Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5846 del 22/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 22/02/2022, (ud. 28/01/2022, dep. 22/02/2022), n.5846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3166-2021 proposto da:

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, V. MENGHINI MARIO 21,

presso lo studio dell’avvocato PASQUALE PORFILIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CHIARA COSTAGLIOLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE DI ROMA;

– intimati –

avverso il decreto N. R.G. 54843/2019 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 25/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott.ssa Vella

Paola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato in data 22/08/2019, D.M., cittadino senegalese, nato in Mauritania il 01/01/1981, ha adito il Tribunale di Roma, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

2. Nel richiedere la protezione internazionale, il ricorrente esponeva di aver vissuto dal 1989, alla morte della madre, nella città di Khombol in Senegal; riferiva di essere stato accoltellato in viso nel 2013 da un uomo (durante di una rissa nata con la tifoseria di una squadra di calcio avversaria) che su sua denuncia era stato arrestato nel 2015 ma dopo un mese era stato rilasciato e lo aveva raggiunto sul luogo di lavoro minacciandolo di morte e tentando nuovamente di accoltellarlo, sicché il ricorrente lo aveva colpito ripetutamente con una sbarra di ferro ed era poi fuggito per timore di averlo ucciso; si era quindi recato in Mali, in Niger e in Libia, dove era stato imprigionato e picchiato, riuscendo alfine a fuggire per raggiungere l’Italia nell’aprile del 2017. Esponeva di non poter tornare in Senegal per paura di essere raggiunto dall’uomo che aveva in precedenza tentato di ucciderlo e di non sapere se questi avesse sporto denuncia nei suoi confronti.

3. Il Tribunale di Roma ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione invocate. In particolare, ha ritenuto che la vicenda narrata fosse estranea al sistema della protezione internazionale in quanto caratterizzata da profili di diritto penale interno, rilevando che l’attuale situazione in Senegal non è declinabile, in base al World Report di Human Rights Watch 2020, come contesto di violenza indiscriminata ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); ha infine negato la protezione umanitaria di cui al TUI, art. 5, comma 6, in assenza di elementi indicativi di un radicamento effettivo in Italia e di una particolare condizione di vulnerabilità in capo al ricorrente.

4. Avverso il predetto decreto, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione notificato il 15/01/2021, affidato a tre motivi. L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

5. A seguito di deposito della proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata ritualmente fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. Con il primo motivo – rubricato “”Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio” – ci si duole della mancanza di approfondimento e della conseguente omessa valutazione della condizione di vulnerabilità del ricorrente da parte del giudice di merito.

6.1. La censura è inammissibile perché del tutto sommaria e generica, priva di indicazione com’e’ su quali elementi di vulnerabilità del ricorrente non sarebbero stati valutati dal tribunale.

7. Nel secondo mezzo – rubricato “”Violazione di legge e vizio di motivazione apparente in ordine alla valutazione di non credibilità da parte del Tribunale della vicenda personale da lui narrata” – si sostiene che nel valutare la credibilità del ricorrente il tribunale non avrebbe tenuto conto degli elementi personali a questi esposti, riferendosi solo ad aspetti di carattere generale del Paese di provenienza.

7.1. La censura è del tutto inammissibile poiché non coglie l’effettiva ratio decidendi del tribunale, incentrata non già sulla non credibilità del ricorrente bensì sulla insussistenza dei presupposti dello status di rifugiato e del danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. a) e b); peraltro, nel valutare la non aderenza del caso specifico alle ipotesi previste dalla normativa in materia di protezione internazionale, il tribunale non si è limitato, come ritenuto dalla difesa, a un mero esame della situazione in generale del Paese d’origine del ricorrente.

8. Il terzo motivo lamenta la “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non grave la situazione interna del paese da cui proviene il ricorrente escludendo la sussistenza del pericolo generalizzato idoneo a legittimare il riconoscimento della protezione sussidiaria, da valutare sulla base anche dell’attuale situazione COVID nel paese di origine del ricorrente”.

8.1. La censura è inammissibile poiché, in disparte il difetto di autosufficienza nella prospettazione di un fatto apparentemente nuovo (la situazione in Senegal da Covid-19), la rilevanza dell’attuale pandemia ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria è espressa in modo generico, senza riferimenti al caso concreto del ricorrente; inoltre, non ricorre la mancata considerazione delle fonti di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, poiché con riguardo al riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il tribunale non si limita a citare “recenti report del Ministero degli Esteri” (come asserito a pag. 6 del ricorso) ma attinge invece al World Report di Human Rights Watch del 2020, senza che il ricorrente abbia mosso alcuna critica specifica all’utilizzo di questa fonte o allegato fonti alternative ritenute idonee a prospettare un diverso esito del giudizio (ex multi s, Cass. 28430/2021).

9. In conclusione deve riaffermarsi il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una nuova valutazione dei fatti storici o delle risultanze probatorie rispetto a quella operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019).

10. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue alcuna statuizione sulle spese, in assenza di difese delle parti intimate.

11. Ricorrono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, (Cass. Sez. U 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022

 

 

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