Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5874 del 04/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/03/2021, (ud. 19/01/2021, dep. 04/03/2021), n.5874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9613/2019 R.G. proposto da:

Coop A.S.S. Soc. Coop. sociale, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Domenico Acciarito e Biagio Pace;

– ricorrente –

contro

Comune di Vizzini, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni

Mandolfo;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 1916/2018,

depositata il 14 settembre 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 gennaio

2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La Coop. A.S.S. soc. coop. sociale propone ricorso per cassazione, articolando sei motivi (lettere A, B, D, E, F, G), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte d’appello di Catania, in riforma della decisione di primo grado, l’ha condannata al pagamento, in favore del Comune di Vizzini, della somma di C 290.455,28 (così riducendo l’importo per il quale l’ente locale aveva ottenuto decreto ingiuntivo opposto dalla cooperativa), rigettando la domanda riconvenzionale della cooperativa, onerata anche delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

2. Il Comune propone ricorso incidentale, affidato a due mezzi.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso principale si espone ad un preliminare ed assorbente rilievo di inammissibilità, per palese inosservanza del requisito di contenuto-forma prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Risulta, infatti, totalmente omessa l’esposizione sommaria dei fatti, da detta norma richiesta a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, allo scopo di garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. Sez. U 18/05/2006, n. 11653).

La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. Sez. U 20/02/2003, n. 2602).

Stante tale funzione, per soddisfare detto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

Nel caso di specie il ricorso, come detto, omette del tutto tali requisiti contenutistici, limitandosi a indicare, nelle pagg. da 2 a 4, in termini del tutto generici, lo svolgimento e l’esito dei due gradi di giudizio, ma senza in alcun modo dar conto di quali fossero le ragioni in fatto e in diritto delle reciproche pretese, quali le ragioni della decisione di primo grado, quali quelle della sentenza d’appello.

Non maggiori lumi è dato ricavare dagli stessi motivi, tutti risolventisi nella esposizione meramente accademica della interpretazione ritenuta preferibile delle norme asseritamente violate, senza però alcun aggancio alla fattispecie concreta e alle questioni sostanziali dibattute.

2. E’ altresì inammissibile, ma per ragioni diverse, il ricorso incidentale.

Il primo dei motivi che ne sono posti a fondamento investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato il primo motivo di gravame con il quale il Comune aveva censurato la sentenza di primo grado per il mancato rilievo della tardività dell’opposizione.

La Corte d’appello ha sul punto rilevato, in sintesi, che dagli atti di causa tale tardività non emergeva con chiarezza e che sarebbe stato onere dell’opposto, rimasto invece contumace, provare la tardività dell’opposizione, mediante la produzione dell’originale notificato del decreto ingiuntivo.

Il ricorrente incidentale denuncia, al riguardo, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345,116,641,645 e 647 c.p.c. e della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, commi 2 e 4, nonchè omesso esame circa un fatto decisivo.

Lamenta, in sintesi, che la documentazione da esso ente prodotta in appello dimostrava detta tardività, al cui rilievo, in quanto consentito al giudice ex officio, non ostava il divieto per esso appellato di proporre nuove prove in appello.

Rileva inoltre che la Corte territoriale ha omesso di esaminare un fatto decisivo rappresentato dalla mancata ottemperanza dell’opponente all’invito rivolto dal primo giudice di fornire prova certa della data di ricezione del provvedimento monitorio.

3. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte d’appello ridotto l’importo ad esso spettante erroneamente supponendo che, con il ricorso per decreto ingiuntivo, fossero stati richiesti canoni di gestione “dal mese di novembre 1999 e fino al 22/2/2006 pari a 76 mensilità”, laddove – afferma – con il ricorso erano stati invece richiesti detti canoni con la decorrenza predetta (novembre 1999), ma fino al primo semestre 2006 compreso, per un totale di 80 mensilità.

4. Il primo dei testè esposti motivi è inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1.

La Corte di merito ha invero deciso sul punto conformemente alla giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 13594 del 21/05/2019; Cass. n. 24858 del 24/11/2011: “Il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo può rilevare d’ufficio l’inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine prescritto dall’art. 641 c.p.c., solo se dagli atti emerga con certezza la tardività dell’opposizione in riferimento sia al dies a quo, ossia alla data di notificazione del decreto, che al dies ad quem, ossia alla data della relativa opposizione, ma, qualora sia noto soltanto il dies ad quem, non può adottare analoga statuizione officiosa presumendo tale tardività in assenza di dati significativi e, segnatamente, addebitando all’opponente la mancata produzione della busta contenente il decreto notificato, in quanto recante la data di smistamento del plico presso l’ufficio postale, ma non anche quella di effettivo recapito al destinatario”).

L’esame del motivo non offre elementi per confermare o mutare tale orientamento.

Occorre, invero, rimarcare che la rilevabilità d’ufficio della tardività dell’opposizione non comporta anche che la parte che ne abbia interesse possa produrre prove a supporto della relativa eccezione in appello, ostandovi il divieto di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3.

5. Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Anzitutto per inosservanza dell’onere di specifica indicazione dell’atto richiamato (il ricorso per decreto ingiuntivo), imposto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6.

Il ricorrente incidentale si limita invero a richiamare detto atto, omettendo però di fornirne una puntuale localizzazione nel fascicolo processuale.

Quella fornita a pag. 20, primo capoverso, del ricorso si appalesa infatti quanto meno equivoca, dal momento che: a) da un lato, afferma bensì – sia pure con proposizione indiretta e discorsiva – che questo conteneva richiesta dei canoni di gestione della casa di riposo a far data dal mese di novembre 1999 fino al primo semestre 2006 compreso, per un totale di 80 mensilità; b) dall’altro però, subito dopo, localizza l’atto nel fascicolo di causa come “doc. 18 rubricato doc. 4 nel fascicolo di secondo grado del Comune”: allegato che però, come si legge subito dopo nella elencazione, in calce, dei documenti richiamati, non è costituito dal ricorso monitorio, bensì dalla “diffida… del 2006 con cui si richiede alla società cooperativa il pagamento a far data dal novembre 1999 al primo semestre del 2006”; nè l’equivocità di tale indicazione può considerarsi risolta da quella leggibile a pag. 3 del medesimo ricorso incidentale, primo periodo della esposizione del “Fatto”, facendosi ivi menzione del contenuto del decreto ingiuntivo, non del ricorso monitorio.

5.2. Può soggiungersi che, peraltro, ove tale onere fosse stato rispettato, avrebbe dovuto comunque rilevarsi l’estraneità della censura ai vizi deducibili con il ricorso per cassazione, prospettandosi con essa un errore di fatto revocatorio, consistito, in tesi, nella errata percezione, da parte della Corte d’appello, del contenuto del ricorso monitorio.

6. Entrambi i ricorsi, in definitiva, vanno dichiarati inammissibili, conseguendone, per la reciproca soccombenza, l’integrale compensazione delle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di entrambi i ricorrenti, principale e incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quelli previsti per il ricorso principale e per quello incidentale, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis, stesso art. 13.

PQM

dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale. Compensa integralmente le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso principale e, rispettivamente, per quello incidentale, ove dovuti, a norma dell’art. 1-bis, stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2021

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