Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5899 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5899 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 28246-2009 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

successore

a

titolo

ITALIANA

S.P.A.,

universale

della

quale
Rai

Radiotelevisione Italiana – S.P.A., a seguito della
fusione per incorporazione di quest’ultima in Rai
Holding Societa’ per Azioni, in persona del legale
2014
503

rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata
in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo
studio degli avvocati CLAUDIO SCOGNAMIGLIO e RENATO
SCOGNAMIGLIO, che la rappresentano e difendono giusta
dlega in atti;

Data pubblicazione: 13/03/2014

- ricorrente contro

COFRANCESCO

FABRIZIO

C.F.

CFRFRZ72P08H501N,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7,
presso lo studiodegli avvocati D’ONOFRIO SARA e

giusta delega in atti;
– controricorrente –

sul ricorso 13936-2011 proposto da:
RAI

RADIOTELEVISIONE

ITALIANA

S.P.A.

C.F.

06382641006, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio degli
avvocati SCOGNAMIGLIO RENATO e SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,
che la rappresentano e difendono unitamente
all’avvocato LAX PIERLUIGI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

COFRANCESCO

FABRIZIO

C.F.

CFRFRZ72P08H501N,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 7,
presso lo studiodegli avvocati D’ONOFRIO SARA e
SOLFANELLI ANDREA, che lo rappresentano e difendono
giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza non definitiva n. 4868/2008 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/12/2008

SOLFANELLI ANDREA, che lo rappresentano e difendono

r.g.n. 8436/2005;
avverso la sentenza definitiva n. 1003/2010 della
CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/05/2010
r.g.n. 8436/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

ARIENZO;
udito l’Avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO;
udito l’Avvocato SOLFANELLI ANDREA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 11/02/2014 dal Consigliere Dott. ROSA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza non definitiva del 11.12.2008, la Corte di appello di Roma rigettava il
gravame proposto dalla s.p.a. RAI avverso la sentenza resa il 22.1.2004 dal Tribunale di
Roma che, in accoglimento parziale delle domande proposte da Fabrizio Cofrancesco nei
confronti della società, aveva dichiarato l’intercorrenza tra le parti di un rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato a far data dal 5.9.2003 e condannato la R.A.I. al
stato stipulato dopo la riforma del 2001 e che gli accordi collettivi posti a suo fondamento
non rientravano nel novero dei contratti che il legislatore aveva richiamato ai fini di una
transitoria salvaguardia delle clausole concernenti ulteriori previsioni dell’apposizione del
termine, onde le disposizioni richiamate nel contratto tra le parti erano colpite da nullità.
Nella stessa sentenza, con separata ordinanza, veniva, poi, disposta la prosecuzione del
giudizio per l’esame del gravame incidentale del Cofrancesco.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la RAI, affidando l’impugnazione a quattro
motivi, illustrati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Resiste, con controricorso, il Cofrancesco, che espone ulteriormente le proprie difese con
memoria.
Con sentenza definitiva del 19.5.2010, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento del
gravame incidentale proposto da Cofrancesco Fabrizio, dichiarava la sussistenza tra lo
stesso e la RAI s.p.a. di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a far
tempo dal 1.10.1999, anziché dal 5.9.2003 come stabilito dal giudice di primo grado,
rilevando che i meri intervalli di tempo intercorsi tra un contratto e l’altro non erano
sufficienti a far ritenere la cessazione del rapporto precedente e la costituzione di un altro,
emergendo dalla sequela dei contratti a termine un intervallo temporale tra ciascuno di
essi assai ridotto ed una interruzione dell’attività in coincidenza con l’ordinaria
sospensione della normale programmazione nel periodo estivo. A ciò conseguiva la
diversa decorrenza dal 1.10.1999 dell’accertato rapporto a tempo indeterminato ed il rigetto
del gravame principale della RAI, con conferma dell’impugnata decisione quanto alla
stabilita decorrenza delle retribuzioni maturate dal Cofrancesco, quale assistente alla regia
di 3 0 livello, a decorrere dal 16.6.2004, data della messa in mora.

pagamento delle retribuzioni dall’epoca della messa in mora, rilevando che il contratto era

Per la cassazione anche di tale decisione ricorre la RAI con unico motivo, illustrato con
memoria, cui resiste, con controricorso, il Cofrancesco, il quale deposita propria memoria

illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE

..

Preliminarmente, la Corte dispone, per l’evidente connessione delle questioni, la riunione
e di quella definitiva emesse tra le stesse parti in relazione al gravame principale ed a
quello incidentale proposti avverso la pronuncia di primo grado, relativa all’azione di nullità
del termine apposto ai successivi contratti stipulati ed ai rapporti di lavoro intercorsi tra le
stesse parti dall’1.10.1999 al 5.9.2003.
Con il primo motivo del ricorso n. 28246/2009, la RAI denunzia carenza di motivazione sul
fatto controverso e decisivo della idoneità della contrattazione collettiva del 8.6.2000,
applicata dalla Rai, a rientrare nell’ambito dei contratti collettivi fatti salvi dall’art. 11,
comma 2, d. Igs 368/2001, che ne dispone la perdurante vigenza, in via transitoria e salve
diverse intese, fino alla prevista data di scadenza degli stessi. Rileva che la Corte
d’appello non ha spiegato le ragioni per le quali gli accordi collettivi richiamati nei contratti
di lavoro a termine, ed in particolare quello dell’8.6.2000, non potevano farsi rientrare nel

.2..

novero di quelli che il legislatore ha richiamato ai fini di una transitoria salvaguardia delle
clausole concernenti ulteriori previsioni dell’apposizione del termine.
Con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza o del procedimento, per avere la
Corte del merito pronunciato su un asserito profilo di nullità dell’accordo collettivo del
5.4.1997 e di quello dell’8.6.2000 non dedotto dalla parte ricorrente in primo grado,
assumendo che tale profilo di asserita nullità degli accordi in questione non era stato
prospettato dal Cofrancesco in primo grado, ovvero all’atto della sua costituzione in
appello, avendo il lavoratore dedotto unicamente la mancanza di specificità del
programma e l’inidoneità degli accordi a derogare alla disciplina della legge 230/62 e non
potendo la ragione di nullità del contratto essere rilevata in ogni stato grado del processo,
in quanto il principio del rilievo d’ufficio della ragione di nullità deve coordinarsi con il
principio della domanda.
Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
anche in relazione all’art.. 1421 c.c. e formula quesito di diritto, con il quale domanda, con
riferimento agli accordi collettivi stipulati ex art. 23 I. 56/87, se determini violazione o falsa
2

dei procedimenti suindicati, che attengono alla impugnazione della sentenza non definitiva

applicazione dell’art. 112 c.p.c., anche in relazione all’art. 1421 c. c., la decisione del
giudice d’appello che ritenga nulli quegli accordi per asserita inidoneità a rientrare nelle
previsioni di salvaguardia dell’art. 11 d. Igs. 368/2001, benchè il lavoratore ricorrente in
primo grado abbia prospettato semplicemente l’inidoneità degli stessi a derogare alla
disciplina della I. 230/62.
Con il quarto, la RAI s.p.a. ascrive alla decisione impugnata violazione o falsa
che doveva ritenersi che la delega in bianco si riferisse anche alla contrattazione
aziendale con riferimento a contratti stipulati da società operante sull’intero territorio
nazionale ed avente articolazioni sullo stesso, essendo irragionevole la salvezza, da parte
della clausola di salvaguardia, dei soli contratti collettivi nazionali ed essendo la clausola
interpretabile nei sensi di una globale salvezza di accordi destinati ad avere efficacia per
tutte le altre società del gruppo.
Con l’unico motivo del ricorso avverso la decisione definitiva, la RAI s.p.a. si duole della
violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c. c., valorizzando il comportamento tenuto
dalle parti ed ulteriori circostanze significative, quali la percezione del t.f.r. e l’accettazione
dello stesso senza contestazioni, assumendo la rilevanza della condotta di chi abbia
omesso per lungo tempo di far valere il proprio diritto in base al ragionevole affidamento
nell’altra parte circa il non esercizio del diritto.
Motivi di priorità logico giuridica del secondo ricorso ne impongono la trattazione prima di
quella del ricorso avverso la sentenza non definitiva, essendo la valutazione della
doglianza relativa alla sussistenza di una ipotesi di risoluzione per mutuo consenso del
primo dei contratti a termine idonea ad incidere sulla valutazione della necessità di
esaminare anche i motivi del ricorso avverso la decisione non definitiva, che attiene al
contratto a termine stipulato tra le stesse parti il 5.9.2003.
Tanto premesso, è sufficiente richiamare l’indirizzo consolidato di questa stessa Sezione
(Cass. 11/3/2011, n. 5887; Cass. 15/11/2010, n. 23057; Cass. 10/11/08, n. 26935; Cass.
24/6/08, n. 17150; Cass. 28/9/07, n. 20390; Cass. 17/12/04, n. 23554; Cass. 11/12/02, n.
17674) che è nel senso di ritenere che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza
del contratto a termine è di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del
rapporto per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è
necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione
3

applicazione dell’art. 23 I. 56/87, anche in relazione all’art. 11 d. Igs. 368/2001, osservando

dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali
circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo, sicchè la valutazione del significato e della
portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui
conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori
di diritto.
consenso allegare prima e provare poi siffatte circostanze (v. Cass. 1/2/2010. n. 2279,
12/7/2010 n. 16303, 6/7/2007 n. 15624), non potendo ritenersi, quindi, sufficiente la sola
allegazione delle stesse.
Orbene, nella fattispecie esaminata la Corte d’appello, con motivazione immune da vizi di
carattere logico-giuridico, ha affermato che non vi era stato alcun comportamento del
lavoratore che potesse far presumere una sua acquiescenza alla risoluzione del rapporto
in data 26.5.2000 e che il solo decorrere del tempo tra la cessazione di quest’ultimo e la
stipula del successivo contratto a termine — intervenuta a distanza di pochi mesi a seguito
di intervallo coincidente con l’ordinaria sospensione della normale programmazione nel
periodo estivo – non poteva essere in alcun modo interpretato come volontà di
accettazione della risoluzione per mutuo consenso, non potendo, in via di principio,
neppure all’accettazione da parte del lavoratore di un’altra stabile occupazione lavorativa
attribuirsi il significato in equivoco di dismissione delle pretese nei confronti del precedente
datore di lavoro.
La Corte territoriale ha, poi, adeguatamente valutato come mera presa d’atto e
dichiarazione di scienza l’accettazione da parte del lavoratore della comunicazione di
risoluzione del rapporto, secondo la previsione già contenuta nel contratto di lavoro,
accettazione che la ricorrente vorrebbe viceversa interpretata, per effetto di una lettura
testuale della dichiarazione avulsa dal contesto, come riferita ogni volta alla definitiva
cessazione del rapporto di lavoro, invece che allo scadere naturale del termine previsto (in
tali termini, v. Cass. 9124/2013).
Va, infine, rilevato che, in memoria, la società invoca il disposto dell’art. 32 della legge
183/2010 in tema di risarcimento danni in caso di illegittima apposizione del termine al
contratto di lavoro.
Va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare
nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
4

É, comunque, onere della parte che faccia valere in giudizio la risoluzione per mutuo

una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in qualche modo
pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione della natura del
controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8
maggio 2006 n. 10547, Cass. 27-2-2004 n. 4070). Tale condizione non sussiste nella
fattispecie, benché, con sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011 siano state
dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, commi 5, 6 e 7,
102, 111 e 117, primo comma, della Costituzione. Ed invero, alcun motivo è stato
avanzato in relazione alla quantificazione del risarcimento, il che preclude ogni esame
della ulteriore questione.
Alla stregua delle esposte considerazioni, deve pervenirsi al rigetto del ricorso awerso la
sentenza definitiva, con conseguente assorbimento di tutti i motivi del ricorso awerso la
sentenza non definitiva, che attengono alla validità del termine apposto al contratto del
5.9.2003 e che, evidentemente, risultano superati dalla ricostruzione avallata secondo la
quale il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato si era già costituito a far data
dal 1.10.1999.
Le spese di lite del presente giudizio vanno poste a carico della RAI s.p.a, per il principio
della soccombenza, e liquidate nella misura di cui al dispositivo, con attribuzione in favore
dei difensori dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
La Corte dispone la riunione al presente procedimento n. 28246/2009 di quello recante il
numero R.G. 13936/2011, rigetta il ricorso awerso la sentenza definitiva e dichiara
assorbiti i motivi del ricorso avverso la sentenza non definitiva; condanna la RAI alla
rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3500,00 per
compensi professionali, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore degli
avvocati Sara D’Onofrio ed Andrea Solfanelli.
Così deciso in ROMA, in data 11.2.2014

della legge 4 novembre 2010, n. 183 sollevate, con riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101,

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