Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5882 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5882 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 4414-2012 proposto da:
SCOPELLITI

DOMENICO

C.F.

SCPDNC58D17F112V,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE
95, presso lo studio degli avvocati PALUMBO FRANCESCO
e ABATE ADRIANO che lo rappresentano e difendono,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
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contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. C. F. 01585570581, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA VIA L.G. FARAVELLI

Data pubblicazione: 13/03/2014

22, presso lo studio dell’avvocato MORRICO ENZO, che
la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente –

_

avverso la

sentenza n.

10614/2010 della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 04/02/2011 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato PALUMBO FRANCESCO;
udito l’Avvocato COSENTINO VALERIA per delega MORRICO
ENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
.

Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

186/2010;

R. Gen. N. 4414/2012
Udienza 8.1.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Roma, decidendo quale giudice del rinvio disposto da questa
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10614 del 2010 negava valore di atti
interruttivi della prescrizione alle comunicazioni del 24.4.1991 e del 10.9.1996 fatte
valere dal sig. Domenico Scopelliti. Dichiarava quindi prescritto il diritto alle

servizi di accudienza da lui resi per RFI s.p.a. in virtù di convenzione ex L. n. 1236
del 1959, ad eccezione di quelli relativi al quinquennio anteriore alla notifica del
ricorso introduttivo del giudizio.
La Corte di merito rilevava che gli avvisi di ricevimento allegati alla lettere erano
stati già depositati con riferimento ad altre comunicazioni in altri giudizi; inoltre,
l’importo che risultava pagato per la spedizione della prima raccomandata, pari a
‘ire 4.700, risultava inadeguato per una spedizione che secondo la prospettazione del
mittente avrebbe dovuto avere ad oggetto circa 300 lettere, mentre la ricevuta di
ritorno della seconda non indicava il numero della raccomandata, con conseguente
impossibilità di riferirla a quella rilevante in causa. Mancava quindi la prova che le
raccomandate contenessero le comunicazioni fatte valere dallo Scopelliti ai fini
interruttivi della prescrizione.
Per la cassazione di tale sentenza il sig. Scopelliti ha proposto ricorso, affidato a due
motivi, cui ha resistito RFI. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378
c. p. c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Come primo motivo il ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 1335, 2697 e 2943 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.). Vizio di
motivazione: insufficiente e /o illogica e/o contraddittoria, in relazione all’art. 360 n.
5 c.p.c.”.
Argomenta che nell’affermare che la parte ricorrente non aveva fornito la prova della
spedizione e ricezione delle lettere da parte della società datrice di lavoro, la Corte
territoriale avrebbe disatteso il costante insegnamento di questa Corte di Cassazione
secondo il quale il nesso tra il documento e l’avviso di ricevimento della
raccomandata è presunto, sicché spetta al convenuto dimostrare che con quella
Paola Ghinoy, estensore
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differenze retributive conseguenti al riconoscimento della natura subordinata dei

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Udienza 8.1.2014

raccomandata non si recapitò quel determinato documento, ovvero che non si
recapitò documento alcuno. Sostiene che nel caso la spedizione risultava dimostrata
dalle ricevute postali allegate, sicché la ricezione era presunta, salva la prova
contraria del destinatario. Il fatto poi che le stesse ricevute postali fossero state
prodotte in altri giudizi era spiegabile proprio con l’invio in unico plico di diverse

Aggiunge di avere dedotto di fronte alla Corte di merito che l’importo che risultava
speso per la raccomandata doveva essere integrato dal prezzo dei francobolli che
erano stati apposti sul plico, e sarebbe stato onere della parte resistente dimostrare
mediante la produzione della busta che essa era priva di francobolli.
Per quanto attiene poi ai rilievi circa la mancanza del numero sulla ricevuta di ritorno
della seconda raccomandata, sostiene che al fine di dimostrare la spedizione e
l’arrivo a destinazione è sufficiente l’allegazione della ricevuta di spedizione, sulla
base della considerazione dell'”ordinaria regolarità del servizio postale”.
2. Come secondo motivo deduce “Omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, deducendo che la
Corte d’Appello avrebbe ignorato il documento allegato al ricorso introduttivo
costituito dalla “Lettera depositata il 14 settembre 1999 presso l’UPLMO di Roma”,
ossia la missiva con cui veniva chiesta la costituzione della Commissione di
conciliazione per l’esperimento del tentativo di conciliazione all’epoca obbligatorio
ex art. 410 c.p.c. Con la valutazione di tale documento avrebbe potuto essere al più
dichiarata la prescrizione dei crediti antecedenti il quinquennio dalla ricezione da
parte della convenuta di tale ultima comunicazione.
3. Il primo motivo è infondato.
E’ vero infatti – come sostiene il ricorrente – che l’art. 1335 cod. civ. pone la
presunzione di conoscenza da parte del destinatario delle comunicazioni recettizie
che siano giunte al suo indirizzo, sicché incombe su di lui, ove neghi di averne avuto
notizia, l’onere di provare di essersi trovato senza colpa nella impossibilità di
prenderne cognizione e, quindi, anche di provare l’asserita non corrispondenza della
dichiarazione ricevuta con quella di cui il mittente conserva in qualsiasi modo la
copia.
Paola Ghinoy, estensore
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comunicazioni.

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Udienza 8.1.2014

E’ altresì vero però che questa Corte ha chiarito che “tale principio vale quanto
l’involucro contenga una sola raccomandata. Nel diverso caso in cui l’involucro della
raccomandata contenga plurime comunicazioni, e il destinatario ne riconosca solo
una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 cod.
civ., che l’autore della comunicazione, il quale abbia scelto detta modalità di

conteneva, atteso che, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, ad ogni atto da
comunicare corrisponde una singola spedizione” (Sez. L, sentenza n. 12135 del
19/08/2003, Sez. 5, sentenza n. 20027 del 30/09/2011).
Tale principio si attaglia al caso in esame: la tempestiva negazione da parte di RFI
della valenza interruttiva degli atti invocati dal ricorrente significa che essa ha
contestato che fossero stati compiuti gli adempimenti cui detta valenza interruttiva
consegue, consistenti nella regolare spedizione e conseguente ricezione di tali atti.
Sarebbe stato quindi onere del ricorrente dimostrare che gli involucri inviati
contenevano, oltre alle altre lettere relative agli altri lavoratori, anche quella

rilevante in causa.
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(45:
eto-a-ee4. La Corte •i men o a dato atto che tale onere non è stato adempiuto ed ha
correttamente ed esaustivamente valorizzato gli elementi di senso contrario risultanti
in causa, consistenti in particolare nel fatto che le ricevute di invio e di ricezione
fossero state allegate a differenti lettere in differenti giudizi e che l’importo pagato
per la spedizione (Lire 4.700) non fosse coerente con la consistenza che l’involucro
avrebbe dovuto avere (300 lettere).
5. Parte ricorrente ribadisce che l’importo di Lire 4.700 che risultava pagato per la
spedizione della raccomandata era stato integrato con il pagamento dei francobolli
apposti sulla busta: tale circostanza integrava la prova della consistenza della
spedizione plurima, sicché la sua dimostrazione rientrava nell’onere probatorio
incombente sul mittente e quindi nel caso sul sig. Scopelliti, che non vi ha
provveduto.
Resta poi irrilevante che l’avviso di ricezione della seconda raccomandata non
recasse il numero e non fosse quindi possibile collegarlo al plico asseritamente
inviato, considerato che comunque difetta la prova del suo contenuto plurimo.
Paola Ghinoy,

estensore

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O !li dei

spedizione per inviare due comunicazioni, fornisca la prova che l’involucro le

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2. Il secondo motivo è inammissibile sotto due profili.
La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione

interrompe la prescrizione, ai sensi dell’art. 410 c.p.c., in relazione alla pretesa che si
intende azionare in giudizio, in quanto idonea a manifestare la volontà del titolare del
credito di far valere lo specifico diritto oggetto di causa nei confronti del soggetto

Nel ricorso introduttivo ad illustrazione del secondo motivo non viene tuttavia
specificato quale sia il contenuto del documento del quale si invoca l’incidenza
sull’accertamento compiuto nella sentenza gravata.
Risultano quindi violate le prescrizioni desumibili dagli artt. 366 c. 1 n. 6 e 369 c. 2
n. 4 c.p.c. (nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate dal Divo n. 40
del 2006), secondo l’interpretazione che ne ha in più occasioni ribadito questa Corte,
secondo la quale “Qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell’omessa od
erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito per rispettare il
principio di specificità dei motivi del ricorso – da intendere alla luce del canone
generale “della strumentalità delle forme processuali” ha semplicemente l’onere di
indicare nel ricorso il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al
contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento
negli atti processuali, potendosi così ritenere assolto il duplice onere, rispettivamente
previsto dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6 (a pena di inammissibilità) e
dall’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 (a pena di improcedibilità del ricorso), nel
rispetto del relativo scopo, che è quello di porre il Giudice di legittimità in
condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato senza compiere generali
verifiche degli atti (…)” (in tal senso da ultimo Cass. Sez. L, Sentenza n. 17168 del
2012, corsivo nostro).
Nel caso, l’indicazione sarebbe stata tanto più necessaria in quanto sulla base delle
stesse allegazioni del ricorrente risulta revocabile in dubbio l’attinenza di tale
comunicazione con il processo in corso. L’atto viene infatti qualificato come “Lettera
depositata il 14 settembre 1999 presso l’UPLMO di Roma”, ma nella premessa del
r•

ricorso si riferisce che l’atto introduttivo del giudizio è stato depositato nella data
anteriore del 16 maggio 1995 e notificato il 12 giugno 1995.
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passivo (così Sez. L, sentenza n. 6336 del 16/03/2009).

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A quanto detto deve aggiungersi che l’effetto interruttivo della prescrizione
consegue, per quello in esame come per ogni atto recettizio, alla comunicazione alla
controparte della richiesta di costituzione della commissione di conciliazione.
Ulteriore inammissibilità deriva quindi dal fatto che nel ricorso non si deduce che
tale comunicazione sia stata effettivamente inoltrata a RFI s.p.a. (all’epoca Ferrovie

dell’invio, indicandone la collocazione negli atti.
6. Il ricorso deve per i motivi esposti essere respinto.
Le spese processuali del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come da
dispositivo, in applicazione dei criteri previsti dal DM 140 del 2012, che si applica, a
mente del suo art. 41, alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore e quindi
al 23.8.2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in € 3.000,00 per compensi professionali ed € 100,00
euro per esborsi, oltre accessori.
Così deciso in Roma, il 8.1.2014

dello Stato s.p.a.), né si riferisce di avere effettuato la produzione dei riscontri postali

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