Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5893 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5893 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: PAGETTA ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso 3805-2008 proposto da:
ROSANA SALVATRICE C.F. RSNSVT23S64F943J, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso
lo studio dell’avvocato MONELLO VENERANDO,
rappresentata

e

difesa

dall’avvocato

RAUDINO

SALVATORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014

contro

269

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F.

80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente d9miciliato

Data pubblicazione: 13/03/2014

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO
GIUSEPPINA, giusta delega in atti;
– MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia, in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.
12;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n.

73/2007

della CORTE D’APPELLO

di CATANIA, depositata il 20/02/2007 R.G.N. 292/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PAGETTA;
udito l’Avvocato RAUDINO SALVATORE;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega VALENTE
NICOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
inammissibilità, in subordine rigetto.

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

Fatto e diritto
La Corte di appello di Catania confermava la sentenza di primo grado che aveva
rigettato la domanda di Rosana Salvatrice intesa al conseguimento della indennità di
accompagnamento di cui all’art. 1 L. n. 18 del 1980. Riteneva la Corte territoriale di non
condividere la valutazione del consulente tecnico d’ufficio nominato in secondo grado

dalla data delle operazioni peritali, impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente
di un accompagnatore e necessitante di assistenza continua. Il giudice di appello
richiamava la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la situazione di non
autosufficienza alla base del riconoscimento del diritto all’indennità di
accompagnamento è caratterizzata, dalla permanenza dell’ aiuto fornito
all’accompagnatore per la deambulazione, o dalla quotidianità degli atti che il soggetto
non è in grado di svolgere autonomamente e che, in tale ultimo caso, è la cadenza
quotidiana che l’atto assume per la propria natura a determinare la permanenza del
bisogno, che costituisce la ragione stessa del diritto e che, pertanto, nell’ambito degli atti
che il soggetto non è in grado di compiere autonomamente, anche una pluralità di atti, se
privi di cadenza quotidiana, non determina la non autosufficienza prevista dalla norma
per la concessione del beneficio di cui si tratta, mentre anche un solo atto, che abbia
cadenza quotidiana, determina detta non autosufficienza. (v. Cass. n. 13362 del 2003),
Rilevava quindi che l’ausiliare di secondo grado non aveva specificato a quali atti del
vivere quotidiano dovesse essere riferita l’asserita mancanza di autosufficienza.
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Rosana Salvatrice sulla base di due
motivi. Con il primo ha dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge n.,
18 del 1980 sul rilievo che il consulente tecnico d’ufficio aveva accertato che la periziata
si trovava permanentemente nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un
accompagnatore e necessitava di assistenza continua . Con il secondo ha dedotto la
omessa insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine alla interpretazione della
consulenza tecnica d’ufficio.
Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’INPS hanno resistito con separati
controricorsi, entrambi eccependo la violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. per non
1

che aveva concluso nel senso che la periziata, invalida al 100%, si trovava a decorrere

avere parte ricorrente formulato, in calce al primo motivo, il prescritto quesito di diritto
e, in calce, al secondo la sintesi con la chiara indicazione del fatto controverso rispetto
al quale era denunziato il vizio di motivazione.
Si premette che l’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ration° tempotis alla fattispecie in
esame per essere la decisione impugnata stata pubblicata in data 20 febbraio 2007,

n. 3 cod. proc. civ., la formulazione di un quesito di diritto il quale ha la funzione di far
comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi
logico – giuridica della questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da
applicare, con la conseguenza che la mancanza anche di una sola delle due suddette
indicazioni rende il motivo inammissibile e dovendo altresì ritenersi inammissibile il
quesito di diritto che si limiti a chiedere alla Corte puramente e semplicemente se vi sia
stata o meno violazione di una determinata disposizione di legge, posto che la norma
impone al ricorrente di indicare nel quesito l’errore di diritto della sentenza impugnata in
relazione alla concreta fattispecie (v. Cass. n. 714 del 2011, n. 8643 del 2009, nonché
S.U. n. 7433 del 2009, n. 24339 del 2008 ). L’art. 366 bis cod. proc. civ., con
riferimento poi al motivo di cui all’art. 360, coma primo n. 5 cod. proc. civ. ,
prescrive, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, “la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria
ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea
a giustificare la decisione”. La conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi si
richiede anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal
complesso della formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata,
associata alle esigenze deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta
in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso
dal giudice di merito. ( Cass. n. 24 255 del 2011).
Parte ricorrente in relazione ad entrambi i motivi proposti si è sottratta agli oneri
prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. . Invero il primo motivo di ricorso con il quale
si denunzia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto non è corredato dal
2

richiede in caso di ricorso per cassazione per il motivo di cui all’art. 360, comma primo

quesito di diritto ; l’illustrazione del secondo motivo è priva della sintesi prescritta per
l’ipotesi di denunzia del vizio di cui all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.
Il ricorso è pertanto inammissibile. Le spese sono

irripetibili alla luce della

dichiarazione, ai sensi dell’art. 152 disp att. cod. proc. civ., in calce all’atto di appello.
P.Q.M.

Roma, 23 gennaio 2014

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Spese irripetibili.

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