Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5886 del 03/03/2020
Cassazione civile sez. I, 03/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 03/03/2020), n.5886
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 2583/2019 r.g. proposto da:
G.N.A.A., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato
e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso,
dall’Avvocato Massimo Galdi, presso il cui studio è elettivamente
domiciliato in Roma, viale delle Milizie n. 76.
– ricorrente –
contro
PREFETTURA di ROMA – MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)),
in persona del legale rappresentante pro tempore il Ministro,
rappresentato e difeso, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso i cui Uffici in Rema, Via dei Portoghesi n. 12 è
elettivamente domiciliato.
– controricorrente –
avverso il provvedimento del Giudice di Pace di ROMA, depositato in
data 6.11.2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
16/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.
Fatto
RILEVATO
che:
1. Con il provvedimento impugnato il Giudice di Pace di Roma ha rigettato l’opposizione presentata da G.N.A.A., cittadino (OMISSIS), avverso il decreto di espulsione adottato dal Prefetto di Roma in data 31.7.2018, con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, in quanto il ricorrente era stato destinatario di provvedimento emesso dal Questore di Roma in data 9.7.2018 dichiarativo della inammissibilità della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 2 e dell’art. 13, comma 2, lett. b) del T.U. Imm..
Il Giudice di Pace ha ricordato che: a) la dichiarazione questorile di inammissibilità da ultimo citata era stata adottata perchè il ricorrente era stato titolare di un permesso di soggiorno per lavoro dal 4.6.1990 al 16.10.2008, mai rinnovato; b) l’impugnativa innanzi al Tar del predetto diniego di rinnovo del permesso di soggiorno era stata respinta definitivamente con provvedimento del 27.11.2014; c) non era fondata la lamentata violazione dell’art. 13, comma 7, del T.U. Imm., riguardante la mancata traduzione del decreto espulsivo nell’idioma conosciuto dal ricorrente, posto che il provvedimento era stato tradotto nella lingua araba e redatto in italiano; d) non era fondata neanche l’eccezione relativa alla dedotta carenza di legittimazione del funzionario che aveva adottato il provvedimento espulsivo, in quanto quest’ultimo era stato licenziato dal funzionario prefettizio a ciò delegato.
2. Il provvedimento, pubblicato il 6.11.2018, è stato impugnato da G.N.A.A. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la Prefettura ha resistito con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 4,5 e 13. Si osserva che erroneamente il giudice di pace aveva ritenuto che il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno emesso dal Questore di Roma legittimasse il provvedimento espulsivo perchè nessun titolo autorizzava la permanenza oltremodo sul territorio nazionale, senza, invece, considerare la rilevante circostanza che il ricorrente era entrato nel territorio nazionale nel 1990 e non ne era mai fuoriuscito sino al 2017, allorquando, per problemi familiari, si era recato nel suo paese di origine e senza neanche valutare che, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del T.U. imm., per lo straniero in possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso in Italia, una preventiva comunicazione all’autorità di frontiera.
2. Con il secondo mezzo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Si evidenzia che il giudice di pace aveva omesso di valutare la possibilità per il ricorrente di usufruire di un permesso di lungo soggiorno che esclude la necessità di rinnovo del titolo legittimante la permanenza dello straniero sul territorio nazionale.
3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, lett. b, T.U. Imm.. Si evidenzia che il ricorrente aveva dimostrato, senza contestazioni della controparte, di aver sempre lavorato dal 1990 in Italia e che, pertanto, era onere del datore di lavoro di eseguire le necessarie comunicazioni alle autorità competenti, al fine di consentire la regolarità amministrativa del lavoratore.
4. Il ricorso è inammissibile.
4.1 Il primo e secondo motivo (che possono essere esaminati congiuntamente) sono inammissibili, posto che le questioni prospettate (reingresso in Italia dopo il viaggio in Egitto e permesso di lungo soggiorno) – oltre ad essere profili di doglianza non rilevanti ai fini del decidere integrano, in realtà, deduzioni difensive nuove, prospettate solo in questo giudizio di legittimità, senza essere state poste in precedenza al vaglio del giudice del merito.
Senza contare che le censure così proposte non intercettano neanche la ratio decidendi della motivazione impugnata, e cioè l’adozione del decreto espulsivo, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. b, T.U. Imm. e ciò in relazione alla necessità di adottare il provvedimento di espulsione dello straniero dopo il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno richiesto per motivi di lavoro.
4.3 Il terzo motivo è anch’esso inammissibile per le medesime ragioni già sopra prospettate, e cioè in conseguenza della novità della questione prospettata e perchè, al solito, non aggredisce la ratio decidendi sopra ricordata.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020