Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5837 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5837 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 27928-2012 proposto da:
DI PAOLO MARIA ANTONIETTA DPLMNT44E59C764D,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO ALFANI 29,
presso lo studio dell’avvocato PANETTA GIANMARCO,
rappresentata e difesa dall’avvocato FAUGNO MASSIMO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Direttore Centrale Pensioni,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29,
presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELA CAPANNOLO,

Data pubblicazione: 13/03/2014

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, giusta procura speciale in
calce al controricorso;

controricorrente

avverso la sentenza n. 611/2012 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito per il controricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta agli
scritti.

Ric. 2012 n. 27928 sez. ML – ud. 04-02-2014
-2-

L’AQUILA del 17.5.2012, depositata il 22/08/2012;

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 4 febbraio
2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a
norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza del 22 agosto 2012,

lavoro che aveva rigettato la domanda proposta da Di Paolo Maria
Antonietta intesa ad accertare la nullità dell’indebito INPS relativo ai ratei
di assegno di invalidità civile riscossi nel periodo 1.1.2005 — 31.5.2009 a
seguito del superamento del requisito reddituale per esserle stata erogata a decorrere dal giugno 2004 — anche la pensione di vecchiaia, sì da farle
superare il limite reddituale previsto per la prima provvidenza. La Corte,
quindi, condannava l’appellante alle spese di lite per il principio della
soccombenza.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la Di Paolo affidato a
due motivi cui resiste con controricorso l’INPS.
Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa motivazione e
violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 42 comma 11
DL n. 269/03 per non aver la Corte di merito addotto alcuna motivazione
a sostegno della disposta condanna alle spese. Ed infatti, la Di Paolo aveva
un reddito personale inferiore ai limiti previsti dalla legge per poter
accedere alla esenzione delle spese di lite — come comprovato dalla
documentazione relativa ai redditi – e, comunque, ove la Corte avesse
ritenuto che i detti limiti di reddito dovessero essere riferiti al nucleo
familiare, ben avrebbe potuto chiedere una integrazione della
documentazione sul punto.
Con il secondo motivo viene dedotta omessa motivazione e violazione e
falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 152 disp. Att. c.p.c.

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confermava la decisione del Tribunale di Pescara in funzione di giudice del

in quanto la Corte di merito non aveva motivato sulla temerarietà della lite
o sulla sua manifesta infondatezza.
Il primo motivo è inammissibile.
L’art. 152 disp. att. c.p.c. nella formulazione applicabile “ratione
temporis” alla fattispecie in esame ( ricorso introduttivo successivo al 3

del DL 30.9.2003 n. 269 conv. in L. 24.11.2003 n. 326, stabilisce che ai
fini della esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari nei
giudizi per prestazioni previdenziali ed assistenziali ” ..la parte soccombente,
salvo comunque quanto previsto dall’art. 96 , primo comma, del codice di procedura
civile non può essere condannata al pagamento delle spese, competenze ed onorari
quando risulti titolare, nell’anno precedente a quello della pronuncia, di un reddito
imponibile ai fini IRPEF , risultante dall’ultima dichiarazione, pari o inferiore a due
volte L’interessato che, con riferimento all’anno precedente a quello di
instaurazione del giudizio, si trova nelle condizioni indicate nel presente articolo formula
apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle conclusioni dell’atto introduttivo
e si impegna a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti
dei limiti di reddito verificatesi nell’anno precedente”.
Condizione necessaria per poter accedere alla esenzione è, dunque, l’aver
posto in essere gli adempimenti previsti dalla riportata norma e, quindi,
l’aver formulato apposita dichiarazione sostitutiva di certificazione nelle
conclusioni dell’atto introduttivo. In mancanza di tale adempimento non
opera l’esenzione e la parte soccombente va condannata alle spese, per il
principio sancito dall’art. 91 c.p.c.
In proposito vale ricordare che questa Corte ha avuto modo di affermare
che “Ai fini dell’esenzione dal pagamento di spese, competenze e onorari,
nei giudizi per prestazioni previdenziali, la dichiarazione sostitutiva di
certificazione delle condizioni reddituali, da inserire nelle conclusioni
dell’atto introduttivo ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., sostituito dall’art.

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ottobre 2003), cioè quella introdotta con la novella di cui all’art. 42 co.11°

42, comma 11, del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del
2003, è inefficace se non sottoscritta dalla parte, poiché a tale
dichiarazione la norma connette un’assunzione di responsabilità non
delegabile al difensore, stabilendo che “l’interessato” si impegna a
comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti

l’inciso “nelle conclusioni dell’atto introduttivo” va interpretato nel senso
che della ricorrenza delle condizioni di esonero deve essere dato conto
nell’ano introduttivo del giudizio, cosicché deve ritenersi l’efficacia della
dichiarazione sostitutiva che, ancorché materialmente redatta su foglio
separato, sia espressamente richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio
di primo grado e ritualmente prodotta con il medesimo” ( Cass. sez. 6
Ordinanza n. 16284 del 2011).
Orbene, la ricorrente in violazione del principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, non ha ivi riprodotto il contenuto della
surricordata dichiarazione, né quello di altra dichiarazione sostitutiva
ponendo in tal modo questa Corte nella impossibilità di verificare
l’avvenuta osservanza degli adempimenti stabiliti e, dunque, di valutare la
fondatezza della denunciata violazione della norma da parte del giudice
del gravame.
Pervero, in ricorso non è stato neppure allegato che la suddetta
dichiarazione sia stata resa.
Il secondo motivo oltre che inammissibile per le ragioni sopra esposte è
anche infondato.
La manifesta infondatezza e o temerarietà della lite — solo in presenza
delle quali si poteva far luogo alla condanna alle spese della parte
soccombente nei giudizi per prestazioni previdenziali ed assistenziali nella
precedente formulazione dell’art. 152 cit. — non vengono più in rilievo ai
fini della esenzione nella nuova disciplina.

5

dei limiti di reddito” (Cass. n. 5363/2012). E’ stato , altresì, precisato che

Per quanto esposto, si propone il rigetto del ricorso con ordinanza, ai
sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.

argomentazioni non scalfiscono le motivazioni di cui alla riportata
relazione. Osserva, infatti, il Collegio che la dichiarazione cui si fa
riferimento nella relazione è quella prevista dall’art. 152 disp. Att. c.p.c.
nella nuova formulazione e non la dichiarazione dei redditi.
In definitiva, il contenuto e le conclusioni della relazione sono
condivisibili ed il ricorso, pertanto, va rigettato.
Le spese, per il principio della soccombenza, sono poste a carico della
ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente
giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 2.000,00 per
compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

La Di Paolo ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. le cui

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