Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5869 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 11/03/2010), n.5869

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA G. VERDI, presso lo studio dell’avvocato TURCO Chiara, (c/o

l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M.;

– intimato –

e sul ricorso n. 513/2007 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato ANGELOZZI GIOVANNI, che lo

rappresenta e difende, giusta mandato a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6429/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/11/2005 R.G.N. 4737/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. LA TERZA Maura;

udito l’Avvocato ANGELOZZI GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata del 23 novembre 2005 la Corte d’appello di Roma, confermava la statuizione di primo grado con cui era stata accolta la domanda proposta da A.M. nei confronti del Istituto Poligrafico, sul diritto alla inclusione dei compensi percepiti per lavoro straordinario nella base di calcolo sia dell’indennita’ di anzianita’ e del TFR, sia delle mensilita’ aggiuntive e delle ferie.

La Corte territoriale, escludeva preliminarmente la nullita’ del ricorso introduttivo sul rilievo che questo conteneva l’indicazione dell’oggetto della domanda, la durata del rapporto, delle ore di lavoro straordinario svolte annualmente che, risultando dalle buste paga, consentivano una istruttoria puramente documentale con l’ausilio di consulenza contabile; soggiungeva che il diritto al ricalcolo del TFR non era prescritto. I Giudici di merito rigettavano altresi’ la eccezione di compensazione proposta dal Poligrafico in relazione all’accordo aziendale del 1974, in cui, era stato erogato un miglioramento retributivo pari a 60 minuti della retribuzione dell’operaio litografo di primo livello, precisandosi che detto compenso era “assorbibile in caso di vertenze comunque proposte dal personale dipendente che possano ricollegarvisi” sul rilievo tra l’altro, che la normativa sul TFR non era derogabile dalla contrattazione collettiva, cui era consentito solo di fissare una base di calcolo diversa da quella prefigurata dalla legge. Nel merito la Corte affermava che il compenso per lavoro straordinario, reso come nella specie con periodicita’ ed abitualita’, deve essere computato nella indennita’ di anzianita’ maturata fino al 31 maggio 1982 e nel TFR, nonche’ nelle mensilita’ aggiuntive e nella retribuzione feriale e, poiche’ la inclusione del compenso per lavoro straordinario nelle voci suddette era stata chiesta fino al 1990, non avevano fondamento le doglianze dell’Istituto sulla nuova formulazione del concetto di retribuzione di cui al CCNL del 1992.

Avverso detta sentenza propone ricorso l’Istituto Poligrafico, con cinque motivi, mentre resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato con un motivo il lavoratore. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale il Poligrafico denunzia violazione degli artt. 414, 164 e 156 c.p.c. per avere la Corte d’appello negato la nullita’ del ricorso introduttivo.

La censura non puo’ essere accolta.

Il giudice di appello ha infatti ritenuto sufficientemente enucleatoli nel ricorso sia il petitum che la causa petendi, traendo conforto alla sua interpretazione dell’atto introduttivo dalla circostanza che parte convenuta avesse svolto compiute difese di merito circa le richieste di controparte. La valutazione della nullita’ del ricorso introduttivo per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto sulle quali questa si fonda, implica una interpretazione dell’atto introduttivo della lite riservata al giudice del merito, censurabile in cassazione solo per vizi di motivazione. Essendo le ragioni esposte nella sentenza in esame per affermare che il ricorso introduttivo non era affetto dal vizio denunciato congruamente e logicamente articolate, deve rigettarsi il motivo.

Con il secondo motivo ci si duole del rigetto dell’eccezione di prescrizione, dovendosi distinguere la fase delle esigibilita’ del diritto al TFR e la data della sua maturazione.

Il motivo e’ infondato, in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha gia’ chiarito che la scadenza delle annualita’ idonee al calcolo delle quote di accantonamento degli istituti di fine rapporto e la ricezione delle comunicazioni datoriali in punto di accantonamenti utili sono inidonee ad eliminare la situazione di incertezza circa la quantificazione dell’importo spettante, che – continuando a sussistere – legittima il lavoratore a richiedere l’accertamento giudiziale del diritto. Perche’ possa decorrere il termine di prescrizione e’ necessario che il diritto sia incontroverso e, dato che la maturazione del t.f.r. non e’ istantanea, non e’ dato identificare un unico momento destinato a costituire il dies a quo della prescrizione dell’azione di accertamento. Ne consegue che la relazione ravvisabile fra azione di mero accertamento del diritto ed azione diretta alla sua concreta attuazione opera in senso esattamente inverso a quello preteso da parte ricorrente, perche’, mentre la mancata sperimentazione della prima, non soggetta a termini di prescrizione, risulta del tutto irrilevante ai fini della persistente sperimentabilita’ della seconda, e’ la possibile prescrizione di questa che puo’ precludere l’azione di mero accertamento, per difetto di interesse, in quanto, una volta estinto il diritto, con conseguente impossibilita’ di realizzazione pratica del suo contenuto, viene meno, di norma, ogni utilita’ dell’accertamento della sua mera esistenza, cosi’ il ricordato presupposto dell’invocazione dell’officium judicis (cfr. Cass. 9.4.03 n. 9575 e da ultimo, proprio in relazione a fattispecie analoga Cass. n. 2781 del 06/02/2008).

Con il terzo motivo ci si duole che la sentenza impugnata abbia affermato che la domanda di computo del compenso per lavoro straordinario nella indennita’ di anzianita’ e nel TFR era stata limitata all’anno 1990, per cui non veniva in applicazione il CCNL del 1992, mentre il ricalcolo era stato riconosciuto dalla sentenza di primo grado fino al 1994.

La censura e’ infondata in quanto in ricorso non si allegano elementi atti a far ritenere che, a differenza di quanto rilevato nella sentenza impugnata, il TFR con l’inclusione del compenso per lavoro straordinario fosse stato, in primo grado, calcolato fino al 1994. La Corte d’appello ha infatti chiaramente affermato a pag. 2 che il lavoratore aveva chiesto l’inclusione di detto compenso fino al 1990, evidenziando che negli anni successivi, questo era stato prestato in misura insignificante; a fronte di detto chiaro rilievo era onere del ricorrente dimostrarne l’erroneita’, citando le parti della statuizione di primo grado da cui si evidenziava invece che il computo era stato prolungato fino al 1994.

Con il quarto motivo, lamentando il difetto di motivazione, ci si duole che sia stata rigettata la domanda riconvenzionale – eccezione di compensazione procedendo ad una errata interpretazione dell’accordo del 1974, sul rilievo che nessuna azienda si sarebbe indotta ad erogare un’ora di retribuzione dal 1974 senza ricevere alcuna prestazione lavorativa, ne’ l’assorbibilita’ valeva solo in caso di vertenze connesse alla produttivita’, ma per quelle relative al lavoro straordinario. Il motivo e’ infondato.

Secondo parte ricorrente la menzionata clausola di assorbibilita’ avrebbe dovuto dar luogo alla non computabilita’ dei compensi per lavoro straordinario negli istituti per cui e’ causa o, quantomeno, in caso di diversa conclusione circa la computabilita’, avrebbe dovuto far nascere il diritto alla restituzione degli importi corrisposti alla controparte in esecuzione del contratto aziendale.

Sotto un primo profilo, e’ contestata l’affermazione che la clausola di assorbibilita’ prevista dall’accordo del 1974 sia riferibile solo ai compensi previsti per aumento della produttivita’ e non anche a quelli conseguenti all’effettuazione dello straordinario, in quanto porta all’illogica conclusione che il datore avrebbe corrisposto l’aumento senza nessuna contropartita sul piano della prestazione, a fronte di una semplice disponibilita’ ad aumentare la produttivita’.

Il giudice di merito avrebbe dovuto, invece, valutare l’accordo nella sua interezza, tenendo conto che il suo obiettivo era anche quello di evitare che in futuro potessero nascere controversie in punto di inclusione nel calcolo dell’i.d.a. e del t.f.r. dello straordinario.

Si contesta quindi l’interpretazione data dal giudice di merito all’accordo sindacale del 1974.

La censura e’ inammissibile sia sotto il profilo dell’erronea interpretazione, in quanto non specifica quali sarebbero i canoni di ermeneutica negoziale che il giudice di merito avrebbe violato, sia sotto il profilo della carenza di motivazione in quanto non sono indicati vizi logici o difetti di indagine in cui sarebbe incorso il secondo giudice.

E’ altresi’ infondata al riguardo la censura in punto di violazione della normativa di legge in materia di trattamento di fine rapporto contenuta nella L. n. 297 del 1982. Deve rilevarsi che ai fini del calcolo del t.f.r. i criteri di quantificazione della retribuzione annua fissati dall’art. 2120 c.c., nuovo testo, possono essere derogati solo dalla normativa collettiva intervenuta successivamente all’entrata in vigore della norma di legge e che tale deroga non puo’ essere effettuata mediante il richiamo a norme pattizie previgenti.

Tali norme sono, infatti, mille in quanto la disciplina fissata dalla L. n. 297 e’ di carattere legislativo, di modo che la loro nullita’ prescinde dalla difformita’ o conformita’ rispetto alla nuova disciplina legislativa. La reviviscenza di dette clausole contrattuali nulle puo’ derivare solo da una “manifestazione di volonta’ delle parti contraenti che evidenzi una previsione diversa, rispetto a quella legale, circa il criterio specifico per l’individuazione della base di computo del trattamento di fine rapporto” (Cass. 24.6.95 n. 7185). Tale reviviscenza non e’ qui prospettata per l’accordo aziendale del 1974, atteso che parte ricorrente, pur facendo riferimento ad una generica rinegoziazione, nulla ha dedotto circa uno specifico intervento successivo in tema di calcolo del t.f.r.. ( nello stesso senso Cass. 2614/2008).

Con il quinto mezzo ci si duole del ricalcolo degli istituti collaterali anche per il periodo anteriore al 1992.

Il motivo merita accoglimento.

E’ stato infatti piu’ volte affermato, in relazione al computo degli istituti collaterali (tra le tante Cass. n. 6661 del 05/04/2004) che “In tema di lavoro straordinario, la circostanza che esso sia prestato in maniera fissa e continuativa non e’ sufficiente a trasformare la natura della prestazione lavorativa resa oltre l’orario normale in prestazione ordinaria, salvo che, alla stregua di una corretta indagine di fatto riservata al giudice di merito, non risulti una specifica volonta’ delle parti intesa ad ampliare l’orario normale di lavoro conglobandovi lo straordinario fisso e continuativo, nonche’ a trasformare il relativo compenso in retribuzione ordinaria utile ai fini del calcolo delle spettanze la cui quantificazione debba essere effettuata con riferimento ad essa;

ne consegue che, in mancanza della prova di una siffatta deroga pattizia, il compenso per il cosiddetto straordinario fisso non e’ computabile nel calcolo degli istituti indiretti, quali le spettanze per ferie, mensilita’ aggiuntive, festivita’ e riposi settimanali, non esistendo nell’ordinamento un principio generale di onnicomprensivita’ della retribuzione”.

La sentenza impugnata ha invero citato dei principi generali ma non si e’ fatta carico dell’esame della contrattazione collettiva nonche’ dal regolamento del personale, che dedica specifiche norme alle modalita’ di determinazione della tredicesima e quattordicesima mensilita’ e ne fissa il computo in maniera fissa ed invariabile.

Tale difetto di indagine comporta la violazione del canone ermeneutico della valutazione complessiva delle clausole contrattuali (art. 1363 c.c.), che la giurisprudenza di questa Corte ritiene di particolare rilievo nell’interpretazione dei contratti collettivi (nella stesso senso da ultimo 2781/2008 e 2614/2008).

Con il ricorso incidentale condizionato si chiede che il presunto credito dell’Istituto, in forza dell’accordo del 1974, portato in compensazione, venga dichiarato inesistente, ovvero prescritto e che venga dichiarata la decadenza dalla proponibilita’ dell’azione di annullamento.

Il ricorso incidentale, sia pur proposto in via condizionata, e’ inammissibile, per mancanza di soccombenza, giacche’ il lavoratore risulta totalmente vittorioso nel giudizio di merito.

In conclusione, debbono essere rigettati il primo e il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, mentre va accolto il quinto; il ricorso incidentale condizionato va dichiarato inammissibile.

Di conseguenza l’impugnata sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice indicato in dispositivo perche’ proceda a nuovo esame circa i punti sopra indicati e provveda anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

LA CORTE Riunisce i ricorsi, accoglie il quinto motivo del ricorso principale e rigetta gli altri; dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.

Cosi’ deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

 

 

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