Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5853 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. III, 03/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 03/03/2021), n.5853

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35031/2019 proposto da:

C.L., rappresentato e difeso dall’avv.to STEFANIA SANTILLI,

con studio in Milano, via Lamarmora 42,

(scls.milano.pecavvocati.it), giusta procura speciale in atti, ed

elettivamente domiciliata in Roma piazza Cavour, presso la

cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– resistente –

avverso la sentenza n. 696/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 18/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. C.L., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di rigetto della domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, da lui avanzata in ragione del diniego opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di che la sua famiglia era proprietaria di una risaia e che nel gennaio del 2014, mentre bruciava le sterpaglie, il calore del sole aveva fatto divampare un incendio che aveva distrutto anche il terreno del vicino, insieme al raccolto. Temendo di essere incarcerato per dieci anni (tale era la pena prevista per il reato di cui poteva essere accusato), con l’aiuto del padre era scappato dal proprio paese.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione nonchè il travisamento e l’omessa valutazione di tutti gli elementi di fatto e della situazione sociopolitica del Senegal.

1.1. Deduce il vizio di motivazione, contestando genericamente la statuizione della Corte territoriale in relazione alle condizioni di instabilità e di povertà del paese di origine.

1.2. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, è ricondotta ad un vizio non più esistente in ragione dell’intervenuta modifica della formulazione della norma, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito nella L. n. 134 del 2012.

1.3. Inoltre, prospetta critiche meramente generiche, contrapponendo apoditticamente una ricostruzione dei fatti diversa da quella dei giudici d’appello, e richiedendo, pertanto, una ulteriore non consentita valutazione di merito (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 13721/2018; Cass. 31546/2019): nè le argomentazioni prospettate configurano l’apparenza della motivazione e non consentono, pertanto, una diversa qualificazione della doglianza.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione ed errata applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 7, 8 e 14: lamenta che la Corte territoriale in ragione della non credibilità del racconto aveva ritenuto di non riconoscergli lo status di rifugiato.

3. Con il terzo motivo, deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, lett. F, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. C) e art. 8, comma 3, nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame della circostanza riguardante l’assenza di possibilità concrete di ricorso alla protezione interna della comunità di appartenenza.

4. Entrambe le censure – che possono essere congiuntamente esaminate per la stretta interconnessione – sono inammissibili.

4.1. Il ricorrente, infatti, omette di considerare e di confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza e con la statuizione che aveva circoscritto l’appello alla protezione umanitaria, in quanto l’impugnazione era stata proposta soltanto sul capo dell’ordinanza che aveva rigettato la sua domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (cfr. pag. 6 del ricorso) con la conseguenza che le statuizioni riguardanti le altre fattispecie invocate erano divenute ormai definitive. Nè le due censure indicano i corrispondenti motivi che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ignorato, con conseguente mancanza di autosufficienza.

4.2. Con il quarto motivo, deduce ancora, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e l’omesso esame di fatti e documenti decisivi; deduce altresì la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16,17, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 32 e dell’art. 10 Cost..

4.3. Lamenta che la Corte non aveva considerato gli aspetti della vicenda narrata dai quali poteva desumersi sia la sua vulnerabilità che la sua avvenuta integrazione nonchè il rischio al quale sarebbe esposto in caso di rientro in patria, in ragione della poverissime condizioni socioeconomiche della regione di provenienza.

4.5. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti, è del tutto generica ed è priva di decisività in quanto non vengono affatto dedotti gli aspetti di vulnerabilità trascurati nè vengono indicati gli elementi di integrazione che sarebbero stati praetermessi dalla Corte territoriale.

5. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

6. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

7. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

 

 

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