Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5854 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. III, 03/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 03/03/2021), n.5854

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35163/2019 proposto da:

E.V.O., rappresentato e difeso dall’avv.to MARCO

CAVICCHIOLI, con studio in Biella, via della Repubblica 43,

(marco.cavicchioli.pcert.it) ed elettivamente domiciliato presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 592/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 03/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. E.V.O., proveniente dalla (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia di rigetto del Tribunale della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8: assume una erronea interpretazione della norma sulla valutazione della credibilità, e il mancato esperimento del dovere di cooperazione istruttoria.

2. Con il secondo motivo, lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 8 e dell’art. 115: assume che la motivazione era apparente in quanto le fonti internazionali alle quali la Corte territoriale si era riferita erano state citate in modo incompleto, senza riportare i passaggi che interessavano la vicenda in esame e senza aver instaurato il contraddittorio.

3. Con il terzo motivo, lamenta, ex art. 360 comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 11 disp. gen.” in relazione al D.L. n. 113 del 2018, conv. nella L. n. 132 del 2018; D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 32 ed 8: lamenta che la Corte era addivenuta ad una valutazione di inesistenza della situazione di pericolo e della sua vulnerabilità in caso di rimpatrio, senza svolgere alcun accertamento in ordine alla situazione di fatto delle condizioni in cui versava la sua regione di origine.

4. Premesso che dall’esame del ricorso emerge, prima facie, la possibile violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, per carenze dell’esposizione sommaria del fatto, si osserva che in ogni caso tutte le censure proposte sono prive di specificità ed autosufficienza, con conseguente inammissibilità del ricorso.

Più precisamente si osserva quanto segue.

4.1. Quanto al primo motivo, circoscritto alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), il ricorrente, lamenta che la Corte territoriale non aveva riconosciuto i presupposti della fattispecie invocata in quanto si era riferito a C.O.I. non aggiornate: tuttavia la critica non è accompagnata dall’indicazione di fonti ufficiali, diverse da quelle indicate anche dai giudici d’appello (cfr. pag. 10 secondo cpv. della sentenza impugnata), che avrebbero potuto condurre ad una differente soluzione della controversia (cfr. Cass. 26728/2019; Cass. 13449/2019) e ciò rende la censura priva di decisività.

4.2. Quanto al secondo motivo, premesso che la norma invocata (art. 183 c.p.c., comma 8) non è applicabile al giudizio d’appello disciplinato dall’art. 702 quater c.p.c., che, ispirato al rito ordinario, è assoggettato alla regola di cui all’art. 350 c.p.c., si osserva che la censura manca di autosufficienza in quanto non è stata riportata la corrispondente richiesta di ulteriore contraddittorio che il ricorrente assume di aver avanzato, tenendo conto che, oltretutto, la contestazione della informazioni tratte dal report di Amnesty International del 2017 deve ritenersi infondata, rientrando tale fonte fra quelle attendibili D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 8.

4.3. Quanto al terzo motivo, la critica proposta risulta generica e non trova riscontro nella ratio decidendi della sentenza impugnata che, da una parte non ha affatto applicato la normativa sopravvenuta ex D.L. n. 113 del 2028, convertito nella L. n. 132 del 2018, avendone espressamente escluso l’efficacia retroattività, ragione per cui la dedotta violazione dell’art. 11 disp. gen.” risulta contrastante con la statuizione della sentenza impugnata (dovendosi al riguardo precisare che l’affermazione concernente l’abrogazione della protezione umanitaria corrisponde ad una affermazione incidentale del percorso argomentativo della motivazione); dall’altra, omette di indicare le ragioni della decisione di primo grado visto che la Corte territoriale ha affermato che non erano state allegate situazioni legittimanti il riconoscimento della protezione invocata, dopo avere enunciato di condividere la motivazione del primo giudice (cfr. al riguardo Cass. SU 7074/2017); dall’altra ancora reitera la non decisiva contestazione delle informazioni assunte sulle condizioni del paese di origine, senza contrapporne altre idonee a giungere ad una decisione a se favorevole, come già rilevato in relazione dei precedenti motivi esaminati.

5. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

6. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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