Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5890 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 06/07/2016, dep.08/03/2017),  n. 5890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16300-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CENTRO FKT SERAPIDE SPA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE DELLE MILIZIE 38,

presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO ROSSI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO ZEFELIPPO giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 134/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

PESCARA, depositata il 30/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/07/2016 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROSSI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO LUIGI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

1) L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, notificato il 14/19 giugno 2011, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, indicata in epigrafe, con la quale è stato riconosciuto alla Centro FKT Serapide spa il diritto ad usufruire del credito d’imposta previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 63, comma 1 e dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, comma 10, per l’assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate per gli anni 2004/2006.

In particolare il Centro operativo dell’agenzia aveva revocato parzialmente il credito di imposta.

La Ctp di Pescara con sentenza 8 aprile 2008 aveva accolto il ricorso della contribuente.

La CTR il 30 aprile 2010 ha respinto il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate.

La contribuente resiste al tempestivo ricorso dell’amministrazione con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) Preliminarmente vanno disattese le questioni preliminari sollevate in controricorso.

Parte resistente ha affermato l’inammissibilità del ricorso per: mancata indicazione degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda; mancata trascrizione delle parti della sentenza viziate da violazione di legge; indebita richiesta di revisione della motivazione celata con apparente censura per violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3.

I rilievi sono infondati, perchè in tema di ricorso per cassazione, la verifica dell’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), deve compiersi con riguardo ad ogni singolo motivo di impugnazione e la mancata specifica indicazione (ed allegazione) dei documenti sui quali ciascuno di essi, eventualmente, si fondi può comportarne la declaratoria di inammissibilità solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o più specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioè quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonchè la valutazione della sua decisività, risulterebbero impossibili (Cass. 16887/13).

Inoltre il ricorso riporta integralmente la breve sentenza impugnata, mettendo in relazione la questione di diritto da essa decisa con le ragioni, di diritto, come enunciato nella loro rubrica, svolte nei motivi di ricorso.

Pertanto qualora, come nella specie, il ricorso postuli soltanto l’esame di questioni giuridiche, non mediate da specifiche peculiarità della documentazione, non è configurabile il tipo di violazione denunciata.

3) Il giudice di appello ha ritenuto che il richiamo operato dalla L. n. 388 del 2000, citato art. 63, art. 7, comma 10, (che dichiara applicabile all’ulteriore credito d’imposta la regola de minimis) non vale a conferire all’agevolazione in esame la natura di aiuto di Stato ex art. 87 del Trattato CE. Afferma che si deve escludere che fosse tale quello previsto dal menzionato art. 7, comma 10, in quanto privo del carattere della selettività. Pertanto il beneficio non soggiacerebbe al relativo regime, ed in particolare alla regola de minimis, la quale si applica agli aiuti a favore delle imprese che effettuano nuove assunzioni nel territorio nazionale e in particolare in alcune regioni.

La CTR ha aggiunto che a tale conclusione si perviene anche in virtù del Regolamento (CE) 5 dicembre 2002, n. 2204 e del D.L. n. 10 del 2007, art. 1, comma 8, (convertito nella L. n. 46 del 2007), che ha escluso dal cumulo per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola de minimis “gli aiuti autorizzati dalla Commissione europea o rientranti in un regolamento di esenzione per categoria”.

4) Con il primo motivo, la ricorrente amministrazione, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 7 e della L. n. 289 del 2002, art. 63censura la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Si duole che i giudici abbiano ritenuto prevalente i principi comunitari sommariamente evocati.

Il motivo è fondato.

Deve, infatti, essere ribadito il principio secondo cui la L. n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, nel rinnovare il regime di incentivi alle assunzioni, già disposto con la L. n. 388 del 2000, art. 7 ha mantenuto esplicitamente ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui al detto art. 7, quindi anche quella dettata dal comma 10, in base alla quale “all’ulteriore credito di imposta di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione delle Comunità europee 96/C68/06”, e “ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi ai sensi della predetta comunicazione purchè non venga superato il limite di lire 180 milioni nel triennio”.

Il criterio comunitario c.d. de minimis è stato, quindi, espressamente adottato – in via di rinvio alla relativa fonte normativa – dal legislatore nazionale, nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali, quale tetto massimo dell’ulteriore credito d’imposta in esame che ha inteso attribuire ai datori di lavoro. Ne deriva l’irrilevanza della normativa comunitaria invocata, la quale non impedisce che il legislatore nazionale circoscriva benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate per relationem rispetto a norme dell’ordinamento comunitario (tra le altre, v. principalmente Cass. nn. 21797 del 2011, e poi Cass. 7361 e 2662 del 2012; 21594 e 21605 del 2015).

Infine, la natura nazionale della norma in esame esclude in radice ogni incidenza sulla questione del disposto del D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8, (convertito nella L. 6 aprile 2007, n. 46), citato dal giudice a quo, poichè l’esclusione – ivi stabilita – dal cumulo per il computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola de minimis riguarda solo gli aiuti, rientranti in tale previsione, che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore a detta regola comunitaria, non l'”ulteriore credito d’imposta” in discussione, perchè l’ammontare massimo dello stesso è stato legislativamente determinato in misura corrispondente a quella regola (Cass. n. 12662 del 2012, cit.).

In questi termini (cfr. Cass. 9533/16) la Corte si è espressa anche di recente e non v’è motivo per discostarsi dall’orientamento consolidato.

Restano conseguentemente accolti anche: a) il secondo motivo che denuncia violazione delle stesse norme indicate nella rubrica del primo, sotto il profilo che il beneficio non configurerebbe – come ritenuto dalla Commissione tributaria – un aiuto ai lavoratori ma un aiuto di stato, con applicazione della relativa normativa;

b) Il terzo motivo, che si riferisce alle norme citate e al Reg UE 2204/02, per avere erroneamente ritenuto che l’entrata in vigore del reg. 2204 possa consentire la concessione di contributi alle imprese ai sensi della L. n. 289, art. 63 oltre il limite del de minimis, a prescindere dall’adempimento degli obblighi di comunicazione prescritti in via generale dall’art. 88 par. 3 del trattato e ciò in quanto si deve escludere che il beneficio soddisfi tutte le condizioni stabilite dal predetto regolamento in modo da potersi sottrarre agli obblighi di comunicazione.

5) Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso.

La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara in diversa composizione, per il riesame dell’appello alla luce dei principi enunciati nelle conformi sentenze sopracitate (Cass.21797/11 e seguenti) e la liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo sezione di Pescara in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione tributaria, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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