Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5896 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. II, 23/02/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 23/02/2022), n.5896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Metalmontaggi s.r.l., con sede in (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante sig. P.G., rappresentata e difesa per

procura alle liti a margine del ricorso dagli Avvocati, Maria Luigia

Prudenzi, e Italo Castaldi, elettivamente domiciliata presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via Attilio Regolo n. 12/A.

– ricorrente –

contro

Società cooperativa edilizia Delle Mimose, in persona del legale

rappresentante ing. O.F., rappresentata e difesa per

procura alle liti a margine del controricorso e ricorso incidentale

dall’Avvocato Michele Pesiri, elettivamente domiciliata presso il

suo studio in Roma, via G.A. Guattani n. 14/A.

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1671 della Corte di appello di Firenze,

depositata il 17.10.2016.

Udita la relazione della causa svolta dal relatore Dott. Mario

Bertuzzi nella Camera di consiglio del 7.12.2021.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 1671 del 17.10.2016 la Corte di appello di Firenze, quale giudice di rinvio a seguito della sentenza di questa Corte n. 9891 del 2014, in parziale accoglimento sulle domande proposte dalla s.coop. edilizia Delle Mimose nei confronti della s.r.l. Metalmontaggi, condannò quest’ultima al pagamento delle seguenti somme: Euro 6.067,42 a titolo di risarcimento danni per i vizi delle opere appaltate, consistenti nella esecuzione e posa in opera di infissi esterni in alluminio nel proprio immobile; Euro 32.909,71 per il danno da ritardata consegna dei lavori; Euro 681,84 a titolo di restituzione rispetto a quanto versato in eccesso. A fondamento della propria decisione la Corte territoriale, premesso che questa Corte aveva cassato la precedente decisione di appello per violazione delle norme di interpretazione del contratto in relazione alla scrittura privata del 16.3.1984 e demandato al giudice di rinvio di procedere ad una nuova valutazione di tale atto negoziale, affermò che, contrariamente a quanto sostenuto dalla società cooperativa, il tenore della precedente scrittura privata del 16.3.1984 escludeva che il contratto originario, stipulato dalla suddetta cooperativa edilizia il 25.3.1982 con l’impresa D.G., fosse stato ceduto alla Metalmontaggi, che aveva pertanto conservato la veste di subappaltatore per i lavori ad essa affidati fino all’atto sottoscritto tra le parti il 18.1.1985, con cui la società cooperativa le aveva direttamente affidato l’incarico di provvedere al loro completamento; che infondata era l’eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta in relazione alla denunzia dei vizi delle opere, atteso che le risultanze istruttorie escludevano che la committente avesse accettato l’opera senza contestazioni, non emergendo la prova del rifiuto da parte sua di procedere al collaudo e risultando la denunzia dei difetti dal “verbale di constatazione infissi” del 10.4.1986; che andavano condivisione le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, sia in relazione alla sussistenza dei vizi accertati che in ordine alla quantificazione del costo per la loro eliminazione; che altresì era fondata la domanda della parte attrice di risarcimento del danno per ritardata consegna delle opere, avendo il consulente tecnico accertato un ritardo di quattro mesi rispetto al termine convenuto ed essendo non rilevanti le giustificazioni fornite dalla società convenuta al riguardo e che tale danno andava quantificato con riferimento al costo di locazione degli immobili.

Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 14.12.2016, ricorre, sulla base di tre motivi, la s.r.l. Metalmontaggi.

La s. coop. edilizia Delle Mimose resiste con controricorso e ricorre a sua volta in via incidentale sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la società Metalmontaggi.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

La società Metalmontaggi ha sollevato due eccezioni preliminari, deducendo la nullità della procura alle liti rilasciata dalla controparte, perché in essa il mandato è riferito alla impugnazione di una sentenza diversa da quella oggetto del giudizio, e la inammissibilità del ricorso incidentale, da qualificarsi tardivo rispetto alla data di notifica della sentenza, riguardando esso capi della decisione non investiti dal ricorso principale.

Entrambe le eccezioni sono infondate.

La prima, tenuto conto che la procura alle liti rilasciata dalla società Delle Mimose risulta apposta a margine dell’atto contenente il controricorso e ricorso incidentale, circostanza che, per giurisprudenza costante di questa Corte, rende il mandato al difensore, per sua natura, speciale, senza che occorra per la sua validità alcun specifico riferimento al giudizio in corso ed alla sentenza contro la quale l’impugnazione si rivolge, risultando irrilevanti gli eventuali errori materiali della procura circa gli estremi della sentenza impugnata e del relativo giudizio di merito (Cass. n. 27302 del 2020; Cass. n. 10539 del 2007).

La seconda eccezione è invece infondata, dovendosi dare conto che la tesi della ricorrente principale, in tema di inammissibilità delle impugnazioni incidentali tardive, risulta abbandonata dalla giurisprudenza di questa Corte a partire dalla sentenza a Sezioni unite n. 6311 del 1988, a cui sono poi seguiti gli arresti, sempre a Sezioni unite, nn. 4640 del 1989, 652 del 1998, 5619 del 1998, 10977 del 2001 e 6034 del 2002, che hanno affermato il principio che le parti contro le quali è proposta impugnazione e quelle chiamate ad integrare al contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c., possono proporre impugnazione incidentale, anche quando per esse è decorso il termine o hanno fatto acquiescenza alla sentenza, avverso qualsiasi statuizione della stessa che abbia deciso la controversia in senso a loro sfavorevole ed anche quando si tratti di cosiddetti capi autonomi della pronuncia impugnata, non risultando, neppure della lettera della disposizione normativa, alcun limite oggettivo all’ammissibilità dell’impugnazione. In particolare, si è precisato che l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto degli interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, con la conseguenza che è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, e che sussiste l’interesse ad impugnare tutte le volte che l’eventuale accoglimento del gravame principale darebbe luogo ad una soccombenza totale o più grave, secondo un’interpretazione conforme al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., atteso che una diversa, e più restrittiva, interpretazione, imporrebbe a ciascuna parte di cautelarsi, effettuando un’autonoma impugnazione tempestiva della statuizione rispetto alla quale è rimasta soccombente (Cass. n. 13651 del 2018; Cass. n. 18415 del 2018; Cass. 25285 del 2020; Cass. n. 14094 del 2020).

Passando all’esame dei ricorsi, vanno esaminati per primi il primo e secondo motivo dell’incidentale, che investono la questione relativa all’esistenza tra le parti del contratto di appalto in forza della scrittura privata del 16.3.1984, precedente a quella, del tutto pacifica, del 18.1.1985, con conseguente configurabilità di una responsabilità della rvietalmontaggi per le inadempienze che si assumono verificate anche nel periodo precedente a quest’ultima, che costituisce una questione logicamente preliminare ai temi introdotti con il ricorso principale.

Il primo motivo del ricorso incidentale, che denunzia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, investe il capo della decisione che ha escluso che, in forza della scrittura privata del 16.3.1984, il contratto originario, stipulato dalla suddetta cooperativa edilizia il 25.3.1982 con l’impresa D.G., fosse stato ceduto alla Metalmontaggi, negando di conseguenza una sua responsabilità per gli adempimenti verificatosi in epoca precedente al contratto sottoscritto dalle parti in giudizio il 18.1.1985. In particolare, il mezzo lamenta che la Corte di appello sia pervenuta a tale conclusione non considerando le disposizioni della suddetta scrittura privata e, in particolare, il fatto che essa era stata sottoscritta anche dalla Metalmontaggi e che il rapporto con la stessa era proseguito anche dopo il fallimento della impresa D.G. ed altre clausole.

Il motivo è inammissibile atteso che, investendo il risultato della interpretazione dell’atto del 1984 accolto dalla Corte territoriale, omette qualsiasi indicazione in ordine ai criteri di interpretazione che sarebbero stati nella specie violati. E’ noto per contro che, per giurisprudenza costante di questa Corte, l’impugnazione nel giudizio di cassazione del risultato interpretativo del negozio richiede la specifica indicazione dei canoni in concreto violati o di cui è stata omessa l’applicazione e del modo attraverso cui i suddetti errori si sono sostanziati, e che, per sottrarsi a censura, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni, in quanto contrapporre a quella fornita dal giudice di merito una diversa ed opposta interpretazione del contratto si risolve in una mera richiesta di un nuovo accertamento sul fatto, come tale non ammessa dinanzi a questa Corte, che è giudice del diritto e non del fatto (Cass. n. 28319 del 2017; Cass. n. 27136 del 2017; Cass. n. 24536 del 2009; Cass. n. 10131 del 2006).

Il secondo motivo, che denunzia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, investe il capo della decisione impugnato con il precedete motivo, per avere la Corte escluso la responsabilità della società convenuta per le inadempienze verificatesi prima del contratto del 1985.

Il motivo va dichiarato assorbito a seguito del rigetto del motivo precedente. Passando all’esame del ricorso principale proposto dalla società Metalmontaggi, il primo motivo denunzia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e violazione e falsa applicazione dell’art. 1665 c.c., comma 3 e art. 2697 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., investendo il capo della sentenza che ha riconosciuto la sussistenza dei difetti delle opere lamentati dalla società cooperativa. In particolare la ricorrente lamenta che il giudice del rinvio abbia omesso di esaminare la lettera del legale di controparte del 23.12.1985, che aveva contestato il ritardo nella consegna dei lavori, ma non la sussistenza di difetti; che le condizioni generali allegate al contratto del 1985 prevedevano per la denunzia di vizi il termine ridotto di 8 giorni, clausola mai contestata dalla controparte; che il “verbale di constatazione degli infissi” del 10.4.1986, contenente ad avviso della Corte di appello, la denunzia dei difetti, non era sottoscritto dall’impresa; la dichiarazione resa dal teste O. in ordine al rifiuto della committente di procedere al collaudo.

Il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

Il motivo è in particolare infondato con riferimento alla denunzia di omesso esame della lettera del legale della Cooperativa del 23.3.1985, che invece risulta esaminata dalla Corte territoriale a pag. 10 della sentenza. Inammissibile appare invece la doglianza relativa alla omessa considerazione del termine di decadenza più breve asseritamente contenuto nelle condizioni generali di cui al contratto del 1985. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che l’eccezione di decadenza sollevata dalla Metalmontaggi sulla scorta delle suddette condizioni generali di contratto è stata respinta dalla Corte di appello in quanto l’atto che le conteneva non è stato mai prodotto in giudizio, dal momento che “esse non risultano allegate all’ordine 18.1.1985, che fonda il rapporto tra le parti” (pag. 11).

Tanto vale ad escludere la ricorrenza del vizio di omesso esame, configurabile solo laddove la decisione non prenda in considerazione un fatto senza addurre alcuna giustificazione della sua omessa valutazione. Tenuto invece conto della motivazione fornita, la contestazione della ricorrente, secondo cui le suddette condizioni generali erano presenti sul retro del contratto del 18.1.1985 prodotto in causa, configura la denunzia di un errore revocatorio, atteso che con esso si lamenta che il giudice abbia affermato l’inesistenza di un fatto che invece risultava dagli atti di causa, impugnabile a mezzo dello speciale rimedio di cui all’art. 395 c.p.c., non attraverso il ricorso per cassazione.

La censura che lamenta l’omesso esame del “verbale di constatazione infissi” è inammissibile per difetto di decisività, in quanto la circostanza addotta si palesa irrilevante al fine di riconoscere al suddetto verbale, come la Corte gli ha riconosciuto, il valore e l’efficacia di atto di denunzia dei difetti delle opere, potendo alla mancata firma dell’appaltatore attribuirsi il significato di un disaccordo sul contenuto del verbale stesso, ma non certo di escludere quello, proprio della denunzia, di portare a conoscenza dello stesso le contestazioni della committente.

L’omessa considerazione della dichiarazione resa dal teste O. è infine inammissibile, in quanto investe la valutazione delle prove da parte del giudice di merito, il qual è libero di fondare il proprio libero convincimento sulle risultanze istruttorie che ritiene più attendibili e rilevanti rispetto ad altre, in forza di un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di giudizio di legittimità, non avendo questa Corte poteri di indagine e di valutazione dei fatti rilevanti al fine del decidere.

Il secondo motivo del ricorso principale denunzia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 e violazione e falsa applicazione dell’art. 1457 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., investendo il capo della decisione che ha riconosciuto il danno per ritardo nella consegna delle opere. In particolare, la ricorrente lamenta che il giudice del rinvio abbia omesso di esaminare i fatti, di cui pure dà atto la consulenza tecnica, che i serramenti avevano misure diverse tra loro e che il direttore dei lavori aveva disposto continue modifiche, nonché la legittima sospensione dei lavori da parte dell’impresa ex art. 1460 c.c., il fatto che, dopo il fallimento della impresa D.G., i lavori erano proseguiti con l’impresa IRCR, l’invito rivolto dalla Metalmontaggi di ricevere la consegna degli ultimi infissi e la loro posa in opera tra (OMISSIS), fatti che, se considerati, avrebbero portato il giudicante a ritenere assolta la prova della non imputabilità del ritardo all’impresa.

Sotto altro profilo si sostiene che la società cooperativa non aveva legittimazione alla richiesta di risarcimento del danno da ritardo, il quale spettava ai singoli soci della stessa.

Infine si assume che il ritardo avrebbe dovuto comunque essere escluso non avendo i termini per la consegna carattere inderogabile.

Tutte le censure sollevate appaiono inammissibili.

La declaratoria di inammissibilità in particolare si impone alla luce del rilievo che le circostanze addotte non risultano decisive e comunque investono l’operazione di ricostruzione di fatti di causa che la legge demanda al giudice di merito, finendo con il sollecitare questa Corte ad nuova e perciò improponibile rivalutazione del fatto.

L’eccezione di difetto di titolarità in capo alla società cooperativa del diritto al risarcimento dei danni per ritardo nella consegna dei lavori, che secondo la ricorrente sarebbe invece spettato ai soci, è inammissibile perché si fonda su un presupposto non accertato e nemmeno dedotto, vale a dire che i soci della stessa fossero già assegnatari e quindi proprietari delle unità immobiliari. Analogo epilogo merita la deduzione circa la non essenzialità del termine di ultimazione dei lavori, che è deduzione nuova, non indicando il ricorso di avere sollevato il relativo tema nel giudizio di merito.

Il terzo motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere riconosciuto i danni lamentati dalla cooperativa omettendo di valutare le circostanze indicate nei motivi precedenti ed ignorando le osservazioni del consulente tecnico, secondo cui, ai fini dell’accertamento richiestogli, era impossibile scindere il rapporto intrattenuto dalla cooperativa con l’impresa D.G., prima, e con la Metalmontaggi, dopo.

Il motivo va dichiarato inammissibile riproponendo in sostanza le censure solevate con i motivi precedenti, meritando aggiungere che non risulta investita da censure la statuizione che, proprio in considerazione del succedersi nella titolarità del rapporto della impresa D.G. e della impresa odierna ricorrente, ha stimato, in adesione alle indicazioni del consulente tecnico, nella quota del 13% la percentuale di responsabilità della Metalmontaggi.

Il terzo motivo del ricorso incidentale, che denunzia nullità della sentenza per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, investe il capo della decisione che ha liquidato il danno per i difetti delle opere, lamentando che la Corte territoriale abbia escluso il difetto costituito dalla asimmetria dei telai, che pure era stato riconosciuto dal consulente tecnico ed emergeva dai rilievi fotografici.

Il motivo è inammissibile in quanto non investe la motivazione della statuizione impugnata, laddove ha escluso i danni per le dimensioni errate delle aperture, cui sembra riconducibile il lamentato difetto di “asimmetria delle specchiature”, perché riferibile non alla Metalmontaggi, ma alla impresa D.G., avendo la società convenuta operato sui fori murari già esistenti. Sotto altro profilo, merita aggiungere che, avendo il consulente tecnico accertato i difetti nel loro complesso, che in parte erano imputabili alla impresa originaria, sarebbe stato onere della ricorrente, ai fini della decisività della censura, indicare anche le risultanze istruttorie da cui emergeva che il difetto lamentato era ascrivibile all’attività che la Metalmontaggi era stata incaricata di svolgere con il contratto del 1985.

In conclusione entrambi i ricorsi sono respinti.

Le spese del giudizio, rilevata la reciproca soccombenza, si dichiarano interamente compensate.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

rigetta il ricorso principale e quello incidentale.

Compensa tra le parti e spese del giudizio.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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