Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5869 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5869 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 18315/2012 proposto da:

GARDASOL S.R.L. (P.I.: 00706890233), in persona del legale rappresentante pro/
tempore, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv.ti
Antonio Giacino e Benito Pietro Panariti ed elettivamente domiciliata presso lo studio del
– ricorrente —

secondo, in Roma, v. Celimontana, n. 38;
contro

EUROPEA S.R.L. (P.I.: 02226560239), in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, dagli Avv.ti
Maria Gabriella Maggiora e Milena Liuzzi ed elettivamente domiciliata presso lo studio
della seconda, in Roma, v. Dardanelli, n. 13;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 526 del 2012 della Corte di appello di Venezia,
depositata il 6 marzo 2012 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
1

Data pubblicazione: 13/03/2014

Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 25 marzo 2013, la

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con sentenza n. 814/2006 il Tribunale di Verona accoglieva l'opposizione proposta dall'Europea S.r.l. avverso il decreto n. 8579/05, emesso dallo stesso Tribunale in data 11 luglio 2005, che le ingiungeva di pagare alla società Gardasol S.r.l., il residuo prezzo di lire 56.085.000 della fondata l'eccezione di prescrizione del credito. Con citazione notificata il 26 maggio 2006, Gardasol S.r.l. interponeva appello avverso la suddetta sentenza. L'appellata L'Europea S.r.l. resisteva al gravame. La Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n. 526/2012, depositata il 6 marzo 2012 e non notificata, definitivamente pronunciando, rigettava l'appello proposto, condannando l'appellante a rifondere le spese del grado e disponendo la correzione dell'errore materiale contenuto nella sentenza impugnata. Con ricorso per cassazione, notificato il 19 luglio 2012 e depositato il 2 agosto 2012, Gardasol S.r.l. impugnava la sentenza di secondo grado, sulla base di un unico motivo. L'intimata si costituiva con controricorso. Rileva il relatore che, nel caso di specie, sembrano sussistere le condizioni per il rigetto del ricorso, stante la manifesta infondatezza del motivo con esso formulato, avuto riguardo all'art. 375 n. 5 c.p.c., con la conseguente definibilità del procedimento nelle forme camerali previste dall'art. 380 bis c.p.c. . Con l'unico e complesso motivo dedotto, la ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione dell'art. 57 del D.P.R. n. 633/1972, degli artt. 1285 segg. c.c., 1260, 1264 e 2935 c.c.. Tale doglianza appare, all'evidenza, destituita di fondamento. 2 vendita di beni immobili fatta da quest'ultima società all'opponente, sul rilievo che era Infatti, per stabilire il dies a quo della decorrenza del termine di prescrizione del diritto al pagamento del prezzo pattuito in contratto, era sufficiente — per come ritenuto dalla Corte territoriale - l'esame degli accordi contrattuali, dai quali emergeva che il pagamento della somma di euro 28.965,49 era previsto mediante cessione del credito IVA, da perfezionarsi entro il 28 febbraio 1994. normativa tra le stesse, il termine di perfezionamento della cessione veniva fissato al 28 febbraio 1994, con la conseguenza che, prima di tale data, la Gardasol S.r.l. non avrebbe potuto pretendere l'adempimento, da parte dell'Europea S.r.l.. Solo a partire dal primo marzo 1994, avrebbe potuto e dovuto pretendere l'adempimento dell'obbligazione assunta dalla debitrice (e non dal 31 dicembre 1998, come la ricorrente ha preteso, sull'assunto che, nei rapporti tra le parti del contratto di compravendita immobiliare, dovesse trovare applicazione la normativa IVA, in particolare l'art. 57 del D.P.R. 633/72, che, appunto, avrebbe determinato lo slittamento del dies a quo del termine prescrizionale). Ai fini della corretta individuazione del dies a quo del termine prescrizionale, è univoco quanto disposto dall'art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Sul punto, inoltre, questa Corte ha precisato che "l'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte de/titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento" (cfr. Cass., ord. n. 3 Avendo le condizioni contrattuali, pattiziamente stabilite dalle parti stesse, efficacia 2584 del 2012; in senso conforme cfr. Cass. n. 21495 del 2005; Cass. n. 19012 del 2007; Cass. n. 15991 del 2009 e, da ultimo, Cass. n. 14163 del 2011). Orbene, nel caso in esame, non si riscontra alcuna delle ipotesi tassativamente indicate nell'art. 2941 c.c., in virtù delle quali la ricorrente avrebbe potuto invocare la sospensione del termine prescrizionale. sotto alcun profilo, non avendo essa esercitato il proprio diritto entro i termini di legge, determinando, in tal modo, la prescrizione, eccepita, peraltro, tempestivamente dall'Europea S.r.l. e non avendo neppure interrotto i termini prescrizionali, mediante la formale messa in mora della debitrice. Tale disinteresse ha ingenerato la presunzione di abbandono da parte del creditore del proprio credito, essendosi protratto per un lasso di tempo superiore al decennio. A sostegno della manifesta infondatezza della deduzione della ricorrente, si deve altresì osservare che le parti avevano previsto, come possibile modalità di pagamento, la cessione del credito IVA vantato da L'Europea S.r.l. nei confronti della P.A.. E un dato pacifico che, ove si presenti un caso di cessione del credito, i rapporti giuridici intercorrenti tra cedente e cessionario, da un lato, e cedente e debitore ceduto, dall'altro, devono mantenere un'opportuna distinzione, in quanto il debitore ceduto rimane completamente estraneo alla cessione, che gli viene notificata ai soli fini dell'opponibilità. Alla stregua di ciò, ciascuno dei rispettivi rapporti si sarebbe dovuto ritenere regolato dagli accordi stabiliti tra le parti e dalla normativa a cui si faceva esplicito riferimento, senza alcuna commistione, rendendo conseguentemente inapplicabile, al caso de quo, la normativa IVA, anche in virtù di quanto stabilito dalla costante giurisprudenza di questa Corte in merito alla problematica della variazione del soggetto passivo del rapporto giuridico. 4 Pertanto, il comportamento tenuto dalla Gardasol S.r.l. non può trovare giustificazione A tal proposito si è, infatti, chiarito che "il mutamento del soggetto tenuto al pagamento e' privo di influenza sulla decorrenza del termine di prescrizione del credito, incidendo sulla titolarità passiva del rapporto e non sulla possibilità di esercizio del diritto" (cfr. Cass. n. 10937 del 1993). Per quanto sopra esposto, nessuna violazione o falsa applicazione degli artt. 1260, 2935 solo nei rapporti tra l'Europea S.r.l. e la P.A., ma non influisce in alcun modo sugli accordi e nell'esecuzione del rapporto intercorrente tra le parti del giudizio in esame. Anche l'ulteriore ragione di censura, relativa all'asserita violazione o falsa applicazione dell'art. 1264 c.c. (basata sull'assunto che L'Europea S.r.l. non aveva notificato al debitore ceduto la cessione del contratto di compravendita), si presenta manifestamente infondata. E', invero, agevolmente rilevabile come non sia configurabile la denunciata violazione di legge, dal momento che la norma, che si assume violata, non individua un soggetto tenuto per legge alla notifica: questa, (che ha solo l'effetto di rendere la cessione opponibile al debitore ceduto) perciò, può essere effettuata tanto dal cedente che dal cessionario, e, dunque, poteva provvedervi la stessa Gardasol S.r.l.. Infine, si deve respingere quanto affermato dalla ricorrente in merito alla qualificazione della prestazione dell'Europea, reputata erroneamente, secondo la ricorrente, alternativa. Infatti, la Corte territoriale si è semplicemente richiamata a quanto espressamente riconosciuto ed affermato dalla stessa Gardasol S.r.l. nel ricorso proposto per ottenere l'emissione del decreto ingiuntivo, leggendosi a pagina 2 (righe da 3 a 5) : "infatti L'Europea S.r.l. non ha provveduto al saldo, né mediante cessione del credito IVA, né mediante versamento alla stessa della somma pattuita, in contanti". Dalla lettura di tali righe, emerge con chiarezza che la stessa ricorrente aveva riconosciuto tale facoltà, risultando prive di pregio e fondamento giuridico le osservazioni mosse dalla stessa, in merito all'alternatività dell'obbligazione dell'odierna resistente. 5 c.c. appare sussistente nella specie, in quanto la normativa IVA può trovare applicazione In definitiva, si riconferma che, nel caso di specie, sembra ravvisarsi l'emergenza delle condizioni per il rigetto del ricorso, stante la manifesta infondatezza del complesso motivo con esso formulato, in relazione all'ipotesi prevista dall'art. 375 n. 5 c.p.c., donde la sua definibilità nelle forme del procedimento camerale ex art. 380 bis c.p.c.>>.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella

depositato la memoria finale ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., né è comparso in sede di
discussione nell’ambito dell’adunanza camerale;

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente
condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nei
sensi di cui in dispositivo, sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di
legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù
dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 2.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 21 febbraio 2014.

relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, il difensore della ricorrente non ha

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