Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5838 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5838 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 28529-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
STORTI ANTONIO PAOLO, (C.F. STRNNP63H30C105L)
elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 92,
presso lo studio dell’avvocato DE NISCO VINCENZO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GOVETOSA ANIELLO giusta
procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 13/03/2014

- controricorrente – ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 5909/2011 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 6/10/2011, depositata il 12/12/2011;

04/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Ric. 2012 n. 28529 sez. ML – ud. 04-02-2014
-2-

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4 febbraio
2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a
norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 12 dicembre 2011,

Italiane s.p.a. al pagamento in favore del proprio dipendente Storti
Antonio, a decorrere dal 1°.1.98, dell’indennità di “agente unico”
introdotta con accordo sindacale del 12.9.96, indennità intesa a
compensare le mansioni di ritiro e consegna di oggetti postali svolte
unitamente a quelle di autista e non più pagata dopo la fine del 1997, pur
permanendone i presupposti.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidato a
due motivi
Resiste con controricorso lo Storti proponendo ricorso incidentale
fondato su un motivo.
Con i due motivi del ricorso principale si deduce violazione degli artt.
1362 e ss. c.c., con riferimento alle fonti negoziali susseguitesi dal 1996 in
poi nonché vizio di motivazione circa la natura dell’indennità in discorso,
erroneamente definita dalla Corte d’appello come retributiva, ma in realtà
soltanto “incentivante”, sostenendo che l’indennità “di agente unico” non
remunera il lavoro prestato, ma ha carattere incentivante e comunque
accessorio e non necessario, in quanto giustificata da determinati
presupposti economici di gestione aziendale e derivante da un accordo
collettivo disdetto.
Entrambi i motivi sono manifestamente infondati avuto riguardo alla
costante e consolidata giurisprudenza di questa S.C. (cfr. Cass. n.
17830/11, n. 17724/10, n. 6273/10, n. 20310/08, n. 4821/07 e n.
20339/06), da cui non vi è ragione di discostarsi, secondo cui l’indennità
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confermava la decisione del Tribunale di Benevento di condanna di Poste

in questione remunera le mansioni di ritiro e consegna di oggetti postali
svolte unitamente a quelle di autista, sicché ha causa retributiva, non
esclusa dal motivo incentivante; essa è oggetto d’un obbligo contrattuale
sicché, in assenza di concorde volontà delle parti, non può essere ridotta e
tanto meno abolita neppure ove – in ipotesi – siano mutate le condizioni

un’eventuale eccessiva onerosità sopravvenuta.
Questa Corte ha già osservato che la scadenza del termine d’un accordo
o contratto collettivo gli toglie efficacia, ma non sottrae il datore di lavoro
dall’obbligo di retribuzione ex art. 2099 c.c., il cui ammontare ben può
essere determinato dal giudice di merito ex art. 36 Cost., comma 1, con
riferimento all’importo già previsto dal contratto individuale, recettivo di
quello collettivo (Cass. SU. 30.5.05, n. 11325).
Il carattere meramente eventuale, prospettato dalla società ricorrente,
ossia non corrispettivo di un’attività lavorativa effettivamente prestata,
non è plausibile poiché esso trasformerebbe l’indennità in questione da
oggetto di un’obbligazione in elargizione graziosa; inoltre, il noto principio
di non riducibilità della retribuzione (ricavato dall’art. 2103 c.c., e art. 36
Cost.) è esteso alla voce compensativa di particolari e gravose modalità di
svolgimento del lavoro (anche a tale riguardo la giurisprudenza di questa
S.C. è antica e consolidata; cfr., per tutte, Cass. 11.5.2000 n. 6046); per
l’effetto, l’impegno, assunto con accordo collettivo, di rivedere entro un
certo termine l’importo dell’indennità in questione fa sì che, alla scadenza
di questo (non seguita da ulteriore accordo modificativo od abolitivo),
l’indennità medesima debba essere conservata, eventualmente nel suo
ammontare attuale, qualora il datore di lavoro ne abbia disdetto l’accordo
istitutivo (come avvenuto nel caso di specie).
Passando al ricorso incidentale con l’unico motivo si deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere la Corte di merito

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economiche aziendali, non avendo la datrice di lavoro neppure invocato

implicitamente compensato le spese di secondo grado sul presupposto del
rigetto dell’appello principale e di quello incidentale in quanto l’unico
“thema decidendum” dell’appello incidentale era proprio quello relativo
alle spese del primo grado che si assumeva essere state erroneamente
compensate.

motivazione della impugnata sentenza che, dopo aver evidenziato che la
compensazione delle spese da parte del Tribunale era stata corretta in
quanto giustificata dai contrasti verificatisi nella giurisprudenza di merito
prima dell’interevento chiarificatore della Suprema Corte, ha disposto la
compensazione delle spese anche del secondo grado avuto riguardo alla
natura del giudizio, alla reciproca soccombenza ed alla complessità delle
questioni affrontate giurisprudenziali.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso
principale e la declaratoria di inammissibilità di quello incidentale, previa
riunione degli stessi, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Il Collegio condivide il contenuto e le conclusioni della relazione e,
dunque, previa riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la medesima
sentenza ( ex art. 335 c.p.c.), rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile quello incidentale.
Stante la reciproca soccombenza le spese del presente giudizio vanno
interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.
La Corte, riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara
inammissibile il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese del
presente giudizio.

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Il motivo è palesemente inammissibile in quanto non tiene conto della

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014

1 Presidente

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