Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5840 del 03/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 03/03/2021), n.5840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11540-2018 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA PRATI

DEGLI STROZZI, 26, presso lo studio dell’avvocato SIMONE LAMARRA,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO ARNO’;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CATANZARO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati SANTA DURANTE, SAVERIO MOLICA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2814/3/2017 della COMMSSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA, depositata il 19/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Catanzaro, con sentenza n. 961/15, sez. 1, accoglieva parzialmente, solo relativamente alle sanzioni, il ricorso proposto da M.G. avverso l’avviso di rettifica (OMISSIS) – avv. Acc. (OMISSIS) per ICI 2005 e 2006.

Avverso detta decisione il contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Calabria che, con sentenza 2814/2017, rigettava l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione M. sulla base di tre motivi.

Ha resistito con controricorso il comune di Catanzaro.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce che la sentenza impugnata non ha preso atto del giudicato formatosi sulla medesima questione della non debenza dell’ICI per i terreni oggetto di controversia in relazione all’anno 2008, in quanto non edificabili in ragione della qualità di piccolo imprenditore agricolo del ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso contesta la motivazione della sentenza laddove ha ritenuto che, ai fini di ottenere l’esenzione dall’ICI, dovesse essere dimostrato anche il carattere prevalente della propria attività di coltivatore diretto.

Con il terzo motivo deduce la motivazione apparente nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in ordine alle condizioni intrinseche ed estrinseche del terreno ai fini della sua valutazione tenendo conto della documentazione prodotta.

I primi due motivi di ricorso, tra loro collegati, possono essere esaminati congiuntamente.

Il ricorrente ha riportato, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso, i brani dell’atto di appello ove aveva dedotto l’esistenza di un giudicato formatosi in relazione all’anno 2008 circa il carattere non edificabile dei terreni in quanto adibiti alla propria attività di coltivatore diretto.

Il ricorrente ha altresì riportato nel ricorso il testo della sentenza passata in cosa giudicata. Tale circostanza risulta confermata anche dal controricorso.

In ogni caso, sia l’atto d’appello che la sentenza in questione sono rinvenibili nel fascicolo d’ufficio cui la Corte ha accesso avendo la censura proposta carattere processuale.

La sentenza non dà atto in alcun modo della esistenza di un motivo di appello concernente il giudicato e nulla argomenta in proposito e ciò comporta la necessità che questa questione sia oggetto di esame d’ufficio da parte di questa Corte.

Le Sezioni unite hanno, infatti, già avuto occasione di affermare che nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. (Cass. sez. un 13916/06).

La sentenza in esame ha altresì chiarito che l’accertamento del giudicato esterno è applicabile anche ai rapporti di durata e non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.. (Cass. sez. un 13916/06).

Alla luce dei predetti principi statuiti dalle Sezioni unite, questa Corte ha già avuto modo di affermare in una fattispecie analoga alla presente che in tema d’ICI, il giudicato esterno formatosi tra le stesse parti, relativamente alla qualità d’imprenditore agricolo del contribuente, così consentendogli di beneficiare della prevista agevolazione, investe un elemento costitutivo della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente e comune ai vari periodi d’imposta, sicchè i suoi effetti si estendono, con riguardo al tributo riferito al medesimo bene, alle altre annualità, cronologicamente ed immediatamente successive, dovendosi presumere anche per esse, salvo prova contraria, la sussistenza della medesima qualità. (Cass. 23032/15).

Chiariti i sopradetti principi, occorre tuttavia verificare se, rispetto alla fattispecie oggetto del giudicato, formatosi in ragione della sentenza 714 del 2015 della CTP Catanzaro, relativa all’anno 2008, la presunzione di sussistenza dei medesimi elementi costitutivi sia applicabile oppure no riguardo agli anni 2005 e 2006 oggetto delle presente controversia e ciò anche prescindendo dalla ulteriore questione se il giudicato formatosi in anni successivi possa comunque costituire presunzione anche per gli anni antecedenti, come nel caso di specie, e non unicamente per gli anni successivi..

La risposta è negativa ed essa discende dall’esame del secondo motivo di ricorso con cui, come in precedenza detto, si contesta la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che, ai fini di ottenere l’esenzione dall’ICI, dovesse essere dimostrato anche il carattere prevalente della attività di coltivatore diretto da parte del contribuente.

Il ricorrente sostiene che, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), i terreni sono considerati non edificabili se posseduti e condotti da coltivatori diretti ed imprenditori agricoli che svolgono attività agro-silvo-pastorale.

Tale assunto non è esatto poichè il dianzi citato art. 2, comma 1, lett. b), prevede che i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli sono quelli indicati dal medesimo D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, comma 1, il quale espressamente si riferisce ai coltivatori diretti ed imprenditori agricoli “che esplicano la loro attività a titolo principale”.

La sentenza oggetto di ricorso ha respinto l’appello proprio sulla base della motivazione che non era stata fornita la prova circa l’attività prevalente di coltivatore diretto da parte del contribuente.

Non è dubbio che la citata circostanza sia un elemento costitutivo della fattispecie normativa che consente di escludere il carattere fabbricabile di un terreno dedicato all’utilizzo agricolo-silvo-pastorale.

Tale elemento costitutivo non è stato oggetto di pronuncia da parte della sentenza 714/2015 di cui si invoca il giudicato la quale, riscontrata l’utilizzazione del fondo per la silvicoltura e l’allevamento degli animali ha dato atto che il contribuente aveva dato prova della propria qualità di piccolo imprenditore agricolo “tramite produzione del certificato rilasciato dalla C.C.I.A.A. di Catanzaro e della documentazione rilasciata dall’INPS comprovante il pagamento dei contributi agricoli unificati 44 senza però fare alcun cenno al carattere principale della attività di coltivatore diretto del M..

Alla luce di quanto esposto deve escludersi l’applicabilità al caso di specie del giudicato formatosi in ragione della più volte citata sentenza 714/2015 poichè non risulta applicabile la presunzione di sussistenza dei medesimi elementi costitutivi avendo la sentenza oggetto del presente giudizio valutato un elemento costitutivo della fattispecie che non era stato oggetto di pronuncia da parte della sentenza passata in giudicato.

I due motivi vanno quindi respinti..

Con il terzo motivo, si deduce la motivazione apparente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per l’omesso esame di un fatto decisivo nonchè la violazione degli art. 112 e 135 c.p.c., in ordine alla valutazione del valore medio dei terreni (OMISSIS), in relazione alla affermazione della sentenza impugnata che ha ritenuto priva di rilevanza ai fini del decidere ” l’allegazione di una relazione di parte che fa riferimento ad una delibera comunale redatta per terreni caratterizzati da vincoli idrogeologici”.

Il motivo è inammissibile.

Le Sezioni unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità. (Cass. Sez un 34469/19).

Nel caso di specie il ricorrente fa riferimento: a) ad un attestato del settore urbanistico del Comune di Catanzaro del 25.10.06 di cui riporta una parte del testo ma non indica ove lo stesso sia rinvenibile tra gli atti prodotti in giudizio; b) ad una Delib. comunale G.C. 2 dicembre 2009, n. 701, con cui sarebbero stati determinati i valori venali delle aree fabbricabili per i fini ICI per gli anni 2004 e 2009, di cui riporta alcuni brani del testo ma non indica ove la stessa sia rinvenibile tra gli atti prodotti in giudizio; c) ad una perizia di parte dell’ing. C. del cui contenuto nulla viene riferito così come nessuna indicazione viene fornita circa la rinvenibilità tra gli atti; d) a due atti prot. (OMISSIS) con cui il Comune ha rettificato gli atti di accertamento per cui è causa riducendone i rispettivi importi.

Il riporto unicamente parziale nel ricorso di brani di due documenti dianzi indicati nonchè l’omessa indicazione della loro specifica rinvenibilità tra gli atti prodotti in questa sede di cassazione cui si aggiunge la mancanza di ogni precisazione in ordine alla perizia di parte sulla quale si è incentrata la motivazione della sentenza di appello nonchè in ordine ai provvedimenti comunali (OMISSIS) del 2011 rendono impossibile a questa Corte ogni verifica e valutazione del motivo che non risulta quindi suscettibile di scrutinio.

Il ricorso va dunque respinto.

Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 4000,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2021

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