Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5894 del 13/03/2014
Civile Sent. Sez. L Num. 5894 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE
SENTENZA
sul ricorso 20405-2008 proposto da:
CIABURRI
GIOVANNINA
C.F.
CBRGNN43R58F3910,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBALONGA 7,
presso lo studio dell’avvocato PALMIERO CLEMENTINO,
rappresentata e difesa dall’avvocato DE NOTARIIS
GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
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contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
Data pubblicazione: 13/03/2014
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
RICCIO ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, VALENTE NICOLA,
giusta delega in atti;
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– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 62/2008 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 09/05/2008 r.g.n.47/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
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.,
RG 20405-08
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Campobasso, con la sentenza di cui si chiede la
cassazione,confermando la sentenza del Tribunale di quella stessa sede,
dell’INPS, avente ad oggetto il riconoscimento del proprio diritto alla
corresponsione della pensione d’inabilità.
A base del decisum la Corte del merito pone il rilievo fondante secondo il
quale essendo la Ciaburri già titolare di pensione di vecchiaia non poteva
esserle riconosciuta la pensione d’inabilità.
Avverso questa sentenza la Ciaburri ricorre in cassazione sulla base di
due censure.
Resiste con controricorso l’INPS.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente, deducendo
vizio di motivazione e
violazione di leggi, sostiene, formulando due separati quesiti, sotto il
rigetta la domanda di Ciaburri Giovannina, proposta nei confronti
primo profilo, che la Corte del merito non ha quantomeno sufficientemakk
motivato in ordine alla novità dell’eccezione, poiché mai proposta nella
fase amministrativa,
amministrativa, sollevata dall’INPS relativa/ alla titolarità della
. V te c Laiecì
pensione dkfUldlidetileg e, sotto il secondo profilo, la non correttezza in
– –
diritto della sentenza impugnata che ha qualificato l’eccezione in parola
come eccezione processuale.
Il motivo è infondato.
E’,infatti,
giurisprudenza
consolidata
di
questa
Corte
che
l’azione giudiziaria proposta per il conseguimento di una pensione
d’invalidità o d’inabilità non costituisce una forma di impugnazione del
provvedimento amministrativo, bensì l’espressione del potere del
lavoratore di ottenere quella tutela diretta che la legge gli accorda, con
la conseguenza che il giudice non è chiamato a verificare la legittimità o
meno dell’atto amministrativo di diniego per applicarlo o disapplicarlo,
direttamente l’assoluzione o la condanna dell’ ente assicuratore. Da tanto
consegue la facoltà dell’assicurato e dell’INPS di prospettare al giudice
tutte le ragioni che stanno a sostegno della propria posizione, anche se
non fatte valere in sede amministrativa, ed il potere del giudice di
fondare il suo convincimento anche su elementi che non abbiano costituito
oggetto di valutazione in quella procedura ( Per tutte V. Cass. 19 giugno
1972 n.1900, Cass. 2 febbraio 1982 n. 624, Cass. 3 dicembre 1998 n. 12283
e Cass. 11 aprile 2003 n. 5784).
Correttamente, quindi, la Corte del merito ha ritenuto non verificatasi
alcuna preclusione in ordine all’eccezione di cui trattasi a nulla
rilevando che la stessa non fosse stata proposta in sede amministrativa.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione e
violazione dell’art. 2 della legge n. 224 –
rectius
222-
del 1984,
afferma,articolando separati interpelli, per un verso che la Corte del
merito non ha tenuto conto che essa ricorrente all’epoca della domanda
amministrativa non aveva compito il 65 anno di età, e dall’altro
l’erroneità della sentenza impugnata laddove si
asserisce che
il
titolare dellsiac~~-eg
r, di vecchiail non può optare per il
trattamento pensionistico
tà ove più favorevole.
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bensì ad accertare la fondatezza o meno della pretesa e pronunciare
La censura è infondata.
E’ sufficiente in proposito richiamare il principio espresso da questa
Corte, che in questa sede va ribadito, secondo il quale nel sistema
previdenziale le pensioni di vecchiaia e di anzianità (quest’ultima
destinata a scomparire, almeno nella denominazione, per i lavoratori i cui
contributivo, ex art. l, coma 19, della legge n.335 del 1995) e l’assegno
di invalidità o la pensione di inabilità (legge n.222 del 1984)
costituiscono prestazioni tra loro non cumulabili, in quanto tutte
riconducibili alla tutela di una situazione di bisogno, effettiva o
presunta, sancita dall’art. 38 della Costituzione ( Cass. . 11 marzo 2006
n. 5319 e con riferimento specifico all’assegno d’invalidità Cass.17
ottobre 2011 n. 21426).
trattamenti pensionistici saranno liquidati esclusivamente con il sistema
Né,nella specie,è contestato che la ricorrente è titolare di pensione di
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vecchiaia.
D’altro canto la Corte del merito accerta che la ricorrente al momento
della proposizione della domanda di aggravamento per inabilità aveva
maturato il requisito anagrafico e nulla, in senso contrario, la
ricorrente dimostra, non senza considerare che ciò che rileva, ai fini di
cui trattasi, è la titolarità della pensione di vecchiaia che, come sopra
rilevato, non è contestata.
Inoltre, neppure può sottacersi che la Ciaburri, pur reclamando il proprio
diritto ad optare per il trattamento più favorevole, omette del tutto di
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allegare
di aver provato l’effettività del miglior trattamento
pensionistico d’invalidità in questa sede reclamato.
Il ricorso va, in conclusione, rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza
ratione temporis
la nuova disciplina delle spese nei
procedimenti in materia di previdenza e assistenza, introdotta dall’art.
42, comma undicesimo, decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito
con modificazioni nella legge 24 novembre 2003 n. 326.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità liquidate in E. 100,00 per esborsi ed E.
2500,00 per compensi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 gennaio 2014
Il Presidente
applicazione
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