Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5851 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 5851 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA
sul ricorso 1970-2013 proposto da:
FANTOZZI GIUSEPPE FNTGPP5OH30G698R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio
dell’avvocato GRECO MARCELLO, che lo rappresenta e difende,
giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
COMUNE DI LATINA in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 400 – interno
2/A, presso lo studio dell’avvocato SCOPELLITI SILVIA,

Data pubblicazione: 13/03/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato MANCHISI CESARE, giusta
procura speciale alla lite a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 9329/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
per il ricorrente é solo presente l’Avvocato Maurizio Grio (per delega
avv. Marcello Greco);
udito per il controricorrente l’Avvocato Cesare Manchisi che si riporta
al controricorso e chiede il rigetto del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARCELLO
MATERA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 9329/2011, depositata in data 10/1/2012, la Corte
di appello di Roma, decidendo sull’impugnazione proposta da Fantozzi
Giuseppe avverso la sentenza del Tribunale di Latina, confermava la
pronuncia di accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo
proposta dal Comune di Latina nei confronti del Fantozzi. Riteneva la
Corte territoriale che nessuna somma fosse dovuta dall’ente al proprio
dipendente, operatore di esercizio, a titolo di differenze per lavoro
straordinario e festivo per gli anni dal 2001 al 2004 in quanto il calcolo
del dovuto andava effettuato tenendo conto, per la determinazione
della retribuzione giornaliera, del divisore 195 previsto dal c.c.n.l.
auto ferrotranvieri (applicabile al rapporto in questione) e non del
divisore 156 previsto dal c.c.n.l. enti locali (ed applicato per errore dal
Comune). Riteneva inammissibile, perché tardivamente allegata,
l’esistenza di una prassi aziendale, definita “clausola d’uso”, comunque
Ric. 2013 n. 01970 sez. ML – ud. 19-12-2013
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ROMA dell’1.12.2011, depositata il 10/01/2012;

prospettata in termini inidonei a configurarne la relativa fattispecie, che
non potrebbe essere integrata dalla semplice reiterazione di
comportamenti, in difetto di uno specifico intento negoziale,
insussistente nel caso di specie.
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre

Il Comune di Latina resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia: “Omessa,
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360,
comma 1 n. 5, cod. proc. civ.)”. Sostiene che la Corte di appello non
abbia tenuto conto delle deduzioni svolte dal Fantozzi sia in sede di
note autorizzate nel giudizio di primo grado sia in sede di atto di
appello secondo le quali la determinazione della quota oraria, ai fini
della maggiorazione per lavoro straordinario, sulla base del divisore
156 costituirebbe un vero e proprio uso negoziale protratto dall’ente
fino al 2000 in favore di tutti i dipendenti e come tale idoneo a
derogare tanto al c.c.n.l. quanto al contratto aziendale in senso più
favorevole per il prestatore di lavoro. Rileva, al riguardo, una erronea
valutazione di tali deduzioni quale eccezione da sollevarsi nei termini
della memoria di costituzione nel giudizio di primo grado, trattandosi
di mera difesa e, dunque, un vizio di omessa motivazione su una
circostanza che se correttamente valutata avrebbe portato a far ritenere
la sussistenza di differenze a credito del lavoratore. Considerato,
infatti, come acquisito il dato del divisore utilizzato dall’Ente fino al
2000, il computo degli aumenti contrattuali di cui agli accordi del
27/11/2000 e del 20/12/2003 avrebbe evidenziato le differenze a
credito pretese dal lavoratore. Evidenzia, infine, una carenza
motivazionale sul punto delle ragioni che giustificavano l’applicazione
Ric. 2013 n. 01970 sez. ML – ud. 19-12-2013
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Fantozzi Giuseppe, affidandosi ad un unico motivo.

del divisore 195 in luogo di quello 156 essendosi limitata la Corte
territoriale a far riferimento alla relazione ASSTRA la quale, sul punto,
aveva espresso una mera opinione.
2. Il motivo è inammissibile.
Vale ricordare che per costante giurisprudenza di questa Corte ove

autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente
a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di
esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle
altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non
impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della
sentenza (Sez. U, n. 7931 del 29/03/2013; Cass. n. 3386 del
11/02/2011; Cass. n. 2811 del 08/02/2006).
Nel caso in esame il motivo censura solo una delle rationes decidendi
poste dalla Corte di merito a fondamento del rigetto della pretesa del
dipendente. In particolare, il motivo non investe l’affermazione
contenuta nella impugnata sentenza secondo cui non era stata neppure
fornita la prova della sussistenza dell’uso aziendale invocato e del fatto
che detto uso non poteva essere integrato dalla semplice reiterazione di
comportamenti non accompagnata da un intento negoziale, inesistente
nel caso de quo.
Né le osservazioni riportate nella memoria circa la apoditticità
della impugnata sentenza, laddove afferma che l’esistenza di una prassi
aziendale era rimasta indirnostrata, possono aver rilievo ai fini della
ammissibilità del ricorso in quanto con le memorie di cui all’art. 378
cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i
motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi
avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè sollevate
questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può
Ric. 2013 n. 01970 sez. ML – ud. 19-12-2013
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la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed

essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari
di ricorso (Sez. U, n. 11097 del 15/05/2006; Cass. n. 28855 del
29/12/2005; Cass. n. 14570 del 30/07/2004).
3. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.
4. Le spese del presente giudizio, per il principio della

come da dispositivo in favore del Comune di Latina.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 2.000,00 per compensi professionali e in Euro 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate

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