Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5900 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017,  n. 5900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12022-2011 proposto da:

BANCA TUSCIA CREDITO COOPERATIVO SCPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

XXIV MAGGIO 43, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PURI, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VITERBO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 41/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 18/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato LUCARIELLO per delega

dell’Avvocato PURI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. La Banca della Tuscia Credito Cooperativo s.c.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma indicata in epigrafe, recante, oltre alla declaratoria della cessazione della materia del contendere per quanto concerne l’appello principale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado, la declaratoria del difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di “svalutazione monetaria e danni” (recte risarcimento danni da svalutazione monetaria) proposta dalla predetta Banca con appello incidentale.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo si deduce, richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, illegittimità della sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2sostenendosi che la dichiarata carenza di giurisdizione del giudice tributario in relazione alla richiesta di risarcimento del danno ex art. 1224 c.c., comma 2, è in contrasto con i principi espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte.

Il motivo è fondato.

L’argomento in base al quale la Commissione tributaria regionale ha affermato il difetto della giurisdizione tributaria in materia di danno da svalutazione monetaria si pone in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, secondo cui la domanda con la quale il contribuente chieda la condanna dell’erario al pagamento degli interessi e dell’eventuale maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 c.c., comma 2, in conseguenza della ritardata restituzione dell’imposta pagata in eccedenza o in relazione ad obbligazioni pecuniarie costituite dai crediti di imposta, è devoluta alla giurisdizione del giudice tributario (S.U. n. 24775 del 08/10/2008; Sez. trib., n. 17993 del 19/10/2012). Siffatte richieste concernono un accessorio che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 attribuisce alla cognizione del giudice tributario, in quanto si tratta di contestazioni consequenziali ad una controversia tributaria, e ciò giustifica la giurisdizione di detto giudice se viene in rilevo un tributo la cui cognizione è riservata ad esso. Ciò anche in forza del principio di concentrazione della tutela giurisdizionale, caratterizzante l’attuale sviluppo dell’ordinamento pure in materia tributaria.

2. Con il secondo motivo, si deduce che i giudici del merito non hanno considerato come la ricorrente avesse dato ampia prova del danno subito e lo avesse quantificato. In particolare, la ricorrente evidenzia richiamando la produzione documentale offerta in sede di merito – come il mancato recupero dei crediti fiscali abbia impedito un impiego profittevole delle somme pretese a restituzione e l’abbia costretta a reperire denaro onerosamente chiedendolo in prestito ad altri istituti di credito, nonchè abbia comportato, tenuto conto delle modeste dimensioni dell’istituto bancario, una crisi di liquidità dalla quale sarebbe conseguita la perdita di clientela, in ragione dell’impossibilità di erogare credito ai risparmiatori. La ricorrente afferma quindi la sussistenza di un suo concreto interesse ad una pronunzia sulla giurisdizione, notando che essa le consentirebbe di veder riconosciuto il proprio diritto ad ottenere il risarcimento del danno ex art. 1224 cod. civ..

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse a proporlo.

La sentenza impugnata reca solo, con riferimento all’appello incidentale, l’affermazione della carenza di giurisdizione, non una statuizione di merito di rigetto della domanda. Quest’ultima, infatti, dovrà essere valutata dal giudice del rinvio.

3. Per le ragioni esposte, deve essere accolto il primo motivo del ricorso, dichiarando la giurisdizione del giudice tributario sulla domanda di svalutazione monetaria, mentre va dichiarato inammissibile il secondo motivo del ricorso. All’accoglimento del primo motivo segue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata, con rinvio – anche per le spese ad altra Sezione della Commissione regionale di Roma.

PQM

Accoglie il primo motivo e dichiara la giurisdizione del giudice tributario sulla domanda di svalutazione monetaria.

Dichiara inammissibile il secondo motivo.

Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale di Roma.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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