Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5840 del 22/02/2022
Cassazione civile sez. I, 22/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 22/02/2022), n.5840
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso n. 10880/2016 proposto da:
C.G., rappresentato e difeso dall’avv. Pasquale
Mogavero, giusta mandato in calce al ricorso per cassazione, e con
lo stesso elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv.
Stefano Oliva, in Roma, via Lima, n. 23.
– ricorrenti –
contro
Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana ed E.S.A.
Ente di Sviluppo Agricolo della Regione Siciliana, in persona dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono
domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12.
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 313/2015 della Corte di appello di PALERMO,
depositata in data 2 marzo 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
19/01/2022 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.
NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Palermo, con sentenza depositata il 2 marzo 2015, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana e ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo che aveva revocato il decreto ingiuntivo con il quale era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 51.248,61, oltre interessi e spese legali, a titolo di rimborso delle migliorie che C.G. sosteneva di avere apportato al fondo che gli era stato assegnato in occasione della riforma agraria per la formazione della piccola proprietà contadina, nell’ambito del P.R. 91/suppl. a seguito del conferimento della ditta Gagliardo di Ca.Gi..
2. La Corte territoriale, a sostegno della decisione assunta, ha affermato che: la L. n. 104 del 1950, aveva attribuito la materia della riforma agraria alla competenza dell’E.R.A.S., cui era subentrato in seguito l’E.S.A., enti titolari di personalità giuridica, e che il fatto che la legge per l’attuazione della riforma agraria aveva previsto anche interventi dell’Assessorato Regionale non valeva ad attribuire al medesimo Assessorato la legittimazione passiva in relazione al credito vantato dal C.; non si rinveniva nessuna specifica norma dalla quale potesse derivare il preteso diritto del C., assegnatario di un fondo espropriato ai sensi della riforma agraria, di ottenere la corresponsione diretta di una specifica indennità per i miglioramenti del fondo del quale era divenuto proprietario, miglioramenti apportati durante il periodo di gestione del fondo medesimo anteriore al trasferimento definitivo della proprietà; al pagamento dei miglioramenti dovevano provvedere i precedenti proprietari espropriati; né valeva la malafede delle amministrazioni opponenti, questione peraltro che il C. aveva soltanto accennato nell’esposizione dei fatti della comparsa di risposta e che non era stata coltivata nelle richieste conclusive; in ogni caso nel giudizio di primo grado non era stata formulata alcuna richiesta risarcitoria e la malafede non era stata dimostrata, mentre il pagamento al Ca. era stato effettuato solo dopo avere chiesto ed ottenuto l’emissione di un decreto ingiuntivo; né poteva darsi rilievo alla mancata opposizione dell’E.S.A. al decreto ingiuntivo, frutto di una scelta discrezionale; nessun valore di riconoscimento del debito poteva attribuirsi agli atti prodotti a sostegno del ricorso monitorio, né agli altri documenti acquisiti nel procedimento come da illustrazione condivisa del valore probatorio degli stessi alle pagine 11 e 12 della sentenza impugnata; il dirigente dell’Assessorato, peraltro soggetto non legittimato passivamente nel giudizio, non aveva alcun potere di disporre del diritto dedotto in giudizio, per cui non poteva condividersi la tesi che ravvisava una confessione stragiudiziale nella nota dell’Assessorato n. 2170 del 28 novembre 2003; la condanna al pagamento delle spese processuali era collegata alla soccombenza e non vi erano idonee ragioni per pervenire a ragioni diverse.
3. C.G. ha presentato ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
4. L’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana e l’E.S.A. hanno depositato controricorso e memoria.
5. La Procura Generale della Corte di Cassazione ha depositato, in data 10 gennaio 2022, conclusioni scritte, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. L’Avv. Pasquale Mogavero, unico difensore del ricorrente, ha depositato istanza, in data 11 gennaio 2022, con la quale ha chiesto il rinvio dell’udienza alla prima data utile, rappresentando che in data 5 gennaio la moglie era risultata positiva al “SARS COV 2”, che egli si era dovuto porre in quarantena volontaria e che il collega di studio e codifensore dei C. nei precedenti gradi del giudizio, era stato ricoverato, con gravi sintomatologie polmonari ed epatiche e che doveva essere sottoposto ad ulteriori accertamenti.
1.1 L’istanza non può trovare accoglimento, poiché non risulta documentata, in quanto gli unici due allegati depositati riguardano l’Avv. Gabriele De Castillo, che non risulta difensore nel presente giudizio della parte ricorrente; la documentazione, peraltro, era necessaria alla luce delle nuove disposizioni dettate dal D.L. 30 dicembre 2021, n. 229 (pubblicato sulla G.U. del 30 dicembre 2021) ed entrato in vigore il 31 dicembre 2021, secondo le quali in caso di contatto stretto con un soggetto positivo al COVID-19, la quarantena non si applica nel caso di persone che hanno completato il ciclo vaccinale primario (senza richiamo) da 120 giorni o meno; persone che sono guarite dal CPOVID-19 da 120 giorni o meno; persone che hanno ricevuto la dose di richiamo del vaccino (cosiddetta terza dose o booster) (cfr. art. 2, rubricato “”Ulteriori disposizioni in materia di contenimento della diffusione del COVID-19”).
2. Con il primo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 112,113 e 115 c.p.c. e alla L.R. Siciliana n. 104 del 1950, L.R. Siciliana n. 29 del 1960, L.R. Siciliana n. 21 del 1965, L.R. Siciliana n. 33 del 1968 e all’art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6), avendo la Corte di appello affermato che la L. n. 104 del 1950, aveva attribuito la materia della riforma agraria all’E.R.A.S., cui era subentrato l’E.S.A., enti titolari di personalità giuridica, con la conseguenza che non sussisteva la legittimazione in capo all’Assessorato Regionale.
3. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 112 e 113 c.p.c. e alla L.R. Siciliana n. 104 del 1950, L.R. Siciliana n. 29 del 1960, L.R. Siciliana n. 21 del 1965 e L.R. Siciliana n. 33 del 1968 e dell’art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6), avendo errato la Corte nell’affermare che la materia del contendere concerneva le migliorie apportate dal C. durante il rapporto di affitto e prima della consegna del terreno avvenuta nel 1999, che non vi erano norme che attribuivano tale diritto e che gli eventuali pagamenti erano a carico dei proprietari espropriati.
4. Con il terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 112,113 e 115 c.p.c. e alla L.R. Siciliana Siciliana n. 104 del 1950, L.R. Siciliana n. 29 del 1960, L.R. Siciliana n. 21 del 1965, L.R. Siciliana n. 33 del 1968, L.R. Siciliana n. 10 del 1990, L.R. Siciliana n. 23 del 1998, L.R. Siciliana n. 10 del 2000, nonché alla Leggi Nazionale n. 142 del 1990, Leggi Nazionale n. 241 del 1990, Leggi Nazionale n. 127 del 1997 e all’art. 1988 c.c., art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6), avendo la Corte di appello erroneamente affermato che non avevano alcun valore di riconoscimento di debito gli atti prodotti a sostegno del ricorso monitorio, né gli altri documenti acquisiti nel procedimento, né era ravvisabile una confessione stragiudiziale nella nota dell’Assessorato n. 2170 del 28 novembre 2003, sottoscritta da un dirigente dell’Assessorato che era privo di legittimazione passiva e che non aveva alcun potere di disporre del diritto dedotto in giudizio.
5. Con il quarto motivo si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 112,113,115,116 c.p.c., alla L.R. Siciliana n. 104 del 1950, e L.R. Siciliana n. 21 del 1965 e all’art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6) e specificamente le prove documentali relative alla legittimazione passiva dell’Assessorato Regionale, la nota del dirigente n. 2170 del 28 novembre 2003 e la nota del Commissario Straordinario dell’ESA dell’1 settembre 2003.
6. Con il quinto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e costituzionali, la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione agli artt. 112,113,115,116 c.p.c. e all’art. 163 c.p.c., comma 2, n. 2 e art. 164 c.p.c.; art. 1385 c.c., comma 2 e art. 111 Cost., commi 1, 2 e 6) e la violazione di norme processuali rispetto all’esatta portata delle domande formulate in citazione e del diritto di difesa.
7. Con il sesto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione, sotto diverso profilo, di norme di diritto, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91 e segg., artt. 112 e 113 c.p.c. e art. 111 Coat., commi 1, 2 e 6): i motivi di censura dedotti erano idonei per una diversa valutazione in ordine alla soccombenza e, di conseguenza, rispetto alla consequenziale statuizione sulle spese; la Corte aveva omesso di considerare sia il punto decisivo relativo all’assenza degli asseriti riferimenti normativi, sia il profilo relativo alla documentazione acquisita nel processo, sia le corrette valutazioni già censurate nei precedenti capitoli.
8. Il ricorso è inammissibile perché tardivo.
8.1 Nel computo dei termini processuali mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art. 327 c.p.c., si osserva, a norma dell’art. 155 c.p.c., comma 2, e art. 2963 c.c., comma 4, il sistema della computazione civile non “ex numero” bensì “ex nominatione dierum”, nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale; analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini, sicché per calcolare i termini di decadenza dal gravame non occorre tenere conto dei giorni compresi tra il primo e trentunesimo giorno di agosto di ciascun anno (Cass., 25 agosto 2020, n. 17640).
Analogamente si deve procedere quando il termine di decadenza interferisca con il periodo di sospensione feriale dei termini.
In tal caso, infatti, al termine annuale di decadenza dal gravame (ora semestrale) di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, devono aggiungersi i 31 giorni di tale sospensione computati “ex numeratione dierum”, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155 c.p.c., comma 1, e della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, comma 1, non dovendosi tenere conto dei giorni compresi tra il primo e 31 agosto di ciascun anno per effetto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale.
8.2 E’ utile precisare che, con la novella introdotta con il D.L. 12 settembre 2014, n. 132, art. 16, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 10 novembre 2014, n. 162, il periodo di sospensione dei termini per il periodo feriale, a partire dal primo gennaio 2015, è stato ridotto a 31 giorni.
8.3 Ora, nel caso concreto, dato che il ricorso è stato notificato a mezzo del servizio postale con raccomandate A.R. il 18 aprile 2016 (ricevute in data 22 aprile 2016) e a mezzo PEC sempre in data 18 aprile 2016, esso è tardivo perché a un anno dalla pubblicazione, scadente il 2 marzo 2016, bisogna aggiungere 31 giorni di sospensione feriale (2 aprile 2016).
9. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dai controricorrenti e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3, stante l’impedimento dell’estensore a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, sottoscrive il solo Presidente.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2022