Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5891 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 06/07/2016, dep.08/03/2017),  n. 5891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20740-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOCOSI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIALE CAMILLO SABATINI 150, presso

lo studio dell’avvocato ANTONIO CEPPARULO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANDREA AMATUCCI giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 173/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PESCARA, depositata il 07/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1) Con provvedimento del 24 luglio 2007 il Centro Operativo di Pescara dell’Amministrazione Finanziaria revocava il beneficio dell’ulteriore credito di imposta in relazione all’assunzione di nuovi lavoratori da parte della SO.CO.SI. srl.

La società ricorreva alla CTP di Pescara, che accoglieva il ricorso.

La CTR dell’ Abruzzo, sez. stacc. di Pescara, con la sentenza n.173 del 7/6/2010, confermando la sentenza di primo grado, affermava che le agevolazioni previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 63 non costituivano aiuti di Stato alle imprese, ma aiuti ai lavoratori svantaggiati, onde non erano soggetti alla regola del c.d. “de minimis”.

Avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate, difesa dall’avvocatura dello Stato, ha proposto ricorso affidato ad un motivo.

La contribuente ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso principale per difetto di procura.

Come già rilevato da Cass. 19066/15 e Cass. 12584/16, le agenzie fiscali possono avvalersi, per la rappresentanza in giudizio (D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 72) del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato senza la necessità di particolari autorizzazioni (Cass. 24623/06), restando i rapporti tra Direttore dell’Agenzia ed Avvocatura in ambito puramente interno.

Ai sensi del R.D. n. 1611 del 1933, art. 1, comma 2 l’espletamento dell’opera dell’Avvocatura erariale non deve, infatti, essere sorretta da mandato alle liti ovvero da procura speciale (Cass. 10374/08), con disciplina ritenuta costituzionalmente legittima (Cass. 1308/1990).

3) Infondate sono le altre questioni preliminari sollevate in controricorso. Parte resistente ha affermato l’inammissibilità del ricorso per: mancata allegazione degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, adempimento che non sarebbe soddisfatto dalla produzione del fascicolo di ufficio dei precedenti gradi di giudizio.

Tutti i rilievi sono infondati, perchè in tema di ricorso per cassazione, la verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonchè la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. 16887/13).

Inoltre il ricorso riporta integralmente la breve sentenza impugnata, mettendo in relazione la questione di diritto da essa decisa con le ragioni, di diritto, come enunciato nella loro rubrica, svolte nei motivi di ricorso.

Pertanto qualora, come nella specie, il ricorso postuli soltanto l’esame di questioni giuridiche, non mediate da specifiche peculiarità della documentazione, non è configurabile il tipo di violazione denunciata.

Va comunque precisato che le Sezioni Unite hanno anche sconfessato il più rigorista orientamento relativo alla produzione dei fascicoli d’ufficio e di parte invocato in controricorso, come si legge in S.U. n. 22726/11.

4) L’Agenzia lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 63, della L. n. 388 del 2000, art. 7 nonchè del Reg. CE 69/01, del D.L. n. 10 del 2007, art. 1, comma 8 conv. in L. n. 46 del 2007, del Reg. CE 2204/02 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè vizi di motivazione.

Censura la statuizione della sentenza della CTR che ha riconosciuto l’ulteriore credito della contribuente, escludendo l’applicabilità al caso di specie della regola c.d. de minimis, che pone agli aiuti di stato in favore delle imprese il limite di Euro 100.000,00 per un triennio.

La censura è fondata.

Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte (Cass n. 21797/2011; Cass. 16178/2014), cui intende senz’altro darsi continuità, non ravvisandosi ragioni per discostarsene, la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1 nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni, ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 7.

Tale disposizione, avuto riguardo all’ulteriore credito d’imposta per assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate, testualmente dispone: “All’ulteriore credito d’imposta di cui al presente comma si applica la regola “de minimis”, di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità Europee 96/C68/06, pubblicata nella G.U. delle Comunità Europee C68 del 6 marzo 1996 e ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione, purchè non venga superato il limite massimo di Lire 180.000.000 nel triennio”.

Dal quadro normativo suesposto discende che il legislatore nazionale ha inteso riconoscere il beneficio dell’ “ulteriore” credito d’imposta in rassegna in misura limitata e non anche in rapporto al numero dei lavoratori effettivamente assunti (Cass. 21797/11).

Nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni già disposto con la L. n. 388 del 2000, con la L. n. 289 del 2002, art. 63 il legislatore nazionale ha dunque mantenuto ferma la soglia massima posta dalla L. n. 388 del 2000 mediante rinvio al criterio comunitario c.d. “de minimis”, che, nell’ambito dell’ordinamento sopranazionale, fissa nell’importo di Euro 100.000,00 nel triennio, il limite quantitativo al di sotto del quale gli “aiuti di Stato” non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) par 1. Trattato C.E..

Tale delimitazione dell’agevolazione rientra nel legittimo esercizio delle facoltà discrezionali del legislatore, essendo certamente consentito limitare la concessione di benefici fiscali entro soglie determinate mediante rinvio a norme di altro ordinamento (segnatamente di quello comunitario).

Esso costituisce dunque un limite “interno”, che deve ritenersi legittimamente adottato dal legislatore nazionale nell’ambito dei propri poteri discrezionali e che non contrasta con la normativa comunitaria. Se infatti la normativa comunitaria pone agli stati membri il divieto di concedere “aiuti di stato” in misura eccedente i limiti posti con la regola “de mininis”, non impedisce certo loro di circoscrivere benefici fiscali entro soglie bene definite (Cass. 20245/13 e Cass. 16178/2014).

Non è dunque ravvisabile in detta materia alcuna incidenza della normativa comunitaria (Regolamento 12.1.2001 n. 69 della Commissione) relativa all’applicazione degli artt. 87 e 88 Trattato CE, sugli aiuti di Stato in favore dell’occupazione, nè del Regolamento n. 2204/2002, atteso che il criterio comunitario c.d. de minimis è stato adottato dal legislatore nazionale, in via di rinvio alla relativa fonte comunitaria, nel legittimo esercizio dei suoi poteri di scelta, quale tetto massimo dell’ “ulteriore” credito d’imposta attribuito ai datori di lavoro (Cass. 7361/2012).

Nessun rilievo ha dunque in detta materia il Regolamento CE 2204/2002, invocato dalla controricorrente, atteso che l’esclusione dal cumulo riguarda solo gli “aiuti di Stato” che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore alla regola comunitaria del de minimis, non anche l’ulteriore credito d’imposta che è qui in discussione, legittimamente determinato dal legislatore nazionale, quanto ai suoi limiti, in misura corrispondente a quella regola (Cass. 7361/2012).

Non appaiono dunque sussistenti i presupposti per disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, chiesto dalla controricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., ai sensi dell’art. 234, comma 2 e art. 177 ai fini dell’esatta interpretazione del Regolamento CE 2204/2002 e della sua corretta applicazione al caso in esame.

Nel caso di specie la CTR non ha esaminato, sulla base degli atti prodotti, l’eventuale superamento del tetto massimo previsto, mentre non ha alcuna incidenza l’esclusione dal cumulo, prevista dal D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, n. 46, che riguarda solo gli aiuti concessi in misura superiore al suddetto limite e non l’ulteriore credito d’imposta legislativamente determinato in misura ad esso corrispondente.

Nessun rilievo ha sulle norme sovraesposte il D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, convertito in L. 6 aprile 2007, n. 46, secondo cui “sono esclusi dal cumulo per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola de minimis gli aiuti autorizzati dalla Commissione Europea o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria anche se riferiti allo stesso presupposto, qualora la rispettiva normativa non preveda diversamente” atteso che l’esclusione dal “cumulo” riguarda solo gli “aiuti” che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore a detta “regola” comunitaria, non l'”ulteriore credito di imposta” qui in discussione, legislativamente determinato in misura corrispondente a quella “regola” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16178 del 15/07/2014; Cass. n. 7361 del 2012; e, in precisi termini, Cass. 21605/15).

Resta assorbita ogni altra doglianza.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, nei limiti indicati; l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara in diversa composizione, che si pronuncerà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara in diversa composizione che si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione tributaria, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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