Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5863 del 11/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 11/03/2010), n.5863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

e contro

B.L., M.P., B.F., P.

M., PE.MA., Z.E.;

– intimati –

e sul ricorso n. 5902/2006 proposto da:

P.M., Z.E., M.P., tutti

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio

dell’avvocato COSSU BRUNO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato BERTI PAOLO, giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 15/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 05/01/2005 R.G.N. 339/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni;

udito l’Avvocato GIOVANNI GIUSEPPE GENTILE per delega PESSI ROBERTO;

udito l’Avvocato BOMBOI SAVINA per delega COSSU BRUNO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito il ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con pronunzia del Tribunale di Venezia veniva dichiarata la nullità dell’apposizione del termine all’assunzione di B.L., M.P., B.F., P.M., Pe.Ma.

e Z.E., dipendenti della Poste Italiane s.p.a., con declaratoria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con condanna del datore al pagamento delle retribuzioni arretrate.

Proposto appello da Poste Italiane, la Corte d’appello di Venezia con sentenza 26.10.04 – 5.1.05 rigettava l’impugnazione. Considerato che i contratti erano stati stipulati in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo sindacale 25.9.07, la Corte di merito rilevava che il datore di lavoro – a tanto onerato dalla L. n. 230 del 1962, art. 3 – non aveva dato prova delle esigenze legittimanti l’apposizione del termine e che, in ogni caso, le assunzioni motivate da esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione aziendale erano da ritenere ammesse fino alla data del 30.4.98. Riteneva, pertanto, che i lavoratori avessero diritto alla riammissione in servizio ed alle retribuzioni maturate successivamente alla cessazione del contratto a termine, con decorrenza dalla data di costituzione in mora, fissata al momento della comparizione dinanzi alla Commissione provinciale per il tentativo obbligatorio di conciliazione.

Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per Cassazione, cui rispondevano con controricorso e ricorso incidentale condizionato solamente P., Z. e M.. Ha depositato memoria la ricorrente Poste Italiane.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanni riuniti i ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Poste Italiane s.p.a. ha depositato una dichiarazione, debitamente sottoscritta dal proprio procuratore e dal suo difensore, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., comma 2, con la quale essa rinuncia al ricorso nei confronti di B.L., B.F. e Pe. per intervenuta transazione in sede sindacale. Essendo stata la dichiarazione notificata alle controparti ai sensi del citato art. 390 c.p.c., comma 3 il giudizio deve essere dichiarato estinto nei confronti dei predetti ai sensi dell’art. 391 c.p.c..

Non essendosi i dipendenti difesi nel giudizio di legittimità, nulla deve disporsi in punto di spese.

Agli atti è depositato anche un verbale di conciliazione in sede sindacale del (OMISSIS) dal quale risulta che M. ha raggiunto con la controparte un accordo transattivo concernente la controversia de qua e che le parti si danno atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che – in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.

L’accordo comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione, tanto per quel che riguarda il ricorso principale che per l’incidentale condizionato di M., ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo. Alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.u. 29.11.06 n. 25278).

In ragione del tenore dell’atto di conciliazione, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra Poste Italiane e M. le spese del giudizio di cassazione.

Passando alle residue posizioni, deve rilevarsi che P. e Z. furono assunti con contratti a termine – P. per il periodo 13.10.99 – 8.4.00 e Z. per il periodo 11.4 – 30.6.00 – ai sensi dell’art. 8 del ccnl 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

La soc. Poste con il ricorso deduce nei loro confronti:

1) (primo motivo) carenza di motivazione in quanto il giudice di merito prima riconoscerebbe e poi negherebbe la pienezza dell’autonomia delle parti sociali in relazione alla delega L. n. 56 del 1987, ex art. 23 affermando che è comunque richiesta la prova delle esigenze eccezionali e non tenendo conto che la delega conferita ex lege alla contrattazione collettiva non incontra limiti;

2) (secondo motivo) carenza di motivazione e violazione dello stesso art. 23, ove interpretato nel senso di consentire la delimitazione temporale al 30.4.98 della delega alla contrattazione collettiva in quanto la norma consente al contratto collettivo di legittimare il termine per qualunque situazione di fatto, anche di durata indeterminata, senza che il giudice possa sindacarne l’opportunità;

3) (terzo motivo) violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 8 del c.c.n.l. 26.11.94 e dell’accordo collettivo del 1997, in quanto la contrattazione collettiva può stabilire nuove ipotesi di apposizione del termine senza sottostare a condizionamenti preventivi o temporali, in particolare censurandosi l’omessa considerazione dell’addendum di proroga dell’accordo collettivo del 1997 fino al 31.12.98;

4) (quarto motivo) violazione degli artt. 1206, 1219, 2099 e 2697 c.c., nonchè della L. n. 230 del 1962, art. 1 sottolineandosi in subordine che, decorrendo la mora accipiendi dall’offerta della prestazione e non potendo considerarsi tale la notifica della richiesta di tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c., sarebbe mancata la prova della messa a disposizione della prestazione.

In via incidentale i due controricorrenti, per il caso di accoglimento del ricorso principale, lamentano il mancato esame da parte del giudice di merito di un ulteriore motivo di nullità del termine, costituito dalla mancanza dell’atto scritto.

Ai fini dell’esame dei primi tre motivi del ricorso principale, da trattare in unico contesto in ragione del loro evidente collegamento, è necessario premettere un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in punto di rapporti tra la L. n. 56 del 1987, art. 23 e la contrattazione collettiva regolatrice del rapporto di lavoro dei dipendenti postali.

La costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 26.7.04 n. 14011, 7.3.05 n. 4862), specificamente riferita ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, ritiene che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 56 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

Questa Corte (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378), ha confermato le sentenze dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti stipulati in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che ha consentito l’apposizione del termine, oltre che alle fattispecie già previste dall’art. 8 del ccnl 26.11.94, anche nella evenienza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione ecc…. Si è ritenuto, infatti, che la L. 28 febbraio 87, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonchè del D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v.

S.u. 2.3.06 n. 4588).

Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data (OMISSIS), ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di cui al citato accordo integrativo, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato. Da ciò deriva che deve escludersi la legittimità dei contratti a termine stipulati per il soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. dopo il 30 aprile 1998, in quanto privi di presupposto normativo.

La giurisprudenza ha, altresì, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volontà delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioè quando il diritto del soggetto si era già perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione è comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Il giudice di merito, pur premettendo l’affermazione – qui irrilevante – che Poste Italiane era onerata della prova delle condizioni che legittimavano l’apposizione del termine, ha fatto applicazione dei suddetti principi e, considerato che i contratti in considerazione erano motivati dal soddisfacimento di esigenze eccezionali ecc. ed erano riferiti a periodo successivo al 30.4.98, per entrambe ha ritenuto nullo il termine ad esso apposto ed ha dichiarato che dall’inizio dello stesso, sempre per entrambe, decorre il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

La sentenza impugnata, inoltre, non ha tralasciato di tener conto del c.d. addendum all’art. 7 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, stipulato in data (OMISSIS) (con il quale le parti si erano date atto che le assunzioni a tempo parziale disposte in virtù dell’accordo del 25 settembre 1997 sarebbero state effettuate fino a tutto il 31 dicembre 1998), ponendone in evidenza, sulla base del corretto criterio ermeneutico della considerazione del testo letterale, l’inapplicabilità al caso di specie, essendo esso riferibile solamente ai contratti part – time.

Essendo tale pronunzia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, i primi tre motivi del ricorso principale debbono essere rigettati.

E’ infondato anche il quarto motivo del ricorso principale, quanto ai profili economici conseguenti all’illegittimità del termine. Al riguardo la Corte d’appello ha affermato che il lavoratore ha diritto alla retribuzione solo per i periodi per i quali ha provato di essersi tenuto a disposizione della società ed ha condannato quest’ultima a corrispondere la retribuzione dalla data della costituzione in mora.

Tale pronunzia è conforme alla giurisprudenza di questa Corte (cfr.

Cass. S.u. 8.10.02 n. 14381 nonchè, da ultimo, Cass. 13.4.07 n. 8903) che, con riferimento all’ipotesi della trasformazione in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di più contratti a termine succedutisi tra le stesse parti, per effetto dell’illegittimità dell’apposizione dei termini, o comunque dell’elusione delle disposizioni imperative della L. n. 230 del 1962 ha affermato che il dipendente che cessa l’esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto può ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilità della prestazione derivante dall’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla – in linea generale in misura corrispondente a quella della retribuzione – qualora provveda a costituire in mora lo stesso datore di lavoro ai sensi dell’art. 1217 c.c..

In conclusione, deve essere rigettato integralmente il ricorso principale nei confronti di P. e Z., con assorbimento dell’incidentale dagli stessi proposto.

Per le posizioni non definite stragiudizialmente le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi e così provvede:

– rigetta il ricorso principale nei confronti di P. e Z. e, assorbito l’incidentale, condanna la ricorrente alle spese in favore dei medesimi nella misura complessiva di Euro 22,00 per esborsi e di Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa;

– dichiara estinto il giudizio nei confronti di B.L., B.F. e Pe.Ma., nulla disponendo al riguardo per le spese;

– dichiara inammissibili il ricorso proposto nei confronti di M. e l’incidentale proposto da quest’ultimo con compensazione delle spese.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2010

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