Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5863 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 03/03/2021), n.5863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26853-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

RISORSE IMMOBILIARI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 32, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPADA, rappresentata e difesa

dall’avvocato SEBASTIANO SALLEMI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1388/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA SICILIA, SEZ. DISTACCATA di CATANIA, depositata il

05/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 21/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

Con sentenza nr. 1388/2019 la CTR della Sicilia, sez. distaccata di Catania, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei riguardi della sentenza della CTP di Catania con cui era stato accolto il ricorso della società leasint s.p.a. avverso l’avviso di accertamento mediante il quale l’Ufficio recuperava una maggiore Iva per Euro 620.000.000,00.

Rilevava che in caso di tributi armonizzati nell’ambito dei quali rientrava l’Iva l’Amministrazione era obbligata ad attivare il contraddittorio endoprocedimentale in mancanza del quale l’atto diviene invalido semprechè il contribuente provveda ad enunciare le ragioni che avrebbe potuto far valere nella fase precontenziosa e l’opposizione non si riveli pretestuosa.

Avverso tale pronuncia l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi cui resiste la contribuente con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

Considerato che:

Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si lamenta infatti che la CTR, dopo aver correttamente ricostruito gli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, si sarebbe limitata a disporre l’annullamento dell’avviso impugnato senza adempiere all’obbligo di vagliare il valore delle argomentazioni della parte ricorrente.

Con il secondo motivo la ricorrente ripropone il motivo sul piano del vizio di omesso esame ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che la CTR avrebbe annullato l’avviso per l’omissione del contraddittorio preventivo senza motivare in ordine all’assolvimento dell’onere da parte della contribuente (cd prova di resistenza) attestandosi poi “su argomenti formali”.

Il primo ed il secondo motivo vanno esaminati congiuntamente, in quanto fra loro strettamente connessi. Sono entrambi infondati.

Osserva preliminarmente la Corte che il vizio di motivazione rilevante come motivo di cassazione è stato oggetto di un considerevole ridimensionamento a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile ratione temporis al ricorso qui in esame). La norma “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053).

Inoltre questa Corte ha ribadito anche di recente (Cass. Sez. 5 Num. 4681 21 febbraio 2020) il principio di diritto che: il “fatto” considerato dalla legge è un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (Cass. n. 21152/2014). Esso deve essere decisivo, per cui per potersi configurare il vizio di cui all’art. 365 c.p.c., n. 5, è necessario che la sua assenza avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. n. 28634/2013; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 24092/2013; Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 3668/2013; Cass. n. 14973/2006). Non presentano queste caratteristiche le circostanze indicate in ricorso, che costituiscono, più che un “fatto”, delle argomentazioni difensive, ritenute dal giudice di merito subvalenti, e la cui asserita decisività non corrisponde ad un giudizio di certezza, nel senso sopra precisato.

La CTR sulla scorta dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, ha spiegato le ragioni per le quali, a suo avviso, il contraddittorio endoprocedimentale in caso di tributi armonizzati, fosse da ritenere obbligatorio.

Il terzo motivo è fondato e va accolto.

Le Sezioni unite di questa Corte nella nota sentenza n. 24823 del 2015, nel “definire la concreta portata del principio, secondo cui la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione fiscale determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento “avrebbe potuto comportare un risultato diverso””, – hanno affermato che esso va “inteso nel senso che l’effetto della nullità dell’accertamento si verifichi allorchè, in sede giudiziale, risulti che il contraddittorio procedimentale, se vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragion d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e, dunque, non puramente fittizi o strumentali.

Più in particolare, deve, dunque, affermarsi che in relazione ai tributi “armonizzati”, affinchè il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determini la nullità del provvedimento conclusivo del procedimento impositivo, non è sufficiente che, in giudizio, chi se ne dolga si limiti alla relativa formalistica eccezione, ma è, altresì, necessario che esso assolva l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato (cfr. Cass. 11453/14, 25054/13, ss.uu. 20935/09), e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali l’ordinamento lo ha predisposto (Cass., ss.uu., 9935/15, 23726/07; Cass. 1271/14, 22502/13)” (Cass., sentenza Sez. U. citata, par. 3.2.).

Da tale principio consegue la necessità che sulla c.d. prova di resistenza il giudice effettui la verifica in concreto e ne dia contezza in motivazione con argomentazioni specifiche.

Verifica che nella specie è del tutto mancata essendosi la CTR limitata alla mera enunciazione astratta dei principi espressi in proposito da questa Corte senza accertare in concreto le ragioni che la contribuente avrebbe fatto valere nella sede precontenziosa ed il carattere non pretestuoso dell’iniziativa giudiziaria

La motivazione posta a sostegno della decisione deve ritenersi gravemente carente e al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830-01), in quanto i giudici di merito in punto di verifica della non pretestuosità delle ragioni di opposizione addotte dalla società contribuente, si sono limitati ad enunciare i principi di diritto senza specificare quali “circostanze di fatto” la società contribuente aveva addotto nella sua difesa nel merito, mentre nessun rilievo avrebbe potuto attribuirsi agli orientamenti giurisprudenziali richiamati dalla contribuente.

In definitiva, nel formulare una statuizione meramente assertiva, in cui si risolvono le affermazioni sopra trascritte, i giudici di appello omettono di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali elementi ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata.

E’ noto che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (che sembra potersi ritenere mera ipotesi di scuola) o quelle che presentano un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e che presentano una “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (cfr. Cass. S.U. n. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 21257 del 2014), ma anche quelle che, come nel caso in esame, contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perchè dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire “di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato” (cfr. Cass. n. 4448 del 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un “ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo”, logico e consequenziale, “a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi” (Cass. cit.; v. anche Cass., Sez. un., n. 22232 del 2016 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Deve quindi ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo – quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017; Cass. 2020 9566).

Da quanto detto consegue che il ricorso va accolto in relazione al terzo motivo rigettati i primi due e la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa alla competente CTR per nuovo esame e per la regolamentazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo e secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. distaccata di Catania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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