Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5880 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 11/03/2010), n.5880

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato BARBANTINI GOFFREDO MARIA,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7528/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/05/2005 R.G.N. 9380/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

21/01/2010 dal Consigliere Dott. D’AGOSTINO Giancarlo;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato BARBANTINI GOFFREDO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per dichiarazione di

inammissibilita’.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Roma P.A. esponeva di aver intrattenuto con Poste Italiane s.p.a. due contratti di lavoro a tempo determinato: il primo dal 13.7.1998 al 30.9.1998 in virtu’ dell’art. 8 del CCNL 26.4.1994 “per necessita’ di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”; il secondo dal 4.12.1998 al 30.1.1999 a norma dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994 e dell’accordo integrativo del 25.9.1997 per far fronte a “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso”. Chiedeva al giudice adito di accertare la nullita’ del termine e di dichiarare l’esistenza tra le parti di un contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Poste Italiane s.p.a. si costituiva e resisteva deducendo che il rapporto si doveva comunque ritenere risolto per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 c.c..

Il Tribunale rigettava il ricorso. La Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata il 4 maggio 2005, in parziale accoglimento dell’appello, dichiarava la nullita’ della apposizione del termine al contratto sottoscritto in data (OMISSIS) e dichiarava la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 13.7.1998. Condannava quindi la societa’ alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e al risarcimento dei danni a favore del dipendente nella misura delle retribuzioni globale di fatto spettante dalla notifica del ricorso di primo grado alla pronuncia di appello, con interessi e rivalutazione.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane ha proposto ricorso con tre motivi. L’intimata ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 1372 c.c., comma 1 la societa’ censura la sentenza impugnata per aver disatteso l’eccezione di tacita risoluzione del rapporto per mutuo consenso sollevata con la memoria di costituzione in primo grado.

Con il secondo motivo, denunciando violazione della L. n. 230 del 1962 e della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. e vizi di motivazione la societa’ sostiene che la L. n. 57 del 1987, art. 23 contiene una delega piena all’autonomia collettiva in ordine alla individuazione di nuove ipotesi di contratto a termine, scelta non sindacabile nel merito. E’ quindi escluso che le ipotesi previste dal contratto collettivo possano essere interpretate alla luce della L. n. 230 del 1962, art. 1 proprio perche’ trattasi di fattispecie diverse e svincolate dalla legge e si deve prescindere dalla necessita’ di individuare forme di collegamento tra le ipotesi previste in astratto dal contratto e le specifiche condizioni dei lavoratori nei singoli contratti; sosteneva altresi’ che nel caso di contratti a termine per sostituire dipendenti in ferie non e’ applicabile il disposto della L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. b. che prescrive l’obbligo dell’indicazione del nome del lavoratore sostituito, essendo sufficiente la prova, rilevabile dal testo del contratto, che il lavoratore e’ stato assunto nel periodo compreso tra giugno e settembre.

Con il terzo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 1217 e 1233 c.c., Poste Italiane censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha condannato al societa’ al pagamento in favore del dipendente delle retribuzioni globali di fatto dalla notifica del ricorso di primo grado. La societa’ si duole del fatto che la Corte territoriale on abbia svolto alcun accertamento al fine di stabilire se il dipendente, dopo la scadenza del termine, abbia costituito in mora il datore di lavoro offrendogli la propria prestazione lavorativa e se questi abbia svolto altra attivita’ lavorativa retribuita.

Osserva la Corte che e’ stato depositato in cancelleria verbale di conciliazione in sede sindacale sottoscritto in data (OMISSIS) dalla lavoratrice e dal procuratore speciale di Poste Italiane.

Con detto atto le parti stipulanti dichiarano di aver composto la vertenza che ha dato origine alla presenta causa, nei termini specificati nel medesimo verbale, e di voler definire le controversie giudiziarie in atto, convenendo che le spese giudiziali restino regolate secondo quanto previsto dai relativi provvedimenti giudiziali.

La Corte, nel prendere atto della intervenuta transazione della vertenza, non puo’ che accertare la cessazione della materia del contendere.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per sopraggiunto difetto di interesse (cfr. Sez. Un. n. 1048/2000).

Il comportamento delle parti giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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