Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5894 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 04/03/2021), n.5894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 10744-2020 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEL CASALE

STROZZI, 31, presso lo studio dell’avvocato LAURA BARBERIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO TARTINI, con procura

speciale in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4507/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2020 dal Consigliere relatore, Dott. ROSARIO

CAIAZZO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

S.A., cittadino della Pakistan, propose appello avverso l’ordinanza del 19.12.16 emessa dal Tribunale di Venezia, che aveva rigettato l’opposizione al provvedimento della Commissione territoriale che non gli riconobbe nè la protezione internazionale, nè l’umanitaria.

A sostegno dell’appello, il S. lamentò il mancato riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria, da parte del Tribunale che avrebbe omesso di espletare l’onere di cooperazione istruttoria, senza apprezzare la sua vicenda personale – avendo l’istante narrato di essersi sottratto alla coartazione al matrimonio con una cugina finalizzato a comporre una lite ereditaria, e al grave rischio per la propria vita derivante dall’odio della famiglia della diversa ragazza con cui intratteneva una osteggiata relazione sentimentale, tradottosi in un’aggressione che aveva cagionato la morte del fratello minore -, e omettendo la verifica della situazione del Pakistan caratterizzato dal rischio di persecuzione e minaccia alla vita e all’incolumità del ricorrente.

Con sentenza emessa il 22.10.19, la Corte d’appello ha respinto l’impugnazione, osservando che: il Tribunale aveva correttamente ritenuto la non credibilità delle allegazioni del ricorrente, rilevando altresì che la vicenda narrata non potesse comunque essere ricondotta ad una fattispecie di persecuzione; dalle fonti informative acquisite non si desumeva in Pakistan una situazione di violenza indiscriminata, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c); non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria, non avendo il ricorrente allegato condizioni individuali di vulnerabilità, essendo a tal fine insufficiente il richiamo alla situazione d’instabilità del paese di provenienza.

S.A. ricorre in cassazione con cinque motivi, illustrati con memoria.

Non si è costituito il Ministero.

Diritto

RITENUTO

che:

Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, avendo il Tribunale motivato in maniera apparente e perplessa, non essendo state esplicitate le ragioni della decisione.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, comma 1-bis, non avendo il Tribunale, nel valutare la credibilità del racconto reso dal ricorrente, considerato il suo stato di bassa scolarizzazione, la condizione di semianalfabetismo e il disturbo pisichico da cui era affetto, travisando anche il contenuto dello stesso racconto, ed omettendo altresì di effettuare indagini sull’esito della denuncia penale relativa all’uccisione del fratello.

Il terzo motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, discusso dalle parti, relativo al pericolo per la vita e l’incolumità del ricorrente, nel caso di rimpatrio, rappresentato dallo zio e dai familiari della ragazza con cui aveva intrattenuto la relazione sentimentale. Al riguardo, il ricorrente si duole del travisamento della prova riguardo alle sue dichiarazioni, considerando sia che la famiglia della suddetta ragazza viveva ancora nello stesso distretto ove risiedeva il ricorrente, sia che la denuncia presentata non aveva avuto corso in ragione dei legami di parentela tra l’assassino del fratello e uno dei poliziotti in servizio.

Il quarto motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, lett. c) e art. 14, lett. b), per la ritenuta irrilevanza della coazione al matrimonio, atteso che, ai fini della protezione sussidiaria, anche una vicenda privata potrebbe comportare il rischio di un danno grave per la vita e l’incolumità delle persone,

Il quinto motivo deduce l’omesso esame di fatto decisivo, discusso dalle parti, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, avendo la Corte territoriale omesso di valutare la situazione di violenza e di violazione dei diritti fondamentali in Pakistan e nel Punjab, regione di provenienza dell’istante.

Il ricorso va accolto limitatamente al quinto motivo.

Il primo e secondo motivo – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi – sono inammissibili in quanto la Corte d’appello ha ampiamente e chiaramente motivato sulle ragioni della decisione e, in particolare, sull’inattendibilità del racconto reso dal ricorrente. Nè risulta una specifica deduzione circa l’incapacità di comprendere il contenuto delle domande che sarebbe da ricondurre al citato deficit cognitivo.

Il terzo motivo è da ritenere assorbito dall’inammissibilità dei primi due. Invero, alla luce della ritenuta inattendibilità delle vicende narrate dall’istante, la Corte di merito era esentata dall’onere di cooperazione istruttoria in ordine alla fattispecie di cui al suddetto art. 14, lett. b), in conformità della giurisprudenza di questa Corte (Cass., n. 7985/2020).

Il quarto motivo è inammissibile poichè diretto al riesame del giudizio di merito sul difetto di credibilità e sulla valutazione della vicenda narrata dal ricorrente.

Peraltro, il ricorrente non ha trascritto il contenuto delle dichiarazioni rese che contrappone alla ricostruzione operata dalla Corte territoriale.

Il quinto motivo è invece da accogliere. Al riguardo, circa il riconoscimento della protezione umanitaria, il giudice di merito non ha considerato, ai fini del riscontro della vulnerabilità del ricorrente, la documentata patologia psichica e il ritardo mentale, nè ha tenuto conto ed approfondito la questione della condizione riservata nel paese di provenienza del ricorrente ai malati che soffrano delle citata patologia, anche in ordine alle cure prestate.

Deve pertanto ritenersi che sia stata omessa ogni comparazione tra la situazione attuale del ricorrente sul territorio italiano e quella in cui egli verserebbe nel caso di rimpatrio, alla luce della specifica situazione patologica da cui è affetto, ai fini del giudizio sulla violazione dei diritti fondamentali.

Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte territoriale, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso, respinti il primo, secondo e quarto, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata. Rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

 

 

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