’autografia della sottoscrizione della procura atteso che la presunzione del suo rilascio in Italia era risultata vinta da una serie di circostanze (la mancata indicazione del luogo di rilascio, la residenza in Croazia del ricorrente, la mancata risposta all’interrogatorio formale disposto sulle circostanze relative proprio la rilascio della procura) alle quali si aggiungeva il fatto che il ricorrente non aveva esibito, come la Corte aveva richiesto, l’originale del passaporto per consentirle di verificare gli ingressi in Italia del ricorrente e confermare, così, la presenza nel territorio dello stato al tempo del rilascio della procura e della sua sottoscrizione.

3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso R.J. sulla base di un unico motivo ulteriormente illustrato da memoria. L’Inps è rimasto intimato. Il procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

4. Con l’unico motivo è denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 182 c.p.c. nel testo novellato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

5. Sostiene il ricorrente che il giudice, avvedutosi della nullità della procura, avrebbe dovuto sollecitare la regolarizzazione dell’atto. Sottolinea poi che il mandato era stato successivamente ratificato con il conferimento della rituale procura alle liti conferita per il giudizio di legittimità e, nella memoria difensiva depositata in occasione dell’odierna adunanza, pone in evidenza l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza sollecitandone la soluzione da parte delle sezioni unite.

6. Il ricorso è infondato.

6.1. Rileva il Collegio che – quanto al dovere del giudice di promuovere la sanatoria della nullità della procura alle liti ai sensi dell’art. 182 c.p.c., nel testo anteriore alla L. n. 69 del 2009 e con riferimento a giudizi instaurati prima della sua entrata in vigore – l’affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo la quale il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio, assegnando un termine alla parte, che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa con effetti “ex tunc” e senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (cfr. Cass. Sez. U. n. 9217 del 2010), va inteso nel senso che il principio della sanabilità della nullità non si estende anche al caso, diverso rispetto a quello esaminato dalle sezioni unite, del vizio della procura alle liti.

6.2. Si è chiarito infatti che il nuovo testo dell’art. 182 c.p.c., comma 2, introdotto dalla L. n. 69 del 2009, che prevede tale obbligo per il giudice che rilevi la nullità della procura, non si applica retroattivamente poichè la norma non ha portata meramente interpretativa stante il suo tenore testuale fortemente innovativo (cfr. da ultimo Cass. 29/03/2019 n. 8933).

6.3. Già con sentenza n. 21811 del 2006 si precisò che il problema della validità della procura alla lite, sotto il profilo dello jus postulandi del procuratore (al quale si riferisce la disciplina dell’art. 125 c.p.c.), dovesse essere tenuto distinto da quello della capacità processuale, regolato invece dall’art. 182 c.p.c.. Il difetto di legittimazione processuale può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator e cioè del soggetto privo della capacità processuale di proporre la domanda.

6.4. Successivamente le sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 13431 del 2014, affermarono che gli atti posti in essere da soggetto privo, anche parzialmente, del potere di rappresentanza potevano essere ratificati con efficacia retroattiva (salvi i diritti dei terzi) e che tale principio non opera nel campo processuale, ove la procura alle liti costituisce il presupposto della valida instaurazione del rapporto processuale e può essere conferita con effetti retroattivi solo nei limiti stabiliti dall’art. 125 c.p.c. il quale dispone che la procura al difensore può essere rilasciata in data posteriore alla notificazione dell’atto, purchè anteriormente alla costituzione della parte rappresentata, e sempre che per l’atto di cui trattasi non sia richiesta dalla legge la procura speciale, come nel caso del ricorso per cassazione, restando conseguentemente esclusa, in tale ipotesi, la possibilità di sanatoria e ratifica.

6.5. Si tratta di principi più volte affermati anche da questa Sezione (cfr. Cass. n. 30245 del 2017 e 21666 del 2018) e da altre Sezioni della Corte (tra le varie Cass. n. 26465 del 2011 e nn. 21753 e 21754 del 2013) ai quali il Collegio intende dare continuità.

6.6. Va ribadito che la regola introdotta della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2 non costituisce uno strumento idoneo a scardinare il sistema processuale imponendo ingiustificabili regressioni nello sviluppo della dinamica del processo. Al contrario, essa impone una positiva collaborazione fra i soggetti del processo stesso in un’ottica antiformalistica della casistica di cui la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte si è fatta interprete in tema di inammissibilità o improcedibilità dei ricorsi, ispirandosi all’art. 6, p. 1 della Convenzione EDU, che tutela il “diritto a un tribunale” (cfr. recentemente Cass. Sez. U. n. 26338/2017 e Cass. n. 30245 del 2017 già citata).

6.7. Alla luce dei principi esposti non sono sanabili i vizi dell’originaria procura alle liti a mezzo di una nuova procura, prodotta agli atti del giudizio di cassazione e posteriore alla sentenza impugnata.

7. Neppure, poi, sussistono i presupposti per un nuovo invio alle sezioni unite della questione relativa all’interpretazione dell’art. 182 c.p.c., sollecitata dal ricorrente. Nel caso in esame non trova applicazione la disposizione novellata atteso che il ricorso di primo grado è stato depositato il 21.5.2009 e dunque prima dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (il 4 luglio 2009).

8. Nè l’originaria inesistenza della procura è sanata dal mandato depositato con il ricorso in cassazione, valendo le considerazioni sopra esposte. Si tratta di mandato che, all’evidenza, è stato rilasciato addirittura dopo la sentenza di appello in occasione del conferimento della procura per il giudizio di cassazione (il 16 giugno 2014).

9. In conclusione la sentenza deve essere confermata.

Nulla è dovuto all’INPS per le spese del giudizio di legittimità atteso che l’Istituto si è limitato a depositare procura in calce alla copia notificata del ricorso senza svolgere alcuna attività difensiva.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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