Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5895 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 06/07/2016, dep.08/03/2017),  n. 5895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28942-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

IDROELETTRICA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ROMEO ROMEI 23, presso lo

studio dell’avvocato ANTONIO INZERILLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA MARICONDA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 244/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PESCARA, depositata il 09/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) Si apprende dagli atti introduttivi di questo giudizio che, con provvedimento 23/8/2007 del Centro Operativo di Pescara, l’Amministrazione Finanziaria revocava il beneficio dell’ulteriore credito di imposta in relazione all’assunzione di nuovi lavoratori da parte della società resistente, credito vantato per le annualità comprese tra il 2003 e il 2006.

La società ricorreva alla locale CTP, che accoglieva il ricorso.

La CTR dell’ Abruzzo, sez. stacc. di Pescara, con la sentenza n.244 del 9/11/2010, confermando la sentenza di primo grado, affermava che le agevolazioni previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 63 non costituivano aiuti di Stato alle imprese, perchè sprovvisti del requisito della selettività. Di qui l’esclusione della regola del c.d. “de minimis” nel riconoscimento del credito di imposta. Avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate, difesa dall’avvocatura dello Stato, ha proposto ricorso affidato a due motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Con il primo motivo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 63, della L. n. 388 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e alla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1.

Con il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7, L. n. 289 del 2002, art. 63 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Censura la statuizione della sentenza della CTR che ha riconosciuto l’ulteriore credito della contribuente, escludendo l’applicabilità al caso di specie della regola c.d. de minimis, che pone agli aiuti di stato in favore delle imprese il limite di Euro 100.000,00 per un triennio.

Parte ricorrente afferma che erroneamente la CTR ha negato che si applichino le disposizioni in materia di aiuti di stato. Deduce, con diffusa illustrazione, che la normativa che essa invoca non è derogata per effetto del sopravvenuto Regolamento UE n. 2204/2002 sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione.

Le censure sono fondate.

Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte (Cass. n. 21797/2011; Cass. 16178/2014), cui intende senz’altro darsi continuità, non ravvisandosi ragioni per discostarsene, la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1 nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni, ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7.

Tale disposizione, avuto riguardo all’ulteriore credito d’imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate, testualmente dispone: “All’ulteriore credito d’imposta di cui al presente comma si applica la regola “de minimis”, di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità Europee 96/C68/06, pubblicata nella G.U. delle Comunità Europee C68 del 6 marzo 1996 e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione, purchè non venga superato il limite massimo di Lire 180.000.000 nel triennio”.

Dal quadro normativo suesposto discende che il legislatore nazionale ha inteso riconoscere il beneficio dell’ “ulteriore” credito d’imposta in rassegna in misura limitata e non anche in rapporto al numero dei lavoratori effettivamente assunti (Cass. 21797/11).

Nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni già disposto con la L. n. 388 del 2000, con la L. n. 289 del 2002, art. 63 il legislatore nazionale ha dunque mantenuto ferma la soglia massima posta dalla L. n. 388 del 2000 mediante rinvio al criterio comunitario c.d. “de minimis”, che, nell’ambito dell’ordinamento sopranazionale, fissa nell’importo di Euro 100.000,00 nel triennio, il limite quantitativo al di sotto del quale gli “aiuti di Stato” non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) par 1. Trattato C.E..

Tale delimitazione dell’agevolazione rientra nel legittimo esercizio delle facoltà discrezionali del legislatore, essendo certamente consentito limitare la concessione di benefici fiscali entro soglie determinate mediante rinvio a norme di altro ordinamento (segnatamente di quello comunitario).

Esso costituisce dunque un limite “interno”, che deve ritenersi legittimamente adottato dal legislatore nazionale nell’ambito dei propri poteri discrezionali e che non contrasta con la normativa comunitaria. Se infatti la normativa comunitaria pone agli stati membri il divieto di concedere “aiuti di stato” in misura eccedente i limiti posti con la regola “de mininis”, non impedisce certo loro di circoscrivere benefici fiscali entro soglie bene definite (Cass. 20245/13 e Cass.16178/2014).

Non è dunque ravvisabile in detta materia alcuna incidenza della normativa comunitaria (Regolamento 12.1.2001 n.69 della Commissione) relativa all’applicazione degli artt. 87 e 88 Trattato CE, sugli aiuti di Stato in favore dell’occupazione, nè del Regolamento n. 2204/2002, atteso che il criterio comunitario c.d. de minimis è stato adottato dal legislatore nazionale, in via di rinvio alla relativa fonte comunitaria, nel legittimo esercizio dei suoi poteri di scelta, quale tetto massimo dell’ “ulteriore” credito d’imposta attribuito ai datori di lavoro (Cass. 7361/2012).

Nessun rilievo ha dunque in detta materia il Regolamento CE 2204/2002, invocato sotto vari profili dalla controricorrente, atteso che l’esclusione dal cumulo riguarda solo gli “aiuti di Stato” che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore alla regola comunitaria del de minimis, non anche l’ulteriore credito d’imposta che è qui in discussione, legittimamente determinato dal legislatore nazionale, quanto ai suoi limiti, in misura corrispondente a quella regola (Cass. 7361/2012).

In realtà, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in alcun modo la disciplina del sopravvenuto regolamento CE n. 2204 del 2002 può ritenersi avere inciso, modificandola, sulla disciplina del credito d’imposta per incremento occupazionale nelle aree svantaggiate di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7, richiamato dalla L. n. 289 del 2000, art. 63, sottraendola all’applicazione della regola “de minimis”, come in dettaglio dimostra il confronto tra la richiamata normativa interna e le disposizioni del “considerando” n. 27, dell’art. 4 par. 2, dello stesso art. 4 par. 4, lett. a), del medesimo art. 4, par. 4 lett. c), dell’art. 5 par. 2 e dell’art. 7 par. 2 del citato regolamento CE n. 2204 del 2002 (Cass. Sez. 5, n. 16735 del 2015; Cass. 23994/16).

Non appaiono dunque sussistenti i presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 234, comma 2 e art. 177 ai fini dell’esatta interpretazione del Regolamento CE 2204/2002 e della sua corretta applicazione al caso in esame.

Nel caso di specie la CTR non ha esaminato, sulla base degli atti prodotti, l’eventuale superamento del tetto massimo previsto, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione dal cumulo, prevista dal D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, n. 46, che riguarda solo gli aiuti concessi in misura superiore al suddetto limite e non l’ulteriore credito d’imposta legislativamente determinato in misura ad esso corrispondente.

Non influisce sulle norme sovraesposte il D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, n. 46, secondo cui “sono esclusi dal cumulo per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola de minimis gli aiuti autorizzati dalla Commissione Europea o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria anche se riferiti allo stesso presupposto, qualora la rispettiva normativa non preveda diversamente” atteso che l’esclusione dal “cumulo” riguarda solo gli “aiuti” che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore a detta “regola” comunitaria, non l'”ulteriore credito di imposta” qui in discussione, legislativamente determinato in misura corrispondente a quella “regola” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16178 del 15/07/2014; Cass. n. 7361 del 2012; e, in precisi termini, Cass. 21605/15).

I giudici di appello, nella sentenza impugnata, hanno disapplicato la richiamata normativa interna in tema di benefici fiscali per incrementi occupazionali, siccome in contrasto con la legislazione comunitaria di rango superiore, rilevando che le misure di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 63, non fossero aiuti di Stato, così escludendo la rilevanza della questione concernente l’eventuale superamento del tetto massimo previsto.

Trova risposta in queste argomentazioni ogni altra argomentazione svolta dalle parti: in particolare, è accolto il secondo motivo, che denuncia violazione delle stesse norme indicate nella rubrica del primo, in relazione al Reg. CE 69/01, e al Reg U.E. n. 2204/02, sotto il profilo che il beneficio non configurerebbe – come ritenuto dalla Commissione tributaria – un aiuto ai lavoratori ma un aiuto di stato, profili sopraesaminati.

Quanto ai profili di doglianza del controricorso – o, meglio, alla riproposizione di questioni – relative alla pretesa erroneità della sentenza d’appello. (controricorso pag. 10) per la considerazione degli anni 2004-2006 in luogo del corretto calcolo basato sugli anni 2003-2005, circostanza che influirebbe sulla misura dei crediti controversi, va precisato che le questioni dovranno essere oggetto della verifica fattuale rimessa al giudice del rinvio.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, nei limiti indicati; l’impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara, in diversa composizione, che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso principale. Cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara, in diversa composizione, che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione tributaria, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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