Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5883 del 12/03/2018

Cassazione civile, sez. VI, 12/03/2018, (ud. 20/12/2017, dep.12/03/2018),  n. 5883

Fatto

 

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza 21707/14, ha accolto la domanda proposta da P.M. nei confronti del padre G.R. diretta ad ottenere l’incremento della misura dell’assegno mensile di mantenimento che è stato riquantificato in 400 Euro con decorrenza dal maggio 2012.

2. Ha proposto appello G.R. al fine di ottenere la revoca dell’assegno in considerazione della raggiunta età di trenta anni del figlio e della acquisita capacità di rendersi indipendente economicamente.

3. La Corte di appello di Roma, con sentenza 4915/16, ha accolto l’appello del G. e ha revocato l’assegno di mantenimento a decorrere dal mese di agosto 2016. Ha ritenuto fondata la decisione del Tribunale, per quanto riguarda il periodo antecedente a tale data, in quanto i giudici del primo grado hanno esaurientemente motivato che la situazione di dipendenza economica del P. non era dovuta a inescusabile trascuratezza ma piuttosto alle difficoltà psicologiche, esistenziali e sanitarie connesse al percorso intrapreso di adeguamento dei caratteri sessuali dal femminile al maschile. Ha ritenuto però che tale processo di adattamento deve considerarsi ormai compiuto cosicchè deve supporsi che il P. sia ormai in grado di acquisire una propria indipendenza economica e non debba più gravare per il suo mantenimento sul padre.

4. Ricorre per cassazione P.M. con quattro motivi di impugnazione: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 147 e 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.); b) violazione e falsa applicazione degli artt. 112,339 e 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); c) violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); d) vizio di omesso esame di un fatto controverso, in relazione alle risultanze dell’interrogatorio formale del 23.1.2014 in primo grado, delle richieste istruttorie formulate da parte attrice con note ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, depositate in data 22 aprile 2013 nel fascicolo di primo grado (all. 13) poi reiterate nella comparsa di costituzione di appello depositata in data 3.8.2015 con il fascicolo di parte appellata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5).

5. Si difende con controricorso G.R..

Rilevato che:

6. Con il primo motivo si lamenta che la decisione della Corte di appello abbia sostanzialmente presupposto una negligenza del ricorrente nel ricercare la propria indipendenza economica in assenza di qualsiasi deduzione probatoria al riguardo da parte dell’appellante.

7. Con il secondo motivo il ricorrente censura la decisione della Corte di appello per aver statuito su circostanze inerenti il periodo successivo alla sentenza di primo grado nonostante fosse precluso in appello il deposito di nuovi documenti o l’articolazione di nuovi mezzi di prova.

8. Con il terzo motivo il ricorrente censura la decisione impugnata per aver operato una cd. praesumptio de praesumpto. Ciò in quanto partendo da una mera presunzione (il decorso di oltre tre anni dalla conclusione dell’iter di adeguamento di identità avrebbe posto ormai il P. in una condizione di parità rispetto a tutti gli altri giovani alla ricerca del lavoro) ha fatto discendere un’altra presunzione (la colpevole inerzia del P. nella ricerca del lavoro). Il ricorrente contesta che il semplice trascorrere del tempo possa essere considerato oggettivamente come sufficiente a porre in essere e concludere un completo processo di normalizzazione psicologica e attitudinale di chi ha compiuto un iter di adeguamento di genere.

9. Con il quarto motivo il ricorrente rileva che la Corte di appello ha completamente omesso la valutazione sulle dichiarazioni rese nel giudizio di primo grado circa la sua attiva ricerca del lavoro e l’articolazione della prova testimoniale diretta ad attestare le difficoltà incontrate a causa della sua condizione personale nell’ultimazione degli studi e nella ricerca del lavoro.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

10. I motivi devono essere esaminati congiuntamente perchè pongono per la maggior parte questioni strettamente connesse.

11. La decisione della Corte di appello appare conforme alla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. I, n. 18076 del 20 agosto 2014) secondo cui “ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poichè il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e aspirazioni, purchè compatibili con le condizioni economiche dei genitori.

12. In questo quadro la decisione della Corte di appello romana si basa sul presupposto del raggiungimento di una età superiore ai trent’anni e sull’assenza di deduzioni specifiche da parte del ricorrente circa la ricerca del lavoro e gli eventuali ostacoli incontrati in tale ricerca, così come sul decorso di un considerevole lasso di tempo dal compimento dell’iter di adeguamento dei caratteri sessuali all’identità di genere e sull’assenza di specifiche deduzioni circa il permanere di una situazione di vulnerabilità psicologica e sociale tale da compromettere la ricerca del lavoro. Si tratta pertanto di un iter logico,/ quello compiuto dalla Corte di appell9 che si è basato su dei fatti oggettivi e che ha presunto in ragione dell’assenza di specifiche deduzioni da parte del ricorrente il raggiungimento di una situazione di indipendenza economica ovvero di una capacità lavorativa potenziale cui non ha fatto riscontro una concreta ricerca del lavoro. Questo apprezzamento compiuto su elementi di fatto dalla Corte distrettuale non è censurabile in sede di legittimità perchè consiste in una valutazione prettamente di merito e coerente alla citata giurisprudenza di questa Corte.

13. Per ciò che concerne specificamente il secondo motivo di ricorso va richiamata la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. 1^ n. 25420 del 17 dicembre 2015; n. 10119 del 2 maggio 2006) secondo cui “in materia di assegno di mantenimento per il figlio, il giudizio riguarda la conservazione del contenuto reale del credito fatto valere con la domanda originaria, sicchè il genitore istante può chiedere un adeguamento del relativo ammontare alla stregua della svalutazione monetaria o del sopravvento di altre circostanze, verificatesi nelle more del giudizio, in particolare relative alle mutate condizioni economiche dell’obbligato ovvero alle accresciute esigenze del figlio. Ne deriva che la proposizione, in primo grado o in appello, di simili istanze o eccezioni non ricade sotto il divieto di “ius novorum”, nè con riguardo al giudizio di primo grado (art. 183 c.p.c., comma 4), nè con riguardo al giudizio di appello (art. 345 c.p.c., comma 1)”.

14. Per quanto riguarda il quarto motivo di ricorso va rilevato che il capitolo di prova riportato nell’illustrazione del motivo non risulta dalle conclusioni trascritte nella sentenza della Corte di appello. Il suo contenuto è comunque stato valutato dalla decisione della Corte di appello che ha riconosciuto una situazione di vulnerabilità e di difficoltà psicologica e relazionale legata al difficile processo di adeguamento della propria identità di genere con evidenti conseguenze sull’inserimento sociale e nel mondo del lavoro e quindi nella acquisizione di una posizione di indipendenza economica. Tuttavia come si è detto la Corte di appello ha ritenuto che la considerevole distanza temporale dalla conclusione di questo processo sottrae in difetto di prove contrarie il richiedente alla pregressa situazione di difficoltà. Dalla motivazione della decisione risulta pertanto implicitamente che la circostanza oggetto della prova per testi essendo riferita alla situazione esistenziale pregressa al processo di adeguamento dell’identità di genere non richiedeva l’ammissione del mezzo istruttorio in quanto la Corte d’appello l’ha riconosciuta e su di essa ha fondato la conferma della decisione appellata sino al mese di agosto del 2016.

15. Il ricorso va conseguentemente respinto. La peculiarità del caso in esame giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2018

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