Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5871 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 11/03/2010), n.5871

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LIVIO

ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato LOIACONO ROMAGNOLI MARIA

TERESA, rappresentato e difeso dall’avvocato LANDO’ PAOLO, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMPRABENE S.P.A., (gia’ Cedive S.p.A.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato OZZOLA MASSIMO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PEDRON ANDREA, giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4 64/2 005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 04/07/2005 R.G.N. 679/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. NAPOLETANO Giuseppe;

udito l’Avvocato GUAITOLI FABIO MASSIMO per delega OZZOLA MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Padova con la quale era stata respinta la domanda di V. S., proposta nei confronti della societa’ Cedive, diretta ad ottenere la condanna di quest’ultima ad assumerlo quale invalido avviato ex lege n. 482 del 1978.

I giudici di secondo grado premettevano che “tutte le unita’ locali ubicate in sedi diverse da quella di (OMISSIS)” erano “supermercati in cui il personale occupato” rivestiva “il profilo professionale di commesso o di aiuto commesso alla vendita per i quali il CCNL applicato dalla Cedive” prevedeva “l’inquadramento nei livelli (OMISSIS) e (OMISSIS)”. Ritenevano, quindi, detti giudici, “raggiunta la prova della impossibilita’ di un utile collocazione del lavoratore sia perche’ lo stesso V. aveva indicato di aver diritto, in base alle sue esperienze professionali, all’inquadramento nel (OMISSIS) o (OMISSIS) livello, sia perche’ avuto riguardo alle altre postazioni di lavoro, ancorche’ ipotetiche, si trattava, comunque, di mansioni incompatibili con la sua residua capacita’ lavorativa. Ne’ concludevano, i giudici di secondo grado, vi era, presso la sede di (OMISSIS), alcuna mansione compatibile con lo stato d’invalidita’ e la professionalita’ del V..

Avverso tale sentenza il V. propone ricorso per Cassazione sostenuto da due censure, illustrate da memoria.

Parte intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso il V. deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2118 c.c., L. n. 482 del 1968, artt. 20 e 21 e art. 416 c.p.c. in relazione al mancato assolvimento dell’onere probatorio incombente sul datore di lavoro in caso di rifiuto di assunzione del lavoratore invalido avviato obbligatoriamente; omessa e/o insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nell’assolvimento del medesimo onere probatorio di cui sopra, cio’ anche in relazione all’erronea valutazione delle risultanze probatorie”. Allega che la “Corte di Appello e’ incorsa in una violazione di legge per non aver tenuto conto del mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della Cedive in ordine all’inesistenza- all’interno dei pretesi punti vendita/Supermercati della Provincia di (OMISSIS) – di mansioni compatibili con l’invalidita’ del V. e in un difetto di omessa/insufficiente motivazione perche’ non e’ dato comprendere quali siano gli elementi di fatto e/o probatori che hanno fondato il convincimento per cui nei punti vendita della Cedive ci sarebbero stati solo commessi o aiuto commessi”.

La censura non e’ fondata.

Invero, la Corte del merito fonda il proprio decisum sul rilevo, congruamente motivato, che tutte le unita’ locali ubicate in sedi diverse da quella di (OMISSIS) erano “supermercati” e che, presso tali sedi, non vi erano posizioni compatibili con lo stato d’invalidita’ del V..

Pertanto non vi e’ la pretesa violazione di legge nel senso prospettato dal ricorrente. Infatti, i giudici di appello basano il proprio convincimento proprio sull’accertamento dell’inesistenza di mansioni compatibili con lo stato d’invalidita’ del V..

Quanto a siffatto accertamento il ricorrente, ancorche’ lamenti, al riguardo, una insufficiente motivazione, tuttavia non allega elementi probatori di segno opposto non valutati od erroneamente valutati, sicche’, sotto tale aspetto, la critica si risolve in una censura generica che, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata priva, sul punto, di contraddizioni, non puo’ trovare ingresso in sede di legittimita’.

Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia “violazione e falsa applicazione della L. n. 482 del 1968, art. 20 e dell’art. 414 c.p.c. in relazione all’esonero del datore di lavoro dall’obbligo di assunzione del lavoratore invalido, solo nel caso d’inesistenza di mansioni compatibili con la sua invalidita’; vizio di omessa e/o insufficiente motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla questione dell’esonero del datore di lavoro dall’obbligo di cui sopra, anche in relazione alla erronea valutazione del ricorso ex art. 414 c.p.c. e dell’omessa valutazione del CCNL applicato tra le parti”.

Sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che egli avesse chiesto di essere inquadrato nei livelli (OMISSIS) e che la Corte non ha verificato, comunque, la compatibilita’ del suo stato d’invalidita’ con altre mansioni avuto riguardo anche alle declaratorie contrattuali.

Il motivo non coglie nel segno.

Rileva il Collegio che l’interpretazione della domanda e l’apprezzamento della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, costituiscono un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, e, pertanto, insindacabile in sede di legittimita’, se non sotto il profilo dell’esistenza, sufficienza e logicita’ della (Cfr. per tutte Cass. 19475/05 e 2467/06, nonche’ in particolare Cass. 10101/98 – seguita da Cass. 3678/99, 5034/00 e 13945/02 – la quale ha precisato che il sindacato su tale operazione interpretativa, in quanto non riferibile ad un vizio in procedendo, e’ consentito alla Corte di cassazione nei limiti istituzionali del giudizio di legittimita’).

Nella specie il V. si limita a sostenere di essersi riferito, nel ricorso, ai livelli (OMISSIS) ai soli fini della quantificazione dell’eventuale risarcimento del danno e non ai fini della sua professionalita’.

Si tratta, quindi, di mera prospettazione di una diversa interpretazione della domanda che come tale, non e’ idonea ad investire questa Corte del relativo sindacato di legittimita’. Ne’ coglie nel segno l’ulteriore critica del ricorrente relativamente alle altre postazioni lavorative. Difatti i giudici di secondo grado, con motivazione congrua ed esaurente, accertano che anche con riguardo alle altre postazioni di lavoro, ancorche’ ipotetiche, non vi erano mansioni compatibili con la residua “specifica” capacita’ lavorativa del V.. Circa il lamentato mancato esame del CCNL, o meglio di tutte le mansioni previste da tale contratto, la doglianza cade a fronte dell’omessa trascrizione, nel ricorso, ed in violazione del principio di autosufficienza, delle relative declaratorie contrattuali. Ne’ il ricorrente indica rispetto a quale posizione lavorativa – rectius inquadramento del CCNL – non sarebbe stata valutata la compatibilita’ con il suo stato d’invalidita’. Si tratta, quindi, anche in questo caso, di censura generica che, non consentendo alcuna verifica della relativa decisivita’, non puo’ essere esaminata in questa sede.

Non sussiste, di conseguenza, la allegata violazione di legge.

Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso, in conclusione, va respinto.

Le spese del giudizio di legittimita’ vanno compensate avuto riguardo allo stato d’invalidita’ del ricorrente ed alle relative aspettative che tale stato ha determinato nel ricorrente in tema di assunzione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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