Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5891 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5891 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 4470-2008 proposto da:
SPERADIO ALESSANDRO C.F. SPRLSN51L03D086T, SPERADIO
LUIGI C.F. SPRLGU27L29A887I, quali eredi di GIORNO
MARIA ASSUNTA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
ALBALONGA 30, presso lo studio dell’avvocato PALMA
CONCETTA, rappresentati e difesi dall’avvocato PIAZZA
2014

MANFREDO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

262
contro

MINISTERO

DELL’INTERNO

e

per

il

MINISTERO

DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, entrambi in persona dei

Data pubblicazione: 13/03/2014

rispettivi Ministri in carica, rappresentati e difesi
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domiciliano ope legis in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI n.

12;

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n.

29 presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati RICCIO ALESSANDRO, GIANNICO GIUSEPPINA,
VALENTE NICOLA, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrenti

1625/2007 della CORTE D’APPELLO

di CATANZARO, depositata

il 20/09/2007

R.G.N.

574/2003+1;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/01/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato PATTERI ANTONELLA per delega VALENTE
NICOLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
rigetto.

SOCIALE C.F.

R.G. 4470/2008
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 29-5/5-6/ 2002 il Giudice del lavoro del Tribunale di
Cosenza, in parziale accoglimento della domanda proposta da Alessandro e

favore della de cuius l’assegno di invalidità a decorrere dal 1-6-1989 e
condannava il Ministero dell’Interno alla corresponsione dei relativi ratei in
favore dei ricorrenti eredi, oltre al pagamento delle spese.
Il Ministero dell’Interno proponeva appello avverso la detta sentenza
chiedendone la riforma con il rigetto del’ avversa domanda, in quanto era stato
concesso l’assegno mensile di assistenza a soggetto che alla data dell’1-6-1989
aveva già compiuto i 65 anni e ed era stato altresì omesso l’accertamento della
sussistenza del requisito dell’incollocabilità al lavoro.
Con ricorso depositato il 31-3-2003 gli Speradio proponevano anch’essi
appello avverso la stessa sentenza nel confronti del Ministero dell’Interno, del
Ministero dell’Economia e dell’INPS (i quali ultimi due non erano parti del
giudizio di primo grado), chiedendone la riforma e l’accoglimento della propria
originaria domanda di riconoscimento dell’indennità di accompagnamento.
Il Ministero dell’Interno e quello dell’Economia resistevano al gravame
chiedendone la declaratoria di inammissibilità per proposizione tardiva
dell’impugnazione o il rigetto nel merito.
Anche l’INPS si costituiva e resisteva a tale gravame.
La Corte d’Appello di Catanzaro, riunite le cause, dichiarava
inammissibile l’appello degli Speradio, essendo stato proposto oltre il termine
di cui all’art. 434, 2° comma c.p.c.., e in accoglimento dell’appello del
1

Luigi Speradio, quali eredi di Maria Assunta Giorno, dichiarava dovuto in

Ministero dell’Interno, essendo la Giorno già ultrasessantacinquenne alla data
del 1-6-1989, rigettava la domanda introduttiva, compensando le spese del
doppio grado (salvo quelle di CTU poste a carico del Ministero).
Per la cassazione di tale sentenza Alessandro e Luigi Speradio hanno

Il Ministero dell’Interno ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze
hanno resistito con controricorso.
Anche l’INPS ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando violazione degli artt. 416,
437 comma 2°, e 442 c.p.c., deducono che il Ministero soltanto in grado di
appello ha eccepito la violazione degli art. 13 e 19 della legge n. 118/1971, in
relazione alla concessione del beneficio economico a soggetto
ultrasessantacinquenne, per cui la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare
inammissibile tale eccezione, trattandosi di questione nuova, “implicante
profili di diritto e di fatto mai presi in considerazione né dalle parti né dal
giudice di primo grado, ancorché accertabili sulla base del materiale acquisito
agli atti”.
Il motivo è infondato.
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte e va qui ribadito,
“nel rito del lavoro, il divieto di “jus novorum” in grado di appello, di cui
all’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ. ha ad oggetto le sole eccezioni in
senso proprio e non si estende alle eccezioni improprie ed alle mere difese,
ossia alle deduzioni volte alla contestazione dei fatti costitutivi e giustificativi
allegati dalla controparte a sostegno della pretesa ovvero alle deduzioni che
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proposto ricorso con tre motivi.

corroborano sul piano difensivo eccezioni già ritualmente formulate.” (v. fra le
altre Cass. 16-11-2012 n. 20157, Cass. 25-2-2009 n. 4545, Cass. 9-10-2007 n.
21073).
Orbene è indubbio che il limite dei sessantacinque anni di età integra un

oggetto di mera difesa, per la quale non opera il regime delle preclusioni di cui
agli artt. 416 e 437 c.p.c..
In particolare, infatti, come è stato più volte precisato da questa Corte, “la
pensione e l’assegno di inabilità civile di cui agli artt. 12 e 13 della legge 30
marzo 1971 n. 118 non possono essere riconosciuti a favore dei soggetti il cui
stato di invalidità a nonna di legge si sia perfezionato con decorrenza
successiva al compimento dei sessantacinque anni (o che, comunque, ne
abbiano fatto domanda dopo il raggiungimento di tale età), come si evince dal
complessivo sistema normativo, che per gli ultrasessantacinquenni prevede
l’alternativo beneficio della pensione sociale, anche in sostituzione delle
provvidenze per inabilità già in godimento, e come è stato espressamente
confermato dall’art. 8 del d.lgs. 23 novembre 1988 n. 509.” (v. fra le altre Cass.
15-3-2006 n. 5640, Cass. 21-2-2001 n. 2554, Cass. 12-3-1996 n. 2011).
Ben poteva, quindi, il Ministero sollevare la relativa questione per la
prima volta in appello (sulla base peraltro di un elemento di fatto già acquisito
e pacifico, come la data di nascita della Giorno Maria Assunta).
Con il secondo motivo i ricorrenti, premesso che “nel giudizio di merito
non è emerso, né tantomeno è stato provato che la sig.ra Giorno godesse della
pensione sociale”, denunciano violazione degli artt. 13 e 19 1. 118/1971,
assumendo che “soltanto in quest’ultimo caso sarebbe stata infatti rispettata la
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elemento costitutivo del diritto alla prestazione de qua, per cui è senz’altro

ratio sottesa a dette norme, quella di evitare l’incompatibilità tra le due
prestazioni” (pensione sociale e assegno di invalidità).
Tale motivo è parimenti infondato.
Come è stato precisato da questa Corte, “in tema di assistenza pubblica, la

alla titolarità della pensione di inabilità civile (art. 12 della legge 30 marzo
1971, n. 118) e dell’assegno di invalidità civile (art. 13 della medesima legge)
si sostituisce, al compimento dei sessantacinque anni, la titolarità della
pensione sociale a carico dell’I.N.P.S. – presuppone che, prima del compimento
di detta età, si sia in possesso della prestazione assistenziale, in modo da
attuare la “sostituzione”; qualora, invece, non sia titolare di alcun trattamento
previdenziale, al compimento dei sessantacinque anni, l’interessato in possesso
dei requisiti reddituali prescritti, può direttamente chiedere all’I.N.P.S.
l’erogazione della pensione sociale, senza necessità di alcun accertamento
sull’esistenza dell’invalidità. (Cass. 19-11-2010 n. 23481, cfr. Cass. n.
5640/2006 cit.).
Posto, quindi, che soltanto il trattamento già in godimento, al compimento
del sessantacinquesimo anno di età, si trasforma in pensione sociale, è evidente
il salto logico, della tesi secondo cui l’ultrasessantacinquenne che non goda di
pensione sociale possa ottenere il riconoscimento dell’assegno di invalidità (o
della pensione di inabilità) in contrasto con la chiara normativa di legge sopra
evidenziata.
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata
avrebbe errato nel dichiarare inammissibile il loro appello, in quanto proposto
oltre il termine breve decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado,
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disposizione di cui all’art. 8 del d.lgs. 23 novembre 1988, n. 509 – secondo cui

essendo questa inidonea in quanto da essi effettuata (al fine di dare inizio alla
procedura esecutiva) non all’Avvocatura dello Stato, quale procuratore del
Ministero costituito in primo grado, bensì al “Ministero dell’Interno in persona
del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dello

invio copia conforme all’originale a mezzo del servizio postale come per
legge”.
Anche tale motivo è infondato.
Questa Corte, infatti, ha ripetutamente affermato che “la notifica della
sentenza in forma esecutiva alla parte presso il procuratore costituito è
equivalente a quella eseguita al procuratore stesso ed è, pertanto, idonea a far
decorrere il termine breve d’impugnazione sia per il notificato che per il
notificante, stante la comunanza del termine e a prescindere dalla posizione (di
parte vincitrice o soccombente), rivestita con riferimento all’esito del
precedente giudizio; né assume rilievo la qualità di Amministrazione dello
Stato del ricevente, cui il titolo esecutivo può essere notificato in persona del
legale rappresentante, restando circoscritta all’attività giudiziaria la funzione di
rappresentanza e domiciliazione legale delle Pubbliche Amministrazioni in
capo all’Avvocatura dello Stato.” (v. fra le altre Cass. 2-4-2009 n. 8071, Cass.
25-9-2009 n. 20684, Cass. 14-5-2003 n. 7480).
Il ricorso va pertanto respinto.
Infine, sulle spese non si provvede, ratione temporis, in base al testo
originario dell’art. 152 disp. att. c.p.c., vigente anteriormente al d.l. n.
269/2003, conv. in 1. 326/2003, essendo la nuova disciplina applicabile ai soli
ricorsi conseguenti a fasi di merito introdotte in epoca posteriore all’entrata in
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Stato, Distretto di Catanzaro, via G. da Fiore, 58- 88100 Catanzaro, mediante

vigore dell’indicato decreto legge (2-10-2003) (v. Cass. 30-3-2004 n. 6324,
Cass. 12-12-2005 n. 27323).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.

Roma 23 gennaio 2014

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