Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5881 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 08/03/2017, (ud. 11/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12956/2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in proprio e quale procuratore speciale della società di

cartolarizzazione dei crediti INPS (S.C.C.I.) S.p.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso unitamente e

disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO ed EMANUELE DE ROSE, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.N., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA

MARGHERITA 294, presso lo studio dell’avvocato ANGELO VALLEFUOCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA TARTAGLIONE in forza di

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 804/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

emessa e depositata il 13/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

GHINOY.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Con la sentenza del 13.11.2014, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto l’opposizione D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 24, proposta da B.N. avverso le cartelle esattoriali con le quali era le stato intimato il pagamento della somma di Euro 21.506,18 e 7743,40 a seguito di accertamento dell’Inps (verbale del 22.6.2004) che ne aveva disposto l’iscrizione alla gestione commercianti.

2. La Corte territoriale ha escluso che sussistessero le condizioni per l’iscrizione della B., osservando che l’Inps, che ne era onerato, non aveva allegato alcuna circostanza idonea a provare la qualità di commerciante della contribuente che, ad avviso dell’istituto, sarebbe dovuta conseguire alla qualità di socia di s.a.s. costituita per la gestione di immobili. Ha evidenziato che, al contrario, la gestione degli immobili era affidata a studi professionali esterni che curavano la riscossione degli affitti e i correlati aspetti fiscali, riducendosi così l’attività della socia a limitati contatti durante l’anno con gli studi professionali incaricati, restando così escluso l’esercizio di attività commerciale.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Inps, affidato ad un solo motivo, cui ha resistito B.N. con controricorso; le parti hanno depositato anche memorie ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. Il Collegio ha autorizzato la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. L’istituto ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e segg., stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2313, 2318 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. In sostanza l’Inps contesta che l’attività svolta dalla B. fosse esclusa da quelle per le quali è prevista l’iscrizione alla Gestione commercianti assumendo, al contrario, che la stessa possedeva carattere commerciale, così come si evinceva dalla visura camerale della società, della quale la B. era l’unico socio accomandatario; inoltre, quest’ultima aveva solo allegato, senza darne prova, circostanze idonee ad escludere la presunzione di svolgimento di attività imprenditoriale da parte di società non costituita come società semplice.

2. Il ricorso è manifestamente infondato, alla luce dei principi affermati da questa Corte in fattispecie analoghe (cfr. Cass. 6.9.2016 n. 17643, 25.8.2016 n. 17328).

2.1. Si è infatti ribadito che presupposto per l’iscrizione alla gestione commercianti, in forza della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato della L. n. 160 del 1975, art. 29 e della L. n. 45 del 1986, art. 3, è lo svolgimento da parte dell’interessato di attività commerciale.

2.2. Si è poi aggiunto che la società di persone che svolga un’ attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà ed a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 del 2013, Cass. n. 17643 del 2016, Cass. ord. n. 25017 del 2016). Dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rileva poi di per sè il contenuto dell’oggetto sociale (Cass. ord. n. 25017 del 2016).

2.3. Con specifico riferimento alle società in accomandita semplice, si è anche chiarito che la qualità di socio illimitatamente responsabile non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui prova è a carico dell’istituto assicuratore (Cass. 26/2/2016 n. 3835).

3. L’accertamento della sussistenza (o meno) dei requisiti necessari per l’iscrizione è stato compiuto dalla Corte di merito che, in coerenza con i suesposti principi regolatori della materia, ha argomentato il proprio convincimento con motivazione adeguata ed immune da vizi, evidenziando che la B. si limitava a intrattenere rapporti saltuari con gli studi professionali incaricati nel tempo di riscuotere i canoni degli immobili locati ed a goderne i frutti. In concreto, secondo il condiviso ragionamento dei giudici d’appello, si trattava di un’attività che non era finalizzata alla prestazione di servizi in favore di terzi, nè ad atti di compravendita o di costruzione, per cui la stessa non esorbitava da quella che era la semplice gestione degli immobili concessi in locazione.

4. Segue il rigetto del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.

5. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna l’Inps al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.630,00 per compensi, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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