Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5872 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. II, 08/03/2017, (ud. 17/01/2017, dep.08/03/2017),  n. 5872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaelle – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27796-2012 proposto da:

M.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MARIANNA DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato ANNA BEVILACQUA,

rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO TORRE;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) p.i. (OMISSIS) in persona dell’amm.re legale

rapp.te p.t., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avv.

ANTONIO GANGUZZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1646/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/01/2017 dal Consigliere Dott. CORRENTI VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO FRANCESCO MAURO che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 30.1.1996 M.L. proponeva opposizione al d.i. concesso al condominio di (OMISSIS) per la somma di Lire 22.119.487 oltre accessori adducendo di essere proprietaria solo dell’interno B/9 e non dell’interno B/10 di proprietà aliena e di aver pagato alcune voci, riconoscendosi debitrice solo di Lire 763.059.

Chiedeva anche i danni subiti dalla cantina di sua proprietà in Lire 10.000.000.

Il condominio contestava l’opposizione deducendo essere la M. comproprietaria dell’interno B/0 come da visura ipotecaria e, del resto, aveva sempre pagato i contributi per detto immobile quale utilis gestor dei coeredi, riconosceva alcuni pagamenti dopo il deposito del ricorso monitorio e chiedeva il rigetto dell’opposizione ed, in subordine, il pagamento di Lire 10.715,231 di cui Lire 8.718.533 quale sorte residuale ingiunta limitatamente all’interno B/9 e Lire 1.996.698 a titolo di saldo per contributi scaduti successivamente.

Il Tribunale accoglieva in parte l’opposizione, revocava il d.i. e condannava l’opponente a pagare Euro 12.236,11 oltre accessori come specificati, rigettava le riconvenzionali, sentenza appellata dalla M. ma confermata dalla Corte di appello di Napoli con sentenza 14.5.2012 che, riferita la tesi dell’opponente della rinunzia all’eredità relativamente all’interno B/10 e la statuizione del primo giudice circa il riconoscimento dell’acquisto da parte del padre di un vano di detto interno ed il mancato frazionamento, argomentava fondarsi la sentenza di primo grado su una pluralità di rationes decidendi logicamente e giuridicamente autonome non impugnate e rilevava la perdurante esistenza ed efficacia delle delibere assembleari. Ricorre la M. con tre motivi, resiste con controricorso il condominio.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denunziano violazione di norme di diritto, omessa, carente e contraddittoria motivazione, carenza di legittimazione passiva attesa la rinunzia all’eredità mentre la sentenza fa riferimento al riconoscimento dell’acquisto di parte dell’interno B/10, al mancato frazionamento ed omette di considerare che incombeva sull’opposto la prova della titolarità.

Col secondo motivo si lamentano violazione di norme di diritto ed omessa, carente contraddittoria motivazione, erronea individuazione della causa petendi perchè non c’era motivo alcuno per impugnare le delibere assembleari.

Col terzo motivo si lamentano violazione di norme di diritto e vizi di motivazione in ordine all’esame della domanda riconvenzionale di danni ritenuta ammissibile dal Tribunale (pagina 17 della sentenza di primo grado).

Le censure, a prescindere dalla promiscua denunzia di violazione di norme di diritto e di vizi di motivazione in contrasto con la necessaria specificità dei motivi, non meritano accoglimento.

La Corte di appello, riferita la tesi dell’opponente della rinunzia all’eredità relativamente all’interno B/10 e la statuizione del primo giudice circa il riconoscimento dell’acquisto da parte del padre di un vano di detto interno ed il mancato frazionamento, argomentava fondarsi la sentenza di primo grado su una pluralità di rationes decidendi logicamente e giuridicamente autonome non impugnate e rilevava la perdurante esistenza ed efficacia delle delibere assembleari. Rispetto a tale statuizione le odierne censure non sono risolutive.

La prima ripropone il tema affrontato e risolto in appello e non si cura di contestare le plurime rationes decidendi poste a fondamento della prima decisione e la utilis gestio in concreto posta in essere per anni.

La sentenza, nel respingere l’eccezione di carenza di legittimazione passiva dell’opponente (rectius di titolarità del dedotto in giudizio) ha ritenuto non impugnata e, come tale, passata in giudicato la ratio decidendi con cui il tribunale aveva ritenuto che -la stessa opponente riconosce all’udienza del 25.1.99 (a mezzo del suo proc. speciale) di aver acquistato dal padre Saverio un vano dell’interno B/10 nella stessa occasione in cui aveva comprato l’int. B/9, appartamento da lei acquistato con atto per notar S.S. di Napoli datato 29.3.85….Orbene l’opponente non ha provato di aver effettuato il frazionamento del vano int. B/10 (frazionamento da lei riferito nell’interrogatorio libero reso a mezzo del proc. speciale, ma la cui documentazione non risulta prodotta nè fra i doc. indicati in calce all’atto di opposizione nè nella memoria ex art. 184 c.p.c. del 19.7.99)”.

La ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, trascrivendo il relativo motivo, di aver formulato una specifica censura con l’appello.

La seconda censura si riferisce solo ad un profilo della sentenza impugnata dedotto ad abundantiam e non decisivo nell’economia generale della motivazione.

Il riferimento alla impugnazione della delibera compiuto dalla sentenza non è decisivo nel senso che i giudici, esclusa la invocata carenza di legittimazione ovvero di titolarità. si sono limitati a ritenere proponibili in sede di opposizione a d.i. le cause estintive del debito ed hanno esaminato le questioni al riguardo proposte dal l’opponente.

Il terzo motivo non assolve l’onere dell’autosufficienza mediante l’esposizione degli specifici argomenti posti a sostegno del gravame sul punto che non sarebbero stati esaminati o sarebbero stati valutati nella sentenza in modo illogico o insufficiente limitandosi a riferire della riconvenzionale ritenuta ammissibile dal Tribunale a pagina 17 senza curarsi di indicare l’esistenza di motivi di doglianza in ossequio ai principi che regolano una rituale impugnazione ex art. 112 c.p.c..

Donde il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2700 di cui 2500 per compensi, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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