Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5858 del 08/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/03/2017, (ud. 02/12/2016, dep.08/03/2017),  n. 5858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6772-2011 proposto da:

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PARMA C.F. (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, V.LE PARIOLI 180, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO

LUIGI BRASCHI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIORGIO PAGLIARI, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

M.S. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1266/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/09/2010 r.g.n. 1181/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. BOGHETICH ELENA;

udito l’Avvocato FRANCESCO LUIGI BRASCHI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO RICCARDO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il Dott. M.S. ha chiesto al Tribunale di Parma l’accertamento nei confronti dell’A.S.L. di Parma del suo diritto, in qualità di medico – convenzionato con il servizio sanitario nazionale, di rimanere in servizio fino al compimento di 72 anni di età, avendo ricevuto espresso diniego da parte della ASL, la quale rilevava che la facoltà di proroga biennale (applicabile ex L. n. 503 del 1992 a tutti gli impiegati dello Stato) non si applicava ai medici convenzionati e che il D.Lgs. n. 229 del 1999- che abbassando l’età pensionabile da 70 a 65 aveva introdotto la facoltà di rimanere in servizio per un ulteriore biennio – non era applicabile alla fattispecie in quanto la sua entrata in vigore era rinviata a successivi accordi collettivi.

2. Il Tribunale di Parma accoglieva la domanda; riteneva applicabile anche ai medici convenzionati il D.Lgs. n. 503 del 1992, in forza della previsione contenuta nell’art. 6 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (recepito nel D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270) che abbassava il limite di età a 65 anni e prevedeva il regime dell’opzione, ma rilevava che in applicazione della norma transitoria n. 8 del regolamento n. 270 citato (che differiva il termine di entrata in vigore della nuova disciplina fino al raggiungimento di specifica intesa tra le parti firmatarie) doveva ritenersi vigente il limite di 70 anni oltre facoltà di opzione.

3. La Corte di appello di Bologna, con sentenza depositata il 14.9.2010, ha dichiarato inammissibile l’appello della A.S.L. in quanto carente di interesse ad agire essendo ormai ampiamente trascorso il biennio oltre il limite massimo di età (avendo, il M., compiuto 70 anni il (OMISSIS)); ha, in ogni caso, confermato le argomentazioni sviluppate dal giudice di prime cure.

4. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la A.S.L. prospettando sei motivi di ricorso. Il M. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale trascurato la situazione di incertezza giuridica sussistente tra le parti (anche a fronte di rivendicazioni risarcitorie del M., esposte nell’atto di costituzione in appello, conseguenti al rigetto giudiziale dell’intimazione ad adempiere notificata dal M. alla A.S.L.) e, nonostante l’accertata carenza della condizione dell’azione, proceduto all’esame del merito della questione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) avendo, la Corte territoriale, richiamato orientamenti dottrinali non identificati a supporto dell’interpretazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, comma 2 ter, quale disposizione sospensiva della sola parte del D.Lgs. n. 502, art. 15 nonies, comma 3, concernente l’abbassamento del limite di età a 65 anni.

3. Con il terzo ed il quinto motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, comma 2 ter, e del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente interpretato il D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8, comma 2 ter, quale disposizione sospensiva di una sola parte del D.Lgs. n. 502, art. 15 nonies, comma 3, (che ha esteso ai medici convenzionati l’abbassamento di età per il collocamento a riposo e la facoltà di opzione biennale prevista dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16) nonostante l’inscindibilità della previsione nel suo complesso che non consente di rinvenire due distinte ed autonome posizioni di diritto, ossia il limite di età da una parte e il prolungamento biennale dall’altra.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte territoriale, erroneamente ritenuto di equiparare, nel trattamento normativo, i dipendenti pubblici ed i medici convenzionati, nonostante integrino rapporti di lavoro differenti.

5. Con il sesto motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della norma transitoria n. 8 del nuovo Accordo collettivo nazionale 25.3.2005 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dovendo ritenersi che tale disposizione prevedeva chiaramente fino al raggiungimento di specifica intesa tra le parti firmatarie – la cessazione del rapporto di lavoro al compimento di 70 anni, con esclusione della facoltà di opzione.

6. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Questa Corte ha affermato che l’interesse ad agire, necessario anche ai fini dell’impugnazione del provvedimento giudiziale, comporta la verifiCa (da compiersi d’ufficio da parte del giudice) in ordine all’idoneità della pronuncia richiesta a spiegare un effetto utile alla parte istante, dovendo lo stesso escludersi soltanto nel caso in cui la decisione risulterebbe priva di conseguenze giuridicamente apprezzabili in relazione alla situazione giuridica fatta valere in giudizio (ex plurimis Cass. nn. 14194/2004, 7635/2006). In particolare, nell’azione di mero accertamento, l’interesse ad agire presuppone uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico, tale da arrecare all’interessato un pregiudizio concreto ed attuale.

La sussistenza di tale requisito non può ritenersi esclusa, nel caso di specie, per il semplice fatto che nel corso del giudizio di appello – il M. abbia superato il limite di età previsto per la cessazione del rapporto convenzionale, sussistendo uno stato di oggettiva incertezza in ordine al requisito anagrafico del collocamento a riposo, situazione potenzialmente pregiudizievole dal punto di vista economico (anche in considerazione della mancata esecuzione della sentenza di primo grado da parte della ASL).

7. I restanti motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.

In tema di personale sanitario convenzionato, questa Corte ha affermato che nel regime disciplinato dal D.P.R. n. 270 del 2000 (con cui è stato recepito l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale) e dal successivo accordo collettivo nazionale per i medici della medicina generale del 23 aprile 2005, non opera la facoltà – già riconosciuta dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16, in favore dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici – di chiedere la prosecuzione nel rapporto per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età previsti per la cessazione del rapporto convenzionale in quanto il D.Lgs. n. 254 del 2000, art. 6, ha sospeso l’efficacia della disposizione di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 nonies, comma 3, con cui era stata estesa al personale medico convenzionato la suddetta prerogativa (Cass. n. 8232/2011).

8. Con il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 502, art. 15 nonies (recante norme di riordino della disciplina della materia sanitaria, quale introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13) la disciplina dettata per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici è stata estesa anche al personale medico a rapporto convenzionale, con espresso rinvio – per l’attuazione della disciplina – alla sede contrattuale. In quella sede contrattuale (ossia accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, recepito nel D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270), veniva dettata la disciplina della cessazione del rapporto convenzionale (art. 6) prevedendosi che il rapporto tra le Aziende e i medici di medicina generale sarebbe cessato per compimento del 65 anno di età e che (proprio ai sensi del combinato disposto del cit. D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 5 – nonies, commi 1 e 3) era facoltà del medico di medicina generale convenzionato di mantenere l’incarico per il periodo massimo di un biennio oltre il 65 anno di età, in applicazione del regime di opzione previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16. Peraltro, contestualmente, veniva posta la norma transitoria n. 8 (del regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo nazionale del 2000) che differiva il termine di entrata in vigore della nuova disciplina (quella dell’art. 6: abbassamento del limite di età e regime dell’opzione) fino al raggiungimento di specifica intesa tra le parti firmatarie, confermando a quell’epoca l’applicazione del precedente regime di cessazione del rapporto convenzionale, ossia quello dettato dal D.P.R. 22 luglio 1996, n. 484, art. 6, comma 1, lett. a).

In parallelo a queste disposizioni di fonte collettiva, recepite in normativa regolamentare, il legislatore è intervenuto con il D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254, art. 6(recante disposizioni correttive ed integrative del D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 6 per il potenziamento delle strutture per l’attività libero-professionale dei dirigenti sanitari) che ha introdotto il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8, comma 2 – ter, (modificato dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 8) da una parte istituendo una commissione composta da rappresentanti del Ministro della sanità e da altri, al fine di individuare modalità idonee ad assicurare l’estensione al personale a rapporto convenzionale dei limiti di età previsti dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 – nonies, comma 1; d’altra parte prevedendo espressamente che l’efficacia della disposizione di cui al D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 15 – nonies, comma 3 (come introdotto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, art. 13) era sospesa fino alla attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della Commissione suddetta.

Pertanto, per quanto riguarda il regime dell’opzione per la prosecuzione del rapporto convenzionale oltre la data di cessazione dello stesso per raggiunti limiti di età, vi era un duplice effetto di “rinvio” del beneficio: la norma di legge (il D.Lgs. n. 254 del 2000, art. 6) sospendeva in radice l’efficacia della precedente disposizione che prevedeva il beneficio stesso; la norma collettiva, recepita in norma regolamentare, a sua volta differiva (a successiva specifica intesa) il nuovo regime di cessazione del rapporto convenzionale (art. 6 del citato accordo collettivo) che recepiva e dava attuazione al beneficio dell’opzione richiamando la disposizione di legge la cui efficacia veniva contestualmente sospesa (il regolamento di esecuzione dell’accordo collettivo e il decreto legislativo correttivo cit. recavano entrambi la data del 28 luglio 2000). Di conseguenza, la disciplina di cessazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale era ancora quella del D.P.R. n. 484 del 1996, cit. art. 6, comma 1, lett. a), che non prevedeva il beneficio dell’opzione a proseguire il rapporto convenzionale per un periodo di due anni.

Successivamente – peraltro nel mutato sistema delle fonti (perchè a seguito della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 52, comma 27, le proposte di accordi collettivi nazionali per la medicina generale e per la specialistica convenzionata sono diventate efficaci non più con norma regolamentare, ma con intesa Stato-Regioni) – rileva l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale del 2005 il cui art. 19 ridisegnava il regime di cessazione del rapporto convenzionale richiamando ancora una volta il D.Lgs. n. 229 del 1999, art. 15 – nonies e quindi la facoltà del medico di medicina generale convenzionato di mantenere l’incarico per il periodo massimo di un biennio oltre il 65 anno di età, in applicazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 16. Però la norma transitoria n. 8 si faceva carico del fatto che il cit. D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254 all’art. 6, aveva sospeso l’efficacia di tali disposizioni fino all’attuazione dei provvedimenti collegati alle determinazioni della commissione di cui sopra (da istituirsi con decreto del Ministro alla salute) e disponeva per suo conto che, fino a quando non sarebbe entrato in vigore il limite di età stabilito dall’art. 19 del medesimo accordo collettivo, continuava ad applicarsi il cit. D.P.R. n. 484 del 1996, art. 6, comma 1, lett. a), che non prevedeva il beneficio dell’opzione; e per rendere ancora più chiaro ciò, aggiungeva “con esclusione dell’ulteriore beneficio previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 16”.

Quindi le parti firmatarie della convenzione nazionale del 2005 hanno fugato ogni dubbio interpretativo: la facoltà di opzione non era operante e lo sarebbe stata solo unitamente al nuovo regime di cessazione del rapporto convenzionale. Sicchè era ben chiaro che il differimento dell’entrata in vigore della nuova disciplina per il personale medico a rapporto convenzionale riguardava sia il limite di età per il collocamento a riposo sia la facoltà di proroga biennale.

9. Ai principi innanzi esposti (già affermati da questa Corte nel 2011 con la sentenza n. 8232 citata) va data continuità ed erroneamente, quindi, i giudici di merito – sia la Corte d’appello che il Tribunale – hanno ritenuto che all’epoca (convenzione nazionale del 2005 e precedente accordo collettivo) era operante – nel quadro normativo sopra ricostruito – per i medici della medicina generale in convenzione il beneficio dell’opzione sopra esaminato.

10. Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda introduttiva del giudizio. Le spese di lite vanno compensate tra le parti in considerazione della formazione dell’orientamento di legittimità in data successiva alla sentenza impugnata.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda introduttiva del giudizio. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 marzo 2017

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