Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 586 del 15/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2010, (ud. 05/11/2009, dep. 15/01/2010), n.586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Fallimento SE.GE.DA. s.r.l., in persona del curatore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale America n. 11, presso l’avv. BIANCOLILLO

Massimo, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 400/34/06, depositata il 18 gennaio 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5

novembre 2009 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’avv. Biancolillo per il controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 400/34/06, depositata il 18 gennaio 2007, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio per tardività, avendo il giudice a quo ritenuto che, in virtù della L. n. 289 del 2002, i termini erano sospesi fino al 1 giugno 2004, e quindi l’appello doveva essere spedito entro il 16/07/05 mentre è stato spedito, come risultante in atti, in data 20/07/05 e pertanto fuori termine.

Il Fallimento della contribuente SE.GE.DA. s.r.l. resiste con controricorso.

2. Con il primo motivo, la ricorrente pone il quesito se, in caso di variazione del domicilio eletto non notificata nelle forme previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, la notifica dell’atto di appello si possa considerare perfezionata – e quindi idonea ad evitare la decadenza correlata all’inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica andava effettuata – ove eseguita nel domicilio eletto come risultante in atti, ancorchè il perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, mediante consegna nel domicilio reale di quest’ultimo, sia avvenuta fuori dal termine perentorio entro il quale la notifica andava effettuata.

Con il secondo motivo, poi, si chiede a questa Corte se, in caso di variazione del domicilio eletto non resa nota nelle forme previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 1, la notifica dell’atto di appello eseguita nel domicilio risultante in atti si debba considerare inesistente ovvero nulla, e come tale suscettibile di rinnovazione in applicazione dell’art. 291 c.p.c..

3. Il ricorso – il quale, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, è tempestivo, essendo stato consegnato all’ufficiale giudiziario l’ultimo giorno utile – appare manifestamente infondato sotto entrambi i profili.

In primo luogo, infatti, costituisce orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale, nel processo tributario, le variazioni del domicilio eletto o della residenza o della sede, a norma del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 17, comma 1, sono efficaci nei confronti delle controparti costituite dal decimo giorno successivo a quello in cui sia stata loro notificata la denuncia di variazione; tale onere di notificazione, tuttavia, è previsto per il domicilio autonomamente eletto dalla parte, mentre l’elezione del domicilio dalla medesima parte operata presso lo studio del procuratore ha la mera funzione di indicare la sede dello studio del procuratore medesimo: in tale caso il difensore domiciliatario non ha l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo del proprio studio ed è onere del notificante di effettuare apposite ricerche per individuare il nuovo luogo di notificazione, ove quello a sua conoscenza sia stato mutato, dovendo la notificazione essere effettuata al domicilio reale del procuratore, anche se non vi sia stata rituale comunicazione del trasferimento alla controparte, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 3 (Cass. nn. 26313 del 2005, 2776 del 2009).

Ciò posto, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente affermato il principio secondo cui in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione. Ove, peraltro, la notifica in detti luoghi abbia avuto ugualmente esito negativo per caso fortuito o forza maggiore (per la mancata od intempestiva comunicazione del mutamento del domicilio o per il ritardo della sua annotazione ovvero per la morte del procuratore o, comunque, per altro fatto non imputabile al richiedente attestato dall’ufficiale giudiziario), il procedimento notificatorio, ancora nella fase perfezionativa per il notificante, può essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem, corredata dall’attestazione dell’omessa notifica, di fissazione di un termine perentorio per il completamento della notificazione (Cass., Sez. Un., n. 3818 del 2009).

Poichè, pertanto, nella fattispecie, la notificazione dell’atto di appello, come è pacifico in causa, è stata tentata una prima volta in tempo utile il 13 luglio 2005, ma ha avuto esito negativo per avvenuto trasferimento del procuratore, mentre la seconda notificazione è avvenuta il 20 luglio 2005, cioè fuori termine, senza che l’attuale ricorrente abbia previamente proposto, secondo l’insegnamento delle Sezioni unite sopra riportato, istanza al giudice d’appello di fissazione di un termine per il completamento del procedimento notificatorio, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio, in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state presentate conclusioni scritte, mentre ha depositato memoria il controricorrente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, ribadisce preliminarmente la tempestività del ricorso per cassazione (nuovamente contestata dal Fallimento nell’anzidetta memoria), poichè, a prescindere dal rilievo da attribuire – nel computo del termine lungo ex art. 327 c.p.c. – al fatto che il mese di febbraio 2008 avesse 29 giorni, è assorbente considerare che, contrariamente a quanto afferma il controricorrente, la sospensione feriale dei termini processuali non consta di 45 giorni, bensì di 46 (1 agosto – 15 settembre), con la conseguenza che il giorno 4 marzo 2008, a fronte del deposito della sentenza avvenuto il 18 gennaio 2007, costituiva comunque, come esattamente detto nella relazione, l’ultimo giorno utile per la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario;

che, quanto al merito del ricorso, ribadito preliminarmente il principio affermato dalle sopra citate sentenze di questa Corte nn. 26313/05 e 2776/09, va tuttavia rilevato che, successivamente alla pronuncia delle Sezioni unite citata in relazione, le stesse Sezioni unite, nuovamente intervenendo sulla questione de qua, hanno affermato il principio secondo il quale, in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie (Cass., Sez. un., n. 17352 del 2009);

che, pertanto, alla luce di tale più recente orientamento – che il Collegio condivide -, si deve ritenere che nella fattispecie l’Ufficio appellante abbia provveduto a riattivare il procedimento notificatorio in tempi assolutamente contenuti (sette giorni) rispetto all’esito negativo del primo tentativo di notifica, con conseguente tempestività dell’appello;

che, in conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi al detto principio, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2010

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