Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5867 del 13/03/2014
Civile Ord. Sez. 6 Num. 5867 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CARRATO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 25626/2012 proposto da:
ROMEO BEATRICE (C.F.: RMO BRC 55P56 E0410), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Gregorio Cacciola ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Natale Carbone, in Roma, v. Germanico, n. 172;
– ricorrente —
contro
ROMEO FRANCESCA (C.F.: RMO FNC 49E58 E0410);
– intimata per la cassazione della sentenza n. 353 del 2012 della Corte di appello di Reggio Calabria,
depositata il 17 luglio 2012 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 11 giugno 2013, la
seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione,
1 Data pubblicazione: 13/03/2014 notificato il 22 settembre 2011, la sig.ra Beatrice Romeo conveniva in giudizio, dinanzi alla
Corte d'Appello di Reggio Calabria, la sig.ra Francesca Romeo, proponendo appello
avverso la sentenza del Tribunale di Palmi n. 641/2010. Con tale decisione il giudice adito
aveva annullato, per incapacità di intendere e volere della donante Carmela Saffioti, l'atto
con il quale la stessa aveva donato alla figlia Beatrice Romeo il fabbricato sito in Gioia L'appellante chiedeva, in via preliminare, di essere rimessa in termini ai fini della
presentazione dell'appello, deducendo, come impedimento, il fatto che il procuratore, dal
gennaio all'aprile 2011, era impegnato nell'assistenza continua della moglie affetta da
gravi patologie che aveva richiesto anche frequenti trasferte presso un ospedale romano.
La Corte d'Appello di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando, dichiarava
inammissibile l'appello proposto, condannando l'appellante al pagamento delle spese
processuali.
Avverso detta sentenza la sig.ra Beatrice Romeo proponeva ricorso per cassazione,
notificato il 12 novembre 2012 e depositato il 23 novembre 2012, articolato in un unico
motivo.
L'intimata non svolgeva attività difensiva in questa fase del giudizio.
Ritiene il relatore, che avuto riguardo all'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 n. 5,
c.p.c., sussistono le condizioni per pervenire al rigetto del ricorso per sua manifesta
infondatezza e, quindi, per la sua conseguente definizione nelle forme del procedimento
camerale.
Con l'unico motivo formulato la ricorrente ha denunciato la violazione dell'art. 153 c.p.c., in
relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., per aver il giudice di secondo grado ritenuto non
o
o
applicabile alla fattispecie in esame, ratione temporis, la disposizione di cui al riformato art.
153 c.p.c., sul presupposto che la novella del 2009 sarebbe applicabile ai giudizi instaurati
a decorrere dal 4 luglio 2009.
2 Tauro, condannando la convenuta al pagamento delle spese processuali. Tale doglianza appare, ad avviso del relatore, manifestamente destituita di fondamento.
Infatti, il novellato art. 153 c.p.c., come prescritto dall'ad. 58, comma 1, della legge n.
69/2009, si applica ai giudizi (quindi, a quelli cominciati "ex novo" fin dal primo grado),
instaurati dopo l'entrata in vigore della legge n. 69/2009 (ovvero dal 4 luglio 2009).
Invece, per i giudizi precedenti continua ad applicarsi il vecchio ad. 184 bis c.p.c. risalendo l'instaurazione del giudizio de quo al 2006.
Infatti, la Corte d'Appello di Reggio Calabria, a sostegno della sua decisione, ha
evidenziato che la sentenza impugnata è stata depositata il 17 dicembre 2010 e notificata
il 21 febbraio 2011, con la conseguenza inevitabile della tardività dell'appello, notificato il
22 settembre 2011.
Oltre a ciò, deve evidenziarsi che - secondo l'orientamento consolidato nella
giurisprudenza di questa Code - l'istituto della rimessione in termini, sia nella versione
originaria, che in quella più recente, esige la rigorosa dimostrazione che la decadenza sia
stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore
estraneo alla sua volontà (cfr. Cass. n. 19836 del 2011 e Cass. n. 7003 del 2011).
Orbene, come esattamente rilevato dalla sentenza di secondo grado, dalla
documentazione allegata dall'appellante era risultato che l'impedimento soggettivo dedotto
dall'appellante e riferito al suo difensore (determinato dalle esigenze di assistenza della
moglie del professionista affetta da gravi patologie) era cessato nell'aprile 2011, ragion per
cui sarebbe stato, comunque, impossibile giustificare il decorso di altri cinque mesi prima
della presentazione dell'appello.
Ad ogni modo, l'impedimento dedotto non costituisce una delle ipotesi per le quali è
disposta l'operatività della rimessione in termini, non potendosi qualificare come "caso
fortuito" o "forza maggiore": la necessità di continui controlli presso una struttura
ospedaliera romana non rappresenta un impedimento effettivo e assoluto, essendo,
3 (abrogato dalla citata legge n. 60/2009) - come ha correttamente fatto la Corte territoriale - invero, superabile con l'uso dell'ordinaria diligenza e, in ogni caso, con il conferimento del
mandato professionale forense — per la rappresentanza in appello dell'attuale ricorrente ad altro difensore.
In definitiva, quindi, si riconferma che sembrano emergere le condizioni per procedere
nelle forme di cui all'art. 380-bis c.p.c., ravvisandosi la manifesta infondatezza del motivo Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti
nella relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, il difensore della ricorrente non ha
depositàk memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c. , né è comparso, per la discussione,
all'adunanza camerale;
ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, senza farsi luogo ad
alcuna pronuncia sulle spese della presente fase in difetto dell'espletamento di attività
difensiva da parte dell'intimata.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema
di Cassazione, in data 21 febbraio 2014. formulato, in relazione all'ipotesi enucleata dall'art. 375 n. 5 c.p.c.>>.