Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5888 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 08/03/2017, (ud. 14/04/2016, dep.08/03/2017),  n. 5888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – rel. Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22867-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

SALERNO 2000 SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 348/2010 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata l’11/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2016 dal Presidente e Relatore Dott. ANTONIO GRECO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con due motivi nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, rigettandone l’appello, ha confermato l’annullamento dell’avviso di recupero del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree svantaggiate ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8 credito d’imposta di cui secondo l’ufficio la srl Salerno 2000 aveva indebitamente fruito nell’anno 2001.

Il giudice d’appello ha tra l’altro considerato infondata la contestazione dell’ufficio “in merito alla carenza dei requisiti di alcuni investimenti realizzati su beni altrui (Euro 21.710): essi giustamente vanno ritenuti agevolabili in quanto hanno le caratteristiche di spese di ammodernamento utili ad incrementare e migliorare l’attività”;

ed ha osservato, “quanto al terzo rilievo: errata determinazione dell’investimento agevolabile e del credito d’imposta (v. pg 7 del p.v.c.) – (sul quale i giudici di prime cure non si sono pronunciati), le eccezioni dell’ufficio nulla precisano in ordine al mancato danno erariale evidenziato dalla società ricorrente”.

La società contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, denunciando “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, in relazione agli artt. 67, 68 e 74 tuir, censura come erronea la sentenza d’appello per aver ritenuto agevolabili gli investimenti realizzati su beni altrui, come impianto elettrico e telefonico, lavori di tinteggiatura agli uffici, installazione e climatizzazioni, soffitti e tramezzi in cartongesso, “in quanto hanno le caratteristiche di spesa di ammodernamento utili ad incrementare e migliorare l’attività”. Alla stregua della prima norma in rubrica, infatti, i benefici richiesti competerebbero se gli investimenti in contestazione riguardassero beni ammortizzabili; tali costi potrebbero bensì essere sostenuti anche su beni che non sono di proprietà dell’impresa, purchè si tratti, però, di spese che possano essere contabilizzate fra le “immobilizzazioni immateriali”, perchè si estrinsecano in beni che hanno una loro individualità ed autonoma funzionalità, e che al termine del periodo di locazione o di comodato possono essere rimossi dall’utilizzatore e possono avere una possibilità di utilizzo a prescindere dal bene cui accedono: le spese (relative a beni) che, invece, non hanno una autonoma funzionalità e che non sono separabili dai beni dei terzi cui accedono vanno iscritte tra le “altre immobilizzazione immateriali”, che sono disciplinate, ai fini della deducibilità, dall’art. 74 del tuir.

Il motivo è fondato.

“In tema di agevolazioni fiscali per le aree svantaggiate, il credito di imposta previsto dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 per i nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, aventi il requisito della novità e che, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68 presentino un’autonomia funzionale rispetto al bene del terzo, pur utilizzato dal contribuente, tanto da essere idonei ad una utilizzazione separata da parte del locatario (o comodatario) al termine del periodo di locazione (o comodato). Ne consegue che le spese sostenute dall’affittuario dei locali per il funzionamento di una attività di “call center” (quali impianti elettrici, riscaldamento, refrigerazione e accessori) non danno diritto al beneficio, ma, in quanto incrementative delle potenzialità dell’immobile locato, sono solo deducibili in base alla disciplina delle spese relative a più esercizi di cui all’art. 74, comma 3, del T.U.I.R. cit., e nei limiti imputabili alla quota di ciascun esercizio” (Cass. n. 25685 del 2013).

Si è infatti chiarito come, per tali agevolazioni, “il credito d’imposta previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 8 per i soggetti titolari di reddito d’impresa che, nel periodo ivi indicato, abbiano effettuato nuovi investimenti, spetta per i beni strumentali, materiali e immateriali, che siano nuovi e fiscalmente ammortizzabili ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68 (oggi artt. 103 e 104) sicchè le spese incrementative relative ad un immobile (nella specie detenuto, all’epoca dell’utilizzo dell’agevolazione fiscale, a titolo locatizio) rilevano, ai fini del credito d’imposta suddetto, solo se il contribuente dimostri che i relativi costi possano essere contabilizzati in bilancio tra le “immobilizzazioni materiali”, in quanto, trattandosi di opere aventi una loro autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere dal bene altrui cui accedono possono essere, al termine della locazione rimossi ed utilizzati separatamente dall’investitore, a differenza delle spese incrementative riguardanti opere prive di tali caratteristiche rispetto al bene cui accedono, da classificarsi nell’attivo dello stato patrimoniale tra le “altre immobilizzazioni immateriali”, che non costituiscono beni autonomi ma, stante l’accessione su beni di terzi, meri costi deducibili” (Cass. n. 28535 del 2013).

Nel caso in esame il giudice di merito è quindi incorso nell’errore ad esso addebitato, in quanto in relazione ad “investimenti su beni altrui” concretatisi nella realizzazione di impianto elettrico, tinteggiatura, climatizzazione, effettuata in locali condotti in locazione, ha affermato che andavano ritenuti agevolabili perchè aventi “le caratteristiche di spese di ammodernamento utili ad incrementare e migliorare l’attività”.

Con il secondo motivo l’amministrazione denuncia insufficiente ed illogica motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando come erronea la sentenza nella parte in cui, in relazione alla errata determinazione dell’investimento agevolabile e del credito d’imposta – oggetto del rilievo n. 3 dell’avviso di recupero -, avrebbe immotivatamente ritenuto che l’ufficio non aveva fornito alcuna precisazione in merito al danno erariale.

La critica è fondata, in quanto nel motivo di appello dell’Agenzia delle entrate – trascritto nel ricorso per cassazione – era stato dettagliatamente riportato il procedimento, documentato dal pvc, che aveva condotto i verificatori a calcolare gli ammortamenti fiscalmente rilevanti, determinati in Euro 141.696,10, laddove la parte li aveva determinati in Euro 131.533,95; la circostanza che la contribuente aveva esibito un registro dei beni ammortizzabili che faceva esplicito riferimento ad un precedente registro “che era stato smarrito, come dichiarato dall’amministratore”, il che non aveva “permesso al verbalizzante di verificare se tra gli ammortamenti dedotti vi fossero quote relative a beni non agevolabili. A fronte di tale terzo rilievo – si legge ancora nel motivo di appello -, tenuto conto che gli investimenti netti agevolabili sono pari ad Euro…, che l’intensità massima di aiuto applicabile nel caso di specie è del 50% quindi pari ad Euro 125.578,57 e che la contribuente ha dichiarato nel modello CVS presentato un credito spettante per Euro 136.267,00, con questo rilievo è stata recuperata la differenza di credito non spettante per Euro 10.688,43”.

A fronte di siffatta specifica contestazione, nuovamente formulata in appello, la motivazione della sentenza impugnata, nell’affermare che sul punto “le eccezioni dell’ufficio nulla precisano in ordine al mancato danno erariale evidenziato dalla società ricorrente”, si appalesa quantomeno insufficiente.

In conclusione, i due motivi del ricorso devono essere accolti, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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