Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 590 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 12/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.12/01/2017),  n. 590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21633/2013 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. CAMOZZI 1,

presso lo studio dell’avvocato DELFO MARIA SAMBATARO, che lo

rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO DIREZIONE RAGIONERIA GENERALE AREA 4 CONTENZIOSO, in

persona del Presidente della Giunta Regionale, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA MARCANTONIO COLONNA 27, presso lo studio

dell’avvocato ANNA MARIA COLLACCIANI, che lo rappresenta e difende

giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 222/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 12/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato SAMBATARO che si riporta agli

atti;

udito il P.M, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO

R.C. impugnava la cartella esattoriale, notificata l’11/1/2010, con la quale il Concessionario per la riscossione aveva chiesto il pagamento della tassa automobilistica evasa nell’anno 2003, oltre sanzioni, interessi e spese, deducendo l’intervenuta prescrizione triennale del credito tributario.

L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso, con compensazione della spese di lite, ed a seguito dell’appello proposto dal contribuente, limitatamente al capo riguardante la statuizione sulle spese del giudizio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 222/9/13, depositata il 12/7/2013, riformava parzialmente la sentenza di primo grado e condannava la Regione Lazio al pagamento delle spese di primo grado, da distrarsi in favore del procuratore antistatario, ma compensava quelle del giudizio di appello, sul rilievo che l’appellata non si era costituita in giudizio, prestando di fatto acquiescenza alla sfavorevole decisione del giudice di primo grado.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, con un motivo, illustrato con memoria, cui resiste la Regione Lazio con controricorso.

Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente in data 14/9/2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

Con il motivo d’ impugnazione il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 90, 91, 92, 93, 82, 83, 112, 132 e 139 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè la CTR, ha contraddittoriamente affermato, per un verso, che la mancata costituzione in giudizio dell’Amministrazione non implica acquiescenza alla pretesa dell’attore e non è sufficiente a giustificare la compensazione delle spese processuali del primo grado e, per altro verso, che sussistono “gravi ragioni” per disporre la compensazione delle spese del secondo grado, non ravvisandosi nella condotta della Regione Lazio, rimasta contumace in entrambi i gradi del giudizio, comportamento giustificante la condanna alle spese di lite.

Giova evidenziare che la CTR, in parziale riforma della sentenza della CTP, nel porre a carico della Regione Lazio le spese del primo giudizio, ha ritenuto che la mancata costituzione in giudizio di quest’ultima, non implicando acquiescenza alla pretesa dell’attore, non fosse circostanza di per sè sufficiente a giustificare la compensazione delle spese processuali, dipendendo pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione regionale l’effettuata notifica della “cartella esattoriale per un credito da tempo prescritto”, condotta da cui era dipesa la necessità per il privato di ricorrere al giudice.

Il giudice di appello, inoltre, ha ravvisato la sussistenza di “gravi ragioni” per la compensazione delle spese processuali del giudizio di secondo grado, nel fatto che la Regione Lazio “non si è costituita in giudizio” ed “è rimasta acquiescente rispetto alla decisione sfavorevole del giudice di primo grado”.

Orbene, come questa Corte – anche di recente – ha avuto modo di precisare in tema di spese processuali, “l’art. 92 c.p.c., comma 2 (nella formulazione introdotta dalla L. n. 263 del 2005 e poi modificata dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile in quanto il ricorso introduttivo di primo grado è stato proposto successivamente) ne legittima la compensazione, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”; siffatta disposizione, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorchè concorrano “gravi ed eccezionali ragioni”, costituisce “una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche” (Cass. n. 2883/2014).

La Corte di legittimità ha chiarito che, “nell’ipotesi (quale quella di specie) in cui il decidente abbia comunque esplicitato in motivazione le ragioni della propria statuizione, sia comunque necessario che non siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere sussistente il vizio di violazione di legge nell’ipotesi in cui le ragioni addotte si appalesino illogiche o erronee” (Cass. n. 2883/2014 citata, conforme a Cass. n. 12893/2011).

Le suesposte ragioni che, secondo la CTR, giustificano l’operata compensazione delle spese processuali del grado di appello, si appalesano senz’altro erronee atteso che l’interesse della parte, risultata vittoriosa nel primo giudizio, ad impugnare il capo della sentenza che ha disposto la totale compensazione delle spese giudiziali, sorge dalla sentenza medesima e la circostanza che la Regione Lazio avesse prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado costituisce condotta di per sè non riconducibile alle “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’esaminato art. 92 c.p.c., che, peraltro, il D.L. n. 132 del 2014, art. 13, convertito con modificazioni nella L. n. 162 del 2014, ha da ultimo provveduto a tipizzare.

Alla luce di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso, l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio alla CTR del Lazio, altra sezione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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