Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5898 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 23/09/2016, dep.08/03/2017),  n. 5898

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. GRILLO Renato – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Patrizia – Consigliere –

Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere –

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25855-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. B. BODONI

27, presso lo studio dell’avvocato ANNARITA D’ERCOLE, rappresentato

e difeso dall’avvocato STEFANO GIANNUOLO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 67/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 16/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/09/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

udito per il ricorrente l’Avvocato COLELLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’accoglimento del 10 motivo

di ricorso, assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano indicata in epigrafe, recante la conferma della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto da A.G. avverso l’avviso di accertamento notificatogli il 16 febbraio 2009, per l’annualità 2004, relativo a maggiore Irpef, addizionale regionale, contributi previdenziali INPS. Tale avviso era stato emesso a rettifica del reddito che si riteneva percepito dall’ A. in virtù della sua partecipazione nella V. Q. Service s.n.c. di A.G. & C., con riferimento alla emissione nei confronti di quest’ultima di un altro avviso di accertamento conseguente alla contestazione della utilizzazione di una fattura per operazioni inesistenti. La Commissione di secondo grado riteneva dirimente, ai fini della decisione, il fatto che era stato già rigettato l’appello avverso la distinta sentenza recante l’annullamento del citato avviso di accertamento emesso nei confronti della società.

A.G. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta, richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, per mancanza di motivazione perchè resa mediante la tecnica per relationem.

Il motivo è infondato.

Il giudice di appello, nel rigettare il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate, ha rilevato che la stessa Commissione regionale, in sede di distinto giudizio concernente la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della V.Q. Service s.n.c., aveva confermato l’annullamento di tale accertamento, rigettando l’impugnazione avanzata, sempre dall’Amministrazione finanziaria, avverso la sentenza emessa in esito al primo grado di quel giudizio.

Tale tecnica di motivazione non può considerarsi inficiata dai denunciati vizi. Deve osservarsi, in proposito, che l’avviso di accertamento emesso nei confronti del socio, oggetto del presente giudizio, trovava fondamento proprio nell’accertamento presupposto rivolto alla V.Q. Service s.n.c.. La stessa Agenzia delle entrate, nel proprio atto di appello formulato nel giudizio sull’accertamento ora in esame, si era riportata ai motivi di impugnazione articolati nel gravame avente ad oggetto l’accertamento dei redditi della società.

La motivazione della sentenza impugnata, quindi, individua correttamente il thema decidendum ed illustrata le ragioni che hanno indotto il giudice di appello a disattendere le contestazioni mosse dall’appellante avverso la statuizione di primo grado. La Commissione tributaria regionale non si è limitata a motivare per relationem mediante la mera adesione alla sentenza impugnata, ma attraverso autonoma ed adeguata valutazione ha seguito, nel rispetto dei requisiti prescritti dall’art. 132 cod. proc. civ., un proprio percorso argomentativo, mettendo in evidenza che l’accertamento rivolto alla società, presupposto dell’accertamento emesso nei confronti dell’odierno resistente, era stato annullato. In tal modo, la ricorrente ha potuto agevolmente controllare l’iter logico della sentenza impugnata, tenuto conto che la posizione difensiva da essa assunta in quella sede era basata su argomentazioni analoghe a quelle svolte nel giudizio di appello avente ad oggetto l’accertamento verso la società.

Nel caso di specie, va rilevato che la V.Q. Service s.n.c. e il socio A.G. instaurarono simultanei ricorsi avverso i rispettivi avvisi di accertamento in rettifica e le cause furono trattate in maniera coordinata dai giudici di merito, come si evince anche dai richiami operati in atti. Invero, nella sentenza di appello oggetto del presente giudizio si precisa che l’accertamento emesso nei confronti del socio derivava da precedente avviso di accertamento rivolto nei confronti della società. Dall’annullamento di quest’ultimo atto impositivo, è stato fatto discendere l’annullamento dell’accertamento rivolto al socio. In questo modo, anche in difetto di una trattazione congiunta, è stato assicurato un coordinamento dei due processi, in un’ottica di economia processuale e di minor costo dei giudizi, oltre che di certezza del diritto.

2. Con il secondo motivo si deduce, richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54.

Con il terzo motivo si deduce sotto altro profilo, richiamando ancora l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 54.

Con il quarto motivo si deduce, richiamando l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con il quinto motivo si deduce sotto altro profilo, richiamando ancora l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

I motivi ora indicati risultano assorbiti dai rilievi sopra esposti e, comunque, non meritano accoglimento, perchè sollevano censure non puntuali rispetto la logica giustificativa del provvedimento impugnato. Con le doglianze in esame, la ricorrente denuncia l’errata applicazione delle regole in materia di riparto di onere probatorio nell’ipotesi in cui l’Amministrazione fiscale contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture per operazioni inesistenti. Inoltre, lamenta l’erroneità dell’affermazione – che, a suo dire, sarebbe contenuta nella sentenza impugnata – circa la non sussistenza di gravi, precisi e concordanti indizi tali da confermare il tenore della rettifica. Tuttavia, la sentenza ora impugnata non contiene alcun passaggio motivazionale del genere. Le critiche della ricorrente appaiono rivolte alla sentenza di appello inerente all’avviso di accertamento nei confronti della società. In quest’ultima sentenza sono state esplicitate le ragioni per le quali sono stati ritenuti insussistenti i presupposti dell’imposizione. L’Agenzia non ha riferito di aver proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello che ha confermato l’annullamento dell’avviso di accertamento presupposto emesso nei confronti della società, nè ha fatto presente l’esistenza di un eventuale provvedimento di riforma di tale decisione. I denunciati vizi di legittimità e motivazionali sono sollevati – in via diretta – nei confronti della precedente sentenza di appello e non di quella qui esaminata.

Nel ricorso sono richiamati taluni principi fissati dalla giurisprudenza in materia di riparto dell’onere della prova circa l’indebita detrazione di fatture relative ad operazioni inesistenti, ma non si censura la ratio decidendi della sentenza impugnata e, talvolta, si richiede un riesame nel merito della vicenda processuale. La linea difensiva tenuta dalla ricorrente sviluppa considerazioni critiche che investono un percorso logico estraneo alla motivazione della sentenza impugnata e, quindi, non sono pertinenti rispetto alla struttura razionale della stessa, basata sulla constatazione che il venir meno dell’avviso di accertamento presupposto ha comportato la consequenziale caducazione di quello in esame.

3. Per le ragioni esposte, il ricorso per cassazione deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della resistente, liquidate in Euro 3.000,00 per onorari ed Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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