Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5890 del 23/02/2022

Cassazione civile sez. II, 23/02/2022, (ud. 04/11/2021, dep. 23/02/2022), n.5890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3003/2017 R.G. proposto da:

GENESI GRUPPO EDITORIALE s.r.l., p.i.v.a. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù

di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato Riccardo

Pelliccia, ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Giovanni

Vitelleschi, n. 26, presso lo studio dell’avvocato Salvatore

Spadaro.

– ricorrente –

contro

L.L., c.f. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 896 del 4.7.2016 del Tribunale di Udine;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 4 novembre 2021 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto ritualmente notificato L.L., titolare della ditta individuale “Tecnoproart”, citava a comparire dinanzi al Giudice di Pace di Cervignano del Friuli la “Genesi Gruppo Editoriale” s.r.l..

Esponeva che in data 11.8.2010, in data 30.8.2010 ed in data 9.9.2010 aveva effettuato degli interventi tecnici onde risolvere problemi di stampa che si erano manifestati su alcune macchine (plotter) di proprietà della convenuta.

Esponeva che il corrispettivo a lui dovuto, Euro 3.471,60 (i.v.a. compresa), era rimasto insoluto.

Chiedeva che la società convenuta fosse condannata a pagargli la somma anzidetta con gli interessi legali dal dovuto al saldo.

2. Si costituiva la “Genesi Gruppo Editoriale” s.r.l..

Deduceva che in data 9.8.2010, alla stregua della proposta dell’attore e della susseguente sua accettazione a mezzo posta elettronica, si era accordata con la controparte in virtù di una ben precisa clausola, destinata a valere quale condizione sospensiva negativa ai fini del pagamento del corrispettivo, ovvero che si era accordata con L.L. nel senso che, “se il problema sul plotter sarà attribuito agli inchiostri, l’intervento sarà addebitato ad Imprimendo”, ossia alla s.r.l. presso cui essa convenuta si riforniva per l’acquisto degli inchiostri.

Deduceva dunque che nel verbale dell’intervento in data 30.8.2010 si dava atto che “nonostante la pulizia permangono problemi di inchiostro mentre si stampa” ed altresì che “dopo tutte le prove effettuate si riscontra che il problema sia causato dall’inchiostro”.

Instava quindi, attesa la mancata verificazione dell’evento negativo – non attribuibilità agli inchiostri – condizionante l’insorgere del diritto al pagamento del corrispettivo, per il rigetto dell’avversa domanda.

3. All’esito dell’istruzione probatoria, con sentenza n. 13/2015 il giudice di pace condannava la s.r.l. convenuta a pagare all’attore la somma di Euro 3.471,60, oltre interessi legali dal 2.3.2011 al soddisfo; condannava la convenuta a rimborsare all’attore le spese di lite, liquidate in Euro 900,00 per compensi ed in Euro 101,60 per anticipazioni, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge.

Reputava l’adito giudice di pace che il contratto tra le parti intercorso fosse da qualificare di “manutenzione” e che la causa dei problemi lamentati dalla convenuta fosse da ravvisare nella rottura di una testina di stampa.

4. Proponeva appello la “Genesi Gruppo Editoriale” s.r.l..

Resisteva L.L..

5. Con sentenza n. 896/2016 il Tribunale di Udine accoglieva parzialmente il gravame e condannava l’appellante a pagare all’appellato la minor somma, al netto dell’I.v.a., di Euro 2.893,00, oltre interessi legali dal 2.3.2011 al saldo; compensava fino a concorrenza di 1/2 le spese del grado di appello e condannava l’appellante a rimborsare all’appellato la residua metà.

Premetteva il tribunale che sottoposta a condizione non era l’efficacia del contratto, bensì il diritto del prestatore d’opera ad ottenere il corrispettivo.

Premetteva in particolare che l’appellato avrebbe avuto diritto al corrispettivo, qualora si fosse riscontrato che i problemi di stampa non fossero stati da correlare agli inchiostri di cui la committente si riforniva presso la “Imprimendo”.

Indi evidenziava che l’evento dedotto in condizione costituiva un fatto impeditivo del diritto dell’appellato, sicché onerata della relativa dimostrazione era la società appellante.

Evidenziava dunque, su tale scorta, che le attestazioni contenute nel rapporto redatto nell’occasione dell’intervento in data 30.8.2010 avevano, al più, il rilievo di valutazioni tecniche e che viceversa dal rapporto redatto, segnatamente, nell’occasione dell’intervento in data 9.9.2010 si desumeva che le possibili cause del cattivo funzionamento delle macchine prescindevano dai difetti dell’inchiostro.

Evidenziava quindi che, in questo quadro, non poteva reputarsi acquisita la prova del verificarsi dell’evento negativo – ovvero la non ascrivibilità agli inchiostri del cattivo funzionamento delle macchine – cui era sospensivamente condizionato l’insorgere del diritto al corrispettivo, il che ridondava a sfavore dell’appellante che al riguardo era gravata dall’onere della prova.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “Genesi Gruppo Editoriale” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

L.L. non ha svolto difese.

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c..

Deduce che ha errato il tribunale a ritenere che fosse essa ricorrente e non già controparte ad essere onerata della prova dell’avverarsi dell’evento – non riconducibilità agli inchiostri – condizionante in via negativa l’insorgere del diritto di L.L. al corrispettivo.

Deduce segnatamente che la natura negativa dell’evento dedotto in condizione sospensiva non trasforma l’evento medesimo da elemento costitutivo del diritto di credito in elemento impeditivo del diritto di credito.

Deduce quindi che sarebbe stato onere di controparte dimostrare che i problemi di stampa da essa ricorrente lamentati non erano da ricondurre all’inchiostro adoperato ma ad altri fattori.

8. Con il secondo motivo – esperito per l’ipotesi di mancato accoglimento del primo – la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 336 c.p.c..

Deduce che, in dipendenza della parziale riforma del primo dictum, il tribunale avrebbe dovuto far luogo alla liquidazione unitaria e complessiva delle spese di ambedue i gradi di giudizio.

9. Il primo motivo del ricorso è infondato e va respinto.

10. E’ senza dubbio vero che, in materia di elementi accidentali del contratto, l’onere di provare l’avveramento della condizione grava su colui che afferma il suo verificarsi (cfr. Cass. 19.9.2019, n. 23417; Cass. 18.7.1980, n. 4701, secondo cui l’avveramento della condizione sospensiva cui è subordinata la nascita di una determinata pretesa di pagamento integra un elemento costitutivo della pretesa medesima e, pertanto, mentre il relativo onere probatorio grava sull’attore, alla stregua delle regole dettate dall’art. 2697 c.c., la deduzione della mancata verificazione di tale condizione costituisce non già un’eccezione in senso proprio, bensì una semplice difesa, non soggetta ad alcun termine di decadenza, dovendo la carenza di un fatto costitutivo del diritto dell’attore essere rilevata d’ufficio dal giudice).

E’ senza dubbio vero, altresì, che l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, tanto più se l’applicazione di tale regola dia luogo ad un risultato coerente con quello derivante dal principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, riconducibile all’art. 24 Cost. e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio (cfr. Cass. (ord.) 22.3.2021, n. 8018, ove si soggiunge, tuttavia, che, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo).

Cosicché sarebbe stato senz’altro onere di L.L. – e non già della s.r.l. ricorrente – dimostrare che l’evento condizionante, seppur in via negativa – non attribuibilità agli inchiostri del cattivo funzionamento delle macchine – l’insorgere del suo diritto al compenso, si fosse verificato.

11. E tuttavia, al di là dell’erronea imputazione dell’onere probatorio, il Tribunale di Udine ha comunque accertato – lo si è premesso – il verificarsi dell’evento negativo cui era subordinata la nascita del diritto al corrispettivo.

Il Tribunale ha infatti puntualizzato univocamente che “il terzo intervento rileva una serie di possibili cause del malfunzionamento che prescindono dai difetti dell’inchiostro” (così sentenza d’appello, pag. 5). Ovvero ha precisato che si era verificata, era stata riscontrata, la non attribuibilità agli inchiostri del cattivo funzionamento delle macchine.

12. Si tenga conto, per altro verso, che questa Corte da tempo spiega che l’accertamento in ordine al verificarsi dell’evento dedotto in condizione costituisce giudizio “di fatto” riservato al giudice del merito, sottratto ad ogni sindacato di legittimità, ove sorretto da congrua motivazione (cfr. Cass. 27.5.1980, n. 3458; Cass. 29.7.1978, n. 3804), rette, al cospetto del novello dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, se non inficiato da “omesso esame circa fatto decisivo e controverso”.

13. Su tale scorta si rimarca, nel segno, appunto, della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – figure tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge nelle motivazioni cui il Tribunale di Udine, segnatamente in parte qua agitur, ha ancorato il suo dictum.

14. Il secondo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

15. E’ sufficiente, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., il riferimento all’insegnamento di questo Giudice del diritto.

Ovvero all’insegnamento secondo cui il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (cfr. Cass. sez. lav. 1.6.2016, n. 11423; Cass. (ord.) 24.1.2017, n. 1775).

16. In accoglimento e nei limiti dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza n. 896/2016 del Tribunale di Udine va dunque cassata. Al contempo, giacché non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti “di fatto”, nulla osta a che questa Corte, con statuizione “nel merito” ex art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., disponga la compensazione nella misura di 1/2 anche delle spese del giudizio di primo grado, ferma la misura della liquidazione nel complesso operata (per compensi ed anticipazioni) dal primo giudice, fermo l’obbligo della ricorrente di rimborsare a L.L. la residua metà delle spese di primo grado e ferma ovviamente la regolamentazione delle spese d’appello.

17. Il ricorso a questa Corte di legittimità è stato accolto in parte; si giustifica perciò la declaratoria di integrale irripetibilità delle spese del presente giudizio.

18. In dipendenza del (parziale) accoglimento del ricorso non sussistono, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della s.r.l. ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa in relazione e nei limiti del motivo accolto la sentenza n. 896/2016 del Tribunale di Udine e decidendo nel merito dispone la compensazione nella misura di 1/2 anche delle spese del giudizio di primo grado, ferma la misura della liquidazione nel complesso operata (per compensi ed anticipazioni) dal primo giudice e fermo l’obbligo della ricorrente di rimborsare a L.L. la residua metà delle medesime spese;

rigetta il primo motivo di ricorso;

dichiara integralmente irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2022

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