Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5863 del 08/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 08/03/2017, (ud. 06/12/2016, dep.08/03/2017),  n. 5863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2804-2011 proposto da:

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO

CATALANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LORELLA FRASCONA’, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

HELFIN S.P.A., C.F. (OMISSIS), già HELVI S.P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso lo studio

dell’avvocato DONATELLA MARIA INES GEROMEL, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO DAL FERRO giusta delega in

calce all’atto di comparsa di costituzione;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 263/2010 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 18/10/2010 R.G.N. 564/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE;

udito l’Avvocato CATALANO GIANDOMENICO;

udito l’Avvocato DEL FERRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza del 23 aprile 2010, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Vicenza di accoglimento della domanda di Helvi s.p.a, ora Helfin s.p.a., volta a contestare la riclassificazione operata dall’INAIL a seguito di accertamento ispettivo e la legittimità della consequenziale cartella esattoriale opposta dalla Società. In particolare, ha ritenuto che sia la produzione di saldatrici che quella di carica batterie dovessero ricondursi alla voce di tariffa n. 6561, avente ad oggetto la costruzione di apparecchi elettrici ed elettromagnetici, laddove l’INAIL aveva confermato l’inquadramento tariffario appena citato relativamente alla sola produzione dei carica batterie e non delle saldatrici che era stata, invece, ricondotta alla voce di tariffa n. 6321.

2. La Corte territoriale ha rilevato che dagli accertamenti tecnici compiuti in primo grado e dallo stesso parere reso dal servizio Contarp il 25 maggio 2001 si evinceva che nel procedere alla classificazione l’INAIL aveva fatto riferimento alle caratteristiche di utilizzazione di ciascun prodotto e non alle caratteristiche di lavorazione dei prodotti medesimi ed ha espresso il convincimento di correttezza della sentenza di primo grado, peraltro confortata dalla giurisprudenza di legittimità.

3. Avverso la sentenza ricorre l’INAIL formulando due motivi. Helfin s.p.a. ha depositato comparsa di costituzione con procura speciale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione l’INAIL lamenta difetto di motivazione ai sensi del testo previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto, pur non essendo controverso il contenuto delle attività svolte, la Corte d’appello avrebbe erroneamente interpretato il parere del servizio Contarp richiamato, solo in parte, in sentenza. Dallo stesso si evinceva, infatti, che la classificazione operata era dipesa dall’esame del processo di lavorazione e non del prodotto, come imposto dalla Tariffa dei premi Inail.

2. Il motivo è infondato. Deve, infatti, rilevarsi che il vizio di motivazione denunciabile come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo, qui applicabile, vigente anteriormente alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012) può concernere esclusivamente l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l’interpretazione e l’applicazione delle norme giuridiche (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 261/2003; 21712/2004), laddove, con il motivo in esame, in larga parte vengono sollevati rilievi pretesamente pertinenti alla corretta interpretazione, nella loro correlazione, delle varie voci tariffarie. Va inoltre considerato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie. Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibili tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 824/2011; 13783/2006; 11034/2006; 4842/2006; 8718/2005; 15693/2004; 2357/2004; 16063/2003; 12467/2003; 3163/2002).

Nel caso in esame la sentenza impugnata ha esaminato le circostanze rilevanti ai fini della decisione. E’ partita dai rilievi fattuali svolti dal CTU di primo grado e, tenendo conto che secondo la tesi dell’Inail – la pretesa qualificazione della saldatrice come macchina operatrice discenderebbe dalla maggiore complessità della produzione delle saldatrici rispetto alla produzione dei carica batteria, ha ritenuto che in realtà entrambi i cicli produttivi si risolvano nell’inserimento di componenti all’interno di un contenitore di lamiera. La Corte d’appello, inoltre ha ravvisato conferma di tale circostanza anche in un passaggio del parere del servizio Contarp che dava atto che entrambi i prodotti obbedivano ” ad un ciclo produttivo similare” e che si classificavano per uno ” scopo applicativo ben differente”. In tal modo, al di là di talune valutazioni su alcuni precedenti di questa Corte non essenziali per sostenere la motivazione, la sentenza impugnata ha svolto un iter argomentativo esaustivo, coerente con le emergenze istruttorie acquisite e immune da contraddizioni e vizi logici; le osservazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole, che, quale espressione di una potestà propria del giudice del merito, non può essere sindacata nel suo esercizio (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 14212/2010; 14911/2010).

3. Con il secondo motivo l’INAIL lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 delle Modalità per l’applicazione della tariffa, relative sia al D.M. Ministero del lavoro 18 giugno 1988 che al D.M. Ministero del Lavoro 12 dicembre 2000, in relazione al disposto del t.u. n. 1124 del 1965, artt. 1, 39 e 41. In particolare, ad avviso dell’Istituto, la sentenza impugnata non avrebbe interpretato correttamente il quadro normativo derivante dalle disposizioni richiamate recependo l’erronea ricostruzione operata dal c.t.u. di primo grado e non effettuando la corretta operazione di riconduzione dell’attività di produzione delle saldatrici nell’attività di produzione di “macchina operatrice”. La Corte avrebbe dovuto escludere, dunque, l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 7 delle Modalità di applicazione delle tariffe che si giustifica solo quando non si rinviene la voce specifica nella tariffa.

3.1. Il motivo è infondato. Osserva il Collegio che la censura deve ritenersi ammissibile, posto che il D.M. 18 giugno 1988, emanato in attuazione della delega contenuta nel D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 40 e il D.M. 12 dicembre 2000, emanato in attuazione della delega contenuta nel D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 3 sono dotati di rilevanza normativa esterna e sono, pertanto, suscettibili di esame diretto da parte del giudice di legittimità (cfr. Cass. n. 16586/2010).

3.2.Giova premettere che, secondo quanto recentemente ribadito da questa Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 25020 del 2014; Cass. n. 15079 del 2016), il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 40, comma 1, prevede che le tariffe dei premi e dei contributi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le relative modalità di applicazione sono approvate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale su delibera dell’INAIL. In attuazione di tale norma, nel corso del tempo le suindicate tariffe sono state via via approvate con D.M. 10 dicembre 1971, D.M. 14 novembre 1978, D.M. 18 giugno 1988, e D.M. 12 dicembre 2000, (quest’ultimo conseguente all’emanazione del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, innovativo del D.P.R. n. 1124 del 1965 e poi aggiornato nei contenuti all’anno 2010). Nei suddetti decreti ministeriali sono state indicate le tabelle di classificazione delle diverse lavorazioni con i corrispondenti tassi di tariffa e sono state anche emanate le disposizioni sulle “Modalità per l’applicazione delle tariffe” (MAT). I principi fondamentali (che rilevano per il presente giudizio) cui si ispira la normativa sono i seguenti:

a) “le tariffe dei premi sono ordinate secondo una classificazione tecnica di lavorazioni divise in dieci grandi gruppi, di norma articolati in gruppi, sottogruppi e voci” (art. 1, comma 2, MAT cit. e D.M. 18 giugno 1988 cit., art. 1);

b) “agli effetti delle tariffe, per lavorazione si intende il ciclo di operazioni necessario perchè sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purchè svolte dallo stesso datore di lavoro ed in connessione operativa con l’attività principale, ancorchè siano effettuate in luoghi diversi” (art. 2 tariffe D.M. 18 giugno 1988 e 4 MAT D.M. 12 dicembre 2000).

Questa Corte (Cass. n. 11071/2004) ha, dunque, precisato che:

ai fini dell’applicazione della tariffa dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali si deve tener conto delle caratteristiche tecniche delle lavorazioni svolte dall’impresa assicurante in relazione al rischio ad esse proprio, senza che rilevi il prodotto finale ossia la caratteristica merceologica del prodotto finito, mentre ben può assumere rilevanza la materia prima adoperata, necessariamente influente sul processo di lavorazione (Cass. 26 agosto 1992 n. 9861, 1″ marzo 1999 n. 1709, 13 agosto 1997 n. 7576, 15 giugno 1998 n. 5958, 3 agosto 2000 n. 10207, 13 dicembre 2000 n. 15686);

– anche quando la giurisprudenza di questa Corte parla di caratteristiche del bene prodotto (Cass. 26 marzo 2003 n. 4512), essa si riferisce ad elementi differenziali idonei ad influire sul processo di lavorazione e sul relativo rischio infortunistico;

– la disciplina legale del rapporto assicurativo INAIL è ispirata alla necessaria corrispondenza tra l’entità del premio pagato dal datore di lavoro e l’esposizione del lavoratore al rischio, corrispondenza che deve improntare l’interpretazione della tariffa nelle ipotesi dubbie, ancorchè su tale rapporto eserciti notevole influenza il principio di mutualità tra imprese assicuranti (cfr., per tutte, Cass. S.U. 7853/2001 e successive conformi).

3.3. La questione ora in esame concerne le modalità di inquadramento della produzione delle saldatrici prodotte dalla Helfin s.p.a. Il procedimento di riconduzione di una lavorazione alla voce di tariffa n. 6321 presuppone che si tratti di attività di produzione di ” macchine operatrici (macchine utensili fisse e portatili, macchine da lavoro fisse e semoventi, macchine speciali per ogni genere di attività industriale o agricola)”.

3.4 Questa Corte (Cass. n. 4512/2003) ha, nell’interpretare la voce tariffaria in esame, precisato che l’attributo “operatrici”, utilizzato nella voce n. 6321, trova specificazione negli ulteriori riferimenti, ivi contenuti, alle macchine “utensili” e alle macchine “da lavoro” fisse e semoventi. La nozione fisica e tecnica di macchina operatrice, all’interno della più ampia categoria di “macchina” e cioè di dispositivo capace di trasformare energia in lavoro, lavoro in energia o lavoro in lavoro, si correla alla nozione di macchina che si serve del lavoro meccanico erogato da una macchina motrice per attuare le operazioni richieste dall’industria, dall’agricoltura ecc. E’, dunque, l’utilizzazione del lavoro meccanico che caratterizza, secondo la definizione scientifica, la macchina operatrice. Ne deriva che essenziale elemento di individuazione della categoria sta nella circostanza che si tratti di manufatti capaci di operare autonomamente, trasformando il lavoro meccanico erogato da una macchina motrice in operazioni specifiche. Del resto, così interpretata la tariffa riflette la nozione scientifica di “macchina operatrice”, dalla quale non v’è ragione di ritenere che un testo di natura anche tecnica, quale la tariffa è, abbia inteso allontanarsi.

3.5. La suddetta caratteristica consente, poi, facilmente di differenziare le lavorazioni indicate nella voce in esame da quelle della voce 6561, per la parte che qui interessa, vale a dire quella relativa alla costruzione di: componenti di impianti elettrici (interruttori, sezionatori, scaricatori, contattatori, relè, accumulatori, pile, elettromagneti, ecc.); spinterogeni, candele per motori,ecc.; apparecchi radiologici e apparecchi terapeutici; quadri elettrici di sezionamento, protezione, misura, segnalazione, comando e controllo; cabine elettriche prefabbricate. Infatti, in tali tipologie di prodotti risulta assente la caratteristica dell’utilizzazione del lavoro meccanico al fine della trasformazione del calore in lavoro secondo i principi della termodinamica.

4. La voce si riferisce in sostanza a manufatti che hanno in comune la caratteristica di utilizzare o produrre energia termica. Non va trascurato al riguardo che nella stessa voce n. 6561 si fa riferimento alle lavorazioni riguardanti le cabine elettriche, dimostrazione che all’applicazione di tale regime tariffario non è d’ostacolo la capacità di trasformazione, conversione, regolazione o smistamento dell’energia elettrica, tipica delle cabine: tale capacità non la trasforma in macchina operatrice, nel senso proprio della voce n. 6321, proprio perchè in realtà essa non sfrutta o produce energia meccanica. Da ultimo, concorre all’ applicabilità alla lavorazione in questione della voce di tariffa n. 6561 la circostanza che, secondo l’accertamento del Tribunale fatto proprio dalla sentenza impugnata coerentemente con le risultanze della c.t.u., sia sotto il profilo del ciclo operativo che dal punto di vista del rischio delle lavorazioni, la costruzione della saldatrice in questione non si differenzia da quella dei carica batteria, cui si dedicavano indifferentemente le maestranze della società Helfin s.p.a, e che, pacificamente, era tariffata secondo la voce n. 6561.

5. In definitiva il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo tenendo conto che la difesa della parte intimata è stata limitata alla sola discussione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INAIL alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore di Helfin s.p.a., che liquida in complessivi Euro 1.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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