Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5850 del 13/03/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 5850 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA
sul ricorso 1964-2013 proposto da:
CHINELLATO GILD O CHNGLD56S01E472X, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 57, presso lo studio
dell’avvocato GRECO MARCELLO, che lo rappresenta e difende,
giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
COMUNE DI LATINA in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA 400 – interno
2/A, presso lo studio dell’avvocato SCOPELLITI SILVIA,

Data pubblicazione: 13/03/2014

rappresentato e difeso dall’avvocato MANCHISI CESARE, giusta
procura speciale alla lite a margine del controricorso;

– controricarrente avverso la sentenza n. 9010/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
per il ricorrente é solo presente l’Avvocato Maurizio Grio (per delega
avv. Marcello Greco);
udito per il controricorrente l’Avvocato Cesare Manchisi che si riporta
al controricorso, chiede il rigetto del ricorso e deposita cartolina.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MARCELLO
MATERA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 9010/2011, depositata in data 9/1/2012, la Corte di
appello di Roma, decidendo sull’impugnazione proposta da Chinellato
Glldo avverso la sentenza del Tribunale di Latina, confermava la
pronuncia di accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo
proposta dal Comune di Latina nei confronti del Chinellato. Riteneva
la Corte territoriale che nessuna somma fosse dovuta dall’ente al
proprio dipendente, operatore di esercizio, a titolo di differenze per
lavoro straordinario e festivo per gli anni dal 2001 al 2004 in quanto il
calcolo del dovuto andava effettuato tenendo conto, per la
determinazione della retribuzione giornaliera, del divisore 195 previsto
dal c.c.n.l. autoferrotranvieri (applicabile al rapporto in questione) e
non del divisore 156 previsto dal c.c.n.l. enti locali (ed applicato per
errore dal Comune). Riteneva inammissibile, perché tardivamente
allegata, l’esistenza di una prassi aziendale, definita “clausola d’uso”,
Ric. 2013 n. 01964 sez. ML – ud. 19-12-2013
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ROMA del 24.11.2011, depositata il 09/01/2012;

comunque prospettata in termini inidonei a configurarne la relativa
fattispecie, che non potrebbe essere integrata dalla semplice
reiterazione di comportamenti, in difetto di uno specifico intento
negoziale, insussistente nel caso di specie.
Per la cassazione della pronuncia della Corte territoriale ricorre

Il Comune di Latina resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia: “Omessa,
insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo (art. 360,
comma 1 n. 5, cod. proc. civ.)”. Sostiene che la Corte di appello non
abbia tenuto conto delle deduzioni svolte dal ~sia in sede di note
autorizzate nel giudizio di primo grado sia in sede di atto di appello
secondo le quali la determinazione della quota oraria, ai fini della
maggiorazione per lavoro straordinario, sulla base del divisore 156
costituirebbe un vero e proprio uso negoziale protratto dall’ente fino al
2000 in favore di tutti i dipendenti e come tale idoneo a derogare tanto
al c.c.n.l. quanto al contratto aziendale in senso più favorevole per il
prestatore di lavoro. Rileva, al riguardo, una erronea valutazione di tali
deduzioni quale eccezione da sollevarsi nei termini della memoria di
costituzione nel giudizio di primo grado, trattandosi di mera difesa e,
dunque, un vizio di omessa motivazione su una circostanza che se
correttamente valutata avrebbe portato a far ritenere la sussistenza di
differenze a credito del lavoratore. Considerato, infatti, come acquisito
il dato del divisore utilizzato dall’Ente fino al 2000, il computo degli
aumenti contrattuali di cui agli accordi del 27/11/2000 e del
20/12/2003 avrebbe evidenziato le differenze a credito pretese dal
lavoratore. Evidenzia, infine, una carenza motivazionale sul punto
delle ragioni che giustificavano l’applicazione del divisore 195 in luogo
Ric. 2013 n. 01964 sez. ML – ud. 19-12-2013
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Chinellato Gildo, affidandosi ad un unico motivo.

di quello 156 essendosi limitata la Corte territoriale a far riferimento
alla relazione ASSTRA la quale, sul punto, aveva espresso una mera
opinione.
2. Il motivo è inammissibile.
Vale ricordare che per costante giurisprudenza di questa Corte ove

autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente
a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di
esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle
altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non
impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della
sentenza (Sez. U, n. 7931 del 29/03/2013; Cass. n. 3386 del
11/02/2011; Cass. n. 2811 del 08/02/2006).
Nel caso in esame il motivo censura solo una delle rationes decidendi
poste dalla Corte di merito a fondamento del rigetto della pretesa del
dipendente. In particolare, il motivo non investe l’affermazione
contenuta nella impugnata sentenza secondo cui non era stata neppure
fornita la prova della sussistenza dell’uso aziendale invocato e del fatto
che detto uso non poteva essere integrato dalla semplice reiterazione di
comportamenti non accompagnata da un intento negoziale, inesistente
nel caso de quo.
Né le osservazioni riportate nella memoria circa la apoditticità
della impugnata sentenza, laddove afferma che l’esistenza di una prassi
aziendale era rimasta indimostrata, possono aver rilievo ai fini della
ammissibilità del ricorso in quanto con le memorie di cui all’art. 378
cod. proc. civ., destinate esclusivamente ad illustrare ed a chiarire i
motivi della impugnazione, ovvero alla confutazione delle tesi
avversarie, non possono essere dedotte nuove censure nè sollevate
questioni nuove, che non siano rilevabili d’ufficio, e neppure può
Ric. 2013 n. 01964 sez. ML – ud. 19-12-2013
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la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed

essere specificato, integrato o ampliato il contenuto dei motivi originari
di ricorso (Sez. U, n. 11097 del 15/05/2006; Cass. n. 28855 del
29/12/2005; Cass. n. 14570 del 30/07/2004).
3. Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.
4. Le spese del presente giudizio, per il principio della

come da dispositivo in favore del Comune di Latina.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 2.000,00 per compensi professionali e in Euro 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate

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