Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5839 del 03/03/2020

Cassazione civile sez. I, 03/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 03/03/2020), n.5839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34823/2018 proposto da:

A.K.A., rappresentato e difeso dall’Avv.to Luca Froldi con

studio in Macerata Via Morbiducci 22 giusta procura in calce al

ricorso elettivamente domiciliato in — manca il domiciliatario;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ANCONA, depositato il 13/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Ancona con decreto in data 13/10/2018, ha confermato il provvedimento di rigetto pronunciato dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona in ordine alle istanze avanzate da A.K.A. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese per via della situazione sociopolitica esistente. Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Il Ministero dell’Interno 4gIrnon ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in quanto il Giudice Territoriale aveva omesso di svolgere un ruolo attivo e di esercitare i poteri istruttori per l’accertamento dei fatti.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) riguardo all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Il ricorso è inammissibile e deve essere respinto in quanto contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione del Tribunale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. La censura si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 d3el 2012 (v. Cass, sez. un. 8053/2014).

Il decreto impugnato che ritiene anzitutto non credibili le dichiarazioni del ricorrente, ha poi ritenuto con motivazione coerente ed esaustiva l’assenza di situazioni di minaccia grave e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, escludendo così il diritto allo status di rifugiato ed alla protezione sussidiaria.

In ordine al dovere del giudice di attivare poteri officiosi di indagine, nella specie, il Tribunale ha adempiuto al dovere di cooperazione istruttoria officiosa che incombe sul giudice, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1 bis in ordine all’accertamento della situazione oggettiva relativa al Paese di origine, avendo semplicemente ritenuto, a monte, che i fatti lamentati non costituiscano un ostacolo al rimpatrio nè integrino una minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona nei casi previsti dall’art. 14, lett. C) e cioè “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, tenuto anche conto della concreta possibilità di accesso alla protezione interna da pericoli derivanti da soggetti non statuali, non risultando dimostrata l’assenza di una tale tutela e l’incapacità dello Stato di origine del ricorrente di offrire adeguata protezione ai suoi cittadini.

In ordine in particolare alla verifica delle condizioni per il riconoscimento della protezione umanitaria – al pari di quanto avviene per il giudizio di riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria – il giudice anche avvalendosi dei poteri di cooperazione istruttoria officiosa, così come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 a fronte della estrema genericità del ricorso nell’indicare le ragioni di vulnerabilità del ricorrente, ha escluso con accertamento di fatto insindacabile in questa sede l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità del ricorrente alla luce della disciplina antecedente al D.L. 4 ottobre 2018, n. 13 convertito nella L. 1 dicembre 2018, n. 132, non applicabile alla fattispecie non avendo tale normativa efficacia retroattiva secondo l’orientamento recentemente espresso da questa Corte (Cass.19/2/2019 n. 4890, S.Unite).

Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva.

Infine deve darsi atto che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono nella specie i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente stesso, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2020

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