Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5866 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5866 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CARRATO ALDO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al N.R.G. 18206/2012 proposto da:
FRANCIA LORETTA (C.F.: FRN LTT 47M42 A271T), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Maurizio Barbieri ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Alessandro Foschiani, in Roma, v. Monte Zebio, n.
32;

– ricorrente —

contro
FRANCIA FRANCA (C.F.: FRN FNC 49A67 A271B), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. Annalisa Galeazzi ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Emanuele Boccongelli, in Roma, corso Trieste, n. 10;
– controricorrente per la cassazione della sentenza n. 900 del 2011 della Corte di appello di Ancona,
depositata il 5 novembre 2011 (e non notificata).
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2014
dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
1

Data pubblicazione: 13/03/2014

preso atto della tardività del deposito della memoria — ai sensi dell’art. 380 bis,
comma 2, c.p.c. — nell’interesse della contro,ricorrente (siccome prodotta in data 17
febbraio 2014);
sentito l’Avv. Maurizio Barbieri, per la ricorrente;
Rilevato che il consigliere designato ha depositato, in data 25 marzo 2013, la

notificato il 12 marzo 2003, la sig.ra Franca Francia conveniva in giudizio, dinanzi al
Tribunale di Ancona, la sorella Loretta Francia per ottenere la divisione, in pari quota, dei
beni immobili e mobili della comunione ereditaria e per il riconoscimento del risarcimento
dei danni dovuti alla perdita di “chance” per mancata vendita, ai prezzi di mercato,
dell’immobile ereditario, sito in Collamato di Fabriano, a fronte di una vantaggiosa offerta
di acquisto asseritamente trascurata dalla sig.ra Loretta.
Quest’ultima, costituitasi in giudizio, aderiva alla domanda relativa alla divisione dei beni
ereditari, previa loro valutazione, e chiedeva che la pretesa risarcitoria fosse respinta per
manifesta infondatezza.
Il Giudice designato presso il Tribunale di Ancona, con sentenza n. 1319/2006, dichiarava
la divisione giudiziale della comunione ereditaria nonché l’inammissibilità della richiesta di
risarcimento della sig.ra Franca Francia, compensando le spese del giudizio.
La sig.ra Loretta Francia, con atto di citazione notificato il 6 febbraio 2007, proponeva
appello avversa detta sentenza, contestando la mancata attribuzione delle quote mediante
estrazione a sorte, secondo quanto disposto dall’art. 729 c.c. .
Si costituiva l’appellata, contestando l’avverso gravame e proponendo appello incidentale.
Con sentenza n. 900/2011, depositata il 5 novembre 2011 e notificata il 25 maggio 2012,
la Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, rigettava sia l’appello
principale che quello incidentale, confermando, per l’effetto, la sentenza di primo grado e
dichiarando compensate le spese del grado.
2

seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.: << Con atto di citazione, Avverso detta decisione la sig.ra Francia Loretta proponeva ricorso per cassazione, depositato il 17 luglio 2012 e notificato il primo agosto 2012, sulla base di due motivi. L'intimata si costituiva con controricorso. Rileva il relatore che, nel caso di specie, sembrano sussistere le condizioni per il rigetto del ricorso, stante la manifesta infondatezza di entrambi i motivi con esso formulati, avuto forme camerali di cui all'art. 380 bis c.p.c. . Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell'art. 729 c.c., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Nello specifico, la sig.ra Francia Loretta ha sostenuto che il Giudice di primo grado aveva insufficientemente motivato l'attribuzione diretta alle parti delle quote ereditarie, in luogo del sorteggio, e che la Corte territoriale aveva meramente citato e fatto proprie le motivazioni del Giudice di prime cure. Tale doglianza appare, ad avviso del relatore, palesemente destituita di fondamento. Infatti, il criterio del sorteggio di cui all'art. 729 c.c. è un principio privo di carattere assoluto, avendo esso, invece, carattere tendenziale e, quindi, derogabile, in base ad una valutazione discrezionale. Questo principio è stato ribadito anche recentemente dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 3461 del 2013), nel senso che "in tema di scioglimento della comunione ereditaria, il criterio dell'estrazione a sorte previsto, nel caso di uguaglianza di quote, dall'ad. 729 cod. civ. a garanzia della trasparenza delle operazioni divisionali contro ogni possibile favoritismo, non ha carattere assoluto, ma soltanto tendenziale, essendo pertanto derogabile in base a valutazioni prettamente discrezionali, che possono attenere non soltanto a ragioni oggettive, legate alla condizione funzionale ed economica dei beni, ma anche a fattori soggettivi di apprezzabile e comprovata opportunità, la cui valutazione è sindacabile in sede di legittimità esclusivamente sotto il 3 riguardo all'art. 375 n. 5 c.p.c., con la conseguente definibilità del procedimento nelle profilo del difetto di motivazione"; in senso conforme, cfr. Cass. n. 1091 del 2007 e Cass. n. 2394 del 2009). Esso è stato condiviso dalla Corte d'Appello, che, perciò, ha ritenuto "legittima la deroga operata dal giudice di primo grado sulla base di fattori soggettivi'. Tale principio va, altresì, correlato con la maggiore discrezionalità, riconosciuta negli ultimi anni dalla giurisprudenza di questa Corte al giudice di merito nell'esercizio del potere di porzioni uguali, discrezionalità che gli consente di derogare alla regola del sorteggio (cfr., ad es., Cass. n. 21319 del 2010, secondo cui "in tema di scioglimento della comunione relativa ad un immobile comodamente divisibile, il giudice di merito gode di un'ampia discrezionalità nell'esercizio del potere di attribuzione delle porzioni ai condividenti, salvo l'obbligo di darne conto in motivazione; nell'esercizio di tale potere discrezionale, egli può considerare anche gli interessi individuali delle parti aventi ad oggetto beni estranei alla comunione - confrontandoli con gli altri interessi rilevanti nella specie - allo scopo di compiere la scelta più appropriata"; in senso conforme cfr. Cass. n. 7588 del 1995; Cass. n. 4013 del 2003; Cass. n. 9848 del 2005; Cass. n. 15079 del 2005; Cass. n. 1091 del 2007; Cass. n. 11641 del 2010). Questo indirizzo, volto a riconoscere più ampi poteri al giudice di merito, è ormai consolidato ed è andato affermandosi, in sostituzione di quello precedente, che, al contrario, poneva rigidi limiti all'operatività della deroga, prevista, infatti, nei soli casi in cui fosse giustificata da motivi concernenti un interesse comune dei condividenti (cfr. Cass. n. 7588 del 1995; Cass. n. 8922 del 1991 e Cass. n. 7716 del 1990). Inoltre, è opportuno ricordare che, la valutazione discrezionale del giudice in sede di legittimità, può essere censurata solo sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. n. 8833 del 2005; Cass. n. 9848 del 2005; Cass. n. 1091 del 2007; Cass. n. 24053 del 2008; Cass. n. 22857 del 2009 e, più recentemente, Cass. n. 11641 del 2010, ad avviso della quale "nell'esercizio del potere di attribuzione dell'immobile ritenuto non comodamente 4 attribuzione delle quote ai condividenti, sia nel caso di porzioni diseguali, sia nel caso di divisibile, il giudice non trova alcun limite nelle disposizioni dettate dall'art. 720 cod. civ., da cui gli deriva, al contrario, un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnarlo, potere che trova il suo temperamento esclusivamente nell'obbligo di indicare i motivi in base ai quali ha ritenuto di dover dare la preferenza all'uno piuttosto che all'altro degli aspiranti all'assegnazione - così esaminando i di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, a condizione che sia adeguatamente e logicamente motivato"). Orbene, nel caso in esame, non sussiste un vizio motivazionale, in quanto il ragionamento logico espresso dalla Corte d'Appello, a conferma di quello adottato dal Giudice di prime cure, si fonda su un attento esame degli atti di causa e dei documenti depositati, nel pieno rispetto dei principi fissati dalla richiamata giurisprudenza di legittimità. Con il secondo motivo formulato la ricorrente ha prospettato la violazione o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 2702 c.c., 2727 c.c. e 2729 c.c., oltre che l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Nel dettaglio, la stessa ha assunto che la Corte territoriale, nel richiamare le missive della sig.ra Loretta Francia contenenti definizioni bonarie che prevedevano l'assegnazione dell'immobile di Ancona alla sorella Franca, aveva valutato in modo inesatto la volontà della sig.ra. Loretta. Anche tale doglianza appare manifestamente infondata. Infatti, il Giudice di primo grado ed, in modo analogo, il Giudice di appello, hanno emanato la loro decisione, fondandosi sia sulle risultanze della relazione del c.t.u., sia esaminando la documentazione depositata in giudizio; in particolare, risulta evidenziato che, nella lettera (prodotta agli atti) del 9 dicembre 2002, si evinceva che la sig.ra Loretta Francia aveva manifestato un effettivo interesse a diventare "unica proprietaria della Casa di 5 contrapposti interessi dei condividenti in proposito - e si risolve in un tipico apprezzamento Collamato" e della "campagna con tutte le cose in esse contenute", lasciando alla sorella Franca la casa di Ancona, di cui sarebbe diventata unica proprietaria. Inoltre, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale con l'illustrazione di una motivazione logica ed adeguata (e, perciò, incensurabile in questa sede), la sig.ra Loretta non intendeva contestare, nel merito, l'attribuzione delle quote operata dal primo giudice, quota alla controparte; peraltro, neppure aveva inteso contestare i motivi che portavano la sorella Franca a preferire una quota ereditaria rispetto all'altra. Infatti, già il Giudice di prime cure aveva rilevato che la sig.ra Loretta non aveva inteso eccepire alcunché al riguardo. In definitiva, si riconferma che, nel caso di specie, sembra ravvisarsi l'emergenza delle condizioni per il rigetto del ricorso, stante la manifesta infondatezza del motivo con esso formulato, in relazione all'ipotesi prevista dall'art. 375 n. 5 c.p.c., donde la sua definibilità nelle forme del procedimento camerate ex art. 380 bis c.p.c. >>.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella
relazione di cui sopra, avverso la quale, peraltro, il difensore della ricorrente non ha
depositato alcuna memoria finale ai sensi dell’art. 380 bis, comma 2, c.p.c. e senza che,
all’esito della discussione orale camerate, siano risultate apportate nuove argomentazioni
sul piano giuridico tali da essere idonee a confutare il contenuto della relazione stessa;

ritenuto che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente
condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nei
sensi di cui in dispositivo, sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di
legittimità dal D.M. Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù
dell’art. 41 dello stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).

P.Q.M.

6

né censurare specificamente la motivazione con cui lo stesso aveva assegnato la prima

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI Sezione civile della Corte Suprema

di Cassazione, in data 21 febbraio 2014.

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