Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5836 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5836 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 14650-2012 proposto da:
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrente contro
DEL PRETE GIANCARLO, MONTINGELLI STEFANO, GARA
GIUSEPPINA, TOMEI NADIA, CREMISINI FABRIZIO,
PALMERI GIULIA, D’ANGELO MAURA, RANDACIO
PATRIZIA, UBALDI CARLO, GUERCIA GABRIELE,

9 4(1
1

;11-

CALTAVITURO GAETANO, CALABRO’ TINDERA, PASCUCCI
PAMELA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NOMENTANA

Data pubblicazione: 13/03/2014

4

299, presso lo studio dell’avvocato LETTI LORENZO, che li
rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti nonchè contro

CUBELLIS M. ANTONIETTA;

– intimati avverso la sentenza n. 8108/2009 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 29.10.09, depositata il 31/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito per i controricorrenti l’Avvocato Lorenzo Letti che deposita atto
di intervento per Maria Antonietta Cubellis e si riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, gli attuali
resistenti, dipendenti pubblici trasferiti alle dipendenze del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti ai sensi del d.lgs. n. 300 del 1999 e del d.P.R.
n. 177 del 2001, chiedevano che fosse dichiarata la nullità parziale degli
artt. 33 ccn1 compatto Ministeri relativo al quadriennio 1998-2001, 4
ccn1 2000-2001 e 22 cali 2002-2003 e, per l’effetto, che fosse
riconosciuto il loro diritto all’indennità di amministrazione in misura
pari a quella riconosciuta a parità di categoria economica di
appartenenza ai colleghi provenienti dai ruoli del personale del
Ministero dei Trasporti, Direzione Generale della Motorizzazione
Civile. A sostegno della domanda, esponevano che, a norma dell’art.
9 del d.P.R. n. 177/2001, “con le modalità dell’art. 45 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, è avviata la omogeneizzazione delle
indennità di amministrazione corrisposte al personale confluito nel
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ZAFFERANI SANDRA,

Ministero dai Ministeri soppressi”; che l’art. 45 del d.lgs. n. 165 del
2001 prescrive che le pubbliche amministrazioni “garantiscono ai
propri dipendenti…parità di trattamento contrattuale”; che alla luce di
tali disposizioni, la contrattazione collettiva avrebbe dovuto procedere
alla omogeneizzazione delle indennità di amministrazione in

confluite nel Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; che l’art. 33
del call relativo al quadriennio 1998-2001 ed al biennio economico
1998-1999, sottoscritto il 16.2.1999, nonostante il dichiarato intento di
“favorire il processo di perequazione delle retribuzioni
complessivamente spettanti al personale del comparto”, si era limitato
ad incrementare gli importi delle indennità di amministrazione in
godimento “nelle misure previste nell’allegata tabella G”, non
realizzando la perequazione tra il personale proveniente dal soppresso
Ministero dei lavori pubblici e il personale proveniente dal soppresso
Ministero dei Trasporti-Motorizzazione Civile, mantenendo questi
ultimi una indennità di posizione sensibilmente superiore a parità di
posizione e di qualifica con i primi;che la sperequazione non era stata
eliminata nemmeno con il successivo art. 22 del =l relativo al
quadriennio 2002-2005, biennio economico 2002-2003, sottoscritto il
12.6.2003, il quale alle tabelle C e D aveva previsto misure di
incremento differenziate delle predetta indennità; difatti, sebbene
l’incremento della indennità di amministrazione fosse stato maggiore
per i dipendenti provenienti dai ruoli del soppresso Ministero dei
lavori pubblici, rispetto a quello riconosciuto ai dipendenti provenienti
dai ruoli del soppresso Ministero dei Trasporti, non era stato raggiunto
il riallineamento dei trattamenti di cui al d.P.R. n. 177 del 2001. Alla
stregua di tali allegazioni, deducevano che il mancato raggiungimento
della omogeneizzazione dell’indennità di amministrazione confliggeva
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godimento ai dipendenti provenienti dalle singole amministrazioni

con il principio di parità di trattamento di cui all’art. 45 d.lgs. n. 165 del
2001 e con la previsione contenuta nell’art. 9, comma 5 del d.P.R. n.
177 del 2001; che le richiamate disposizioni contrattuali dovevano
essere dichiarare nulle ex art. 1418 per contrasto con la norma
inderogabile di cui all’art. 45 cit.; che spettava al giudice adito il

c.c. attraverso l’estensione ai ricorrenti dei più favorevoli importi
dell’indennità di amministrazione previsti per il personale della
soppressa motorizzazione civile provenienti dal Ministero dei trasporti.
Il Tribunale accoglieva la domanda. La Corte d’Appello di Roma,
riformando solo in parte la sentenza di primo grado, distingueva il
periodo nel quale l’indennità era stata corrisposta in misura inferiore per il quale confermava la condanna dell’Amministrazione alla relativa
erogazione – dal periodo successivo, per il quale riconosceva solo
l’obbligo dell’Amministrazione di equiparare l’indennità tra le categorie
di personale al livello comune da determinare.
Tale sentenza è ora impugnata dal Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti che, con il primo motivo, denuncia violazione dell’art. 2697
c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte di appello
addossato all’Amministrazione l’onere di provare la non omogeneità
delle mansioni svolte dai lavoratori provenienti dai Ministeri accorpati.
Con il secondo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 45 d. lgs. n. 165/01, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per
avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto la violazione del
principio di parità di trattamento contrattuale; deduce che il D.Lgs. n.
165 del 2001, art. 45, si riferisce soltanto alla pubblica amministrazione
quale datrice di lavoro e non si rivolge alle parti sociali, le quali, in sede
di contrattazione collettiva, possono attribuire differenti trattamenti
economici in esito alla globale valutazione degli interessi contrapposti;
Ric. 2012 n. 14650 sez. ML – ud. 04-02-2014
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compito di sostituire la clausola nulla ex art. 1419, comma secondo,

la Corte territoriale aveva pertanto operato un erroneo intervento
correttivo delle clausole collettive, dovendo tenersi conto che il D.P.R.
n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, aveva demandato alle parti sociali
l’omogeneizzazione delle indennità di amministrazione nell’ambito di
un processo perequativo che escludeva l’irragionevolezza delle

con i vincoli della finanza pubblica, ossia attribuendo gli incrementi
indennitari possibili in base alle risorse finanziarie a disposizione;
peraltro tale processo di graduale riallineamento retributivo era giunto
al termine con la stipula del CCNL 2006-2009, giusta la previsione
dell’art. 31, comma 2, e con il successivo accordo integrativo
dell’8.2.2007.
Il ricorso proposto dal Ministero è manifestamente fondato, alla
stregua della giurisprudenza di questa Corte formatasi sull’argomento
con le sentenze nn. 4971 del 2012, n. 4962 del 2012.
Secondo la giurisprudenza di legittimità,

“il principio espresso

dall’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo il quale le
amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di
trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di
inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta
trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non
costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella
sede, restando quindi vietato, non ogni trattamento differenziato per
singole categorie di lavoratori, ma solo quello contrastante con
specifiche previsioni normative.
Sono state così cassate le decisioni di merito che avevano ritenuto
contrario al principio di parità il prolungato mantenimento di
differenze nell’indennità di amministrazione corrisposta ai dipendenti

Ric. 2012 n. 14650 sez. ML – ud. 04-02-2014
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temporanee differenze ed al quale era stato provveduto coerentemente

del Ministero delle Infrastrutture, provenienti dai soppressi Ministeri
dei Trasporti e dei Lavori Pubblici.
E’ stato così affermato che, in relazione alla confluenza di dipendenti
provenienti da varie amministrazioni nel Ministero, di nuova
istituzione (L. n. 537 del 1993, ex art. 1), dei trasporti e della

istituzione (D.Lgs. n. 300 del 1999, ex art. 41), delle infrastrutture e dei
trasporti, non sono identificabili misure dell’indennità di
amministrazione riferibili al personale in genere di detti Ministeri, e la
perdurante previsione, da parte del CCNL del compatto ministeri 12
giugno 2003 per il quadriennio normativo 2002- 2005 e il biennio
.

economico 2002-2003, di misure differenziate di tale indennità a
seconda delle amministrazioni di provenienza non può considerarsi
discriminatoria, in particolare in relazione al principio di parità di
trattamento di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 che non esclude la
possibilità della contrattazione collettiva di attribuire rilievo anche alle
pregresse vicende dei rapporti di lavoro, ne’ illegittima per violazione
del D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, che ha previsto l’avvio, da
parte della contrattazione collettiva, dell’omogeneizzazione delle
indennità di amministrazione corrisposte al personale confluito nel
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dai Ministeri soppressi
(avendo tale contratto nazionale accordato lo stesso aumento in cifra
.

per i lavoratori provenienti dalle varie amministrazione e avendo
quindi ridotto, sia pure in misura modesta, le differenze in percentuale,
essendo stata poi realizzata la parificazione al livello più vantaggioso
dal CCNL 14 settembre 2007 per il quadriennio normativo 2006-2009
e il biennio economico 2006-2007)”.
Alla stregua di tali principi, che sono integralmente applicabili alla
fattispecie in esame, la disamina del secondo motivo del presente
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navigazione e successivamente nel Ministero, analogamente di nuova

ricorso è logicamente prioritaria, restando assorbito nel relativo
accoglimento l’esame del primo motivo.
Il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9 (Regolamento di organizzazione del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), dopo aver previsto che la
dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti era

costituita dalla sommatoria (fra l’altro) della dotazione organica del
soppresso Ministero dei trasporti e della navigazione e della dotazione
organica del soppresso Ministero dei lavori pubblici, ha stabilito, ai
comma 5, che “con le modalità di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29,
art. 45, è avviata la omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione corrisposte a personale confluito nel Ministero dai
Ministeri soppressi”. Stante il richiamo al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 45,
l’avvio del processo di omogeneizzazione è stato quindi demandato alla
contrattazione collettiva, che vi ha dato effettivamente corso, tanto
che, come del resto riconosciuto da entrambe le parti, il trattamento in
questione è stato definitivamente equiparato con il CCNL 2006 – 2009.
Peraltro le parti collettive, nel dar corso nel tempo a tale
omogeneizzazione, non potevano prescindere dalle risorse
economiche rese in concreto disponibili a tal fine dalla finanza
pubblica, come espressamente riconosciuto nella dichiarazione
congiunta n. 5 contenuta nel CCNL 2002 – 2005, secondo cui: “con
riferimento all’art. 22, le parti affermano che la omogeneizzazione
dell’indennità di amministrazione percepita dai dipendenti in servizio
nei Ministeri accorpati ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, non
assume carattere negoziale essendo connessa con il riassetto delle
Pubbliche Amministrazioni interessate. Le relative risorse, pertanto,
devono essere oggetto di preciso finanziamento di legge non potendo
il contratto collettivo provvedere al raggiungimento di tale obiettivo
con le risorse derivanti dall’applicazione dell’Accordo sul costo del
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^

lavoro 23.7.93. Tuttavia le parti, nell’ambito delle limitate risorse
contrattuali disponibili, si sono fatte carico di portare avanti il processo
di riallineamento retributivo perseguito sin dal CCNL 16.5.95,
attraverso un meccanismo di perequazione dei valori dell’indennità
stessa”.

giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il principio espresso dal
‘ D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2, secondo il quale le
amministrazioni pubbliche devono garantire ai propri dipendenti parità
di trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di
inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva, vietando
trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli ivi
previsti, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali
differenziazioni operate in quella sede, così da non vietare ogni
trattamento differenziato nei confronti di singole categorie di
lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni
normative; ne’, è stato parimenti affermato, in senso contrario valgono
le indicazioni della sentenza n. 103 del 1989 della Corte costituzionale,
restando estranee da sindacato del giudice le scelte compiute in sede di
contrattazione collettiva, le quali, essendosi perfezionate in
contraddittorio, escludono che al soggetto in posizione subalterna sia
mancata la possibilità di far valere ragioni contro scelte arbitrarie del
soggetto in posizione preminente (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n.
10454/2008; Cass., nn. 22437/2011; 11149/2011;12336/2009;
5726/2009; 16504/2008).
Nella sentenza n. 4962/2012 sopra richiamata, è stato – tra l’altro osservato che “…deve convenirsi nell’affermazione che i soggetti della
contrattazione collettiva hanno il potere ampiamente discrezionale non
solo nel valutare la natura, la qualità, l’onerosità dei vari tipi di
.

Ric. 2012 n. 14650 sez. ML – ud. 04-02-2014
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La sentenza impugnata si è discostata da quanto affermato dalla

prestazioni nel delineare i livelli di classificazione del personale e nello
stabilire i vari tipi di compensi, ma anche nel regolare le varie forme di
status normativo ed economico dei lavoratori, eventualmente tenendo
presenti le pregresse vicende dei vari rapporti, anche con norme
sostanzialmente transitorie (cfr. al riguardo, ampiamente la già citata

esaurimento al fine salvaguardare diritti quesiti di natura economica,
anche Cass. 9313/2011). Alla luce dei principi esposti, appare chiaro
che vi è stato un esercizio della discrezionalità che loro compete da
parte degli agenti contrattuali nell’affrontare il problema della misura
dell’indennità di amministrazione nell’ambito dei nuovi Ministeri,
rispetto alla quale non sono ravvisabili profili di illegittimità, in
particolare con riferimento alle posizioni dei lavoratori in
considerazione nella presente causa. Infatti, se potrebbe convenirsi
che, ai fini di una più ordinata e razionale disciplina dei rapporti di
lavoro, sarebbe stata opportuna la individuazione di una misura
dell’indennità di amministrazione specifica per i nuovi ministeri (anche
allo scopo di offrire un parametro utilizzabile con riferimento agli
eventuali lavoratori di nuova assunzione o fruenti di mobilità a titolo
individuale), deve anche rilevarsi che le parti non avrebbero dovuto
necessariamente fare riferimento alla misura più favorevole di quelle in
godimento dai vari gruppi di lavoratori confluiti in detti ministeri: per
esempio avrebbe potuto essere prescelta la misura meno favorevole,
salva l’eventuale introduzione di misure di tutela delle condizioni più
favorevoli in atto con trattamenti ad personam. Pertanto la scelta di
rimandare la definitiva soluzione del problema può essere stata
consigliata anche dall’aspirazione di aspettare momenti più favorevoli
per portare tutti i lavoratori al livello più elevato, come poi
effettivamente è avvenuto. Rimane solo da rilevare che la previsione
Ric. 2012 n. 14650 sez. ML – ud. 04-02-2014
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sentenza n. 22437/2011, e riguardo alla istituzione di ruoli ad

regolamentare sull’avvio” della omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione lasciava alla contrattazione collettiva, del resto
espressamente delegata a tal fine, ampia possibilità di apprezzamento
circa i tempi e i modi di tale operazione. Tale direttiva non può quindi
ritenersi violata dalla susseguente contrattazione, che con il contratto

in senso contrario alla omogeneizzazione…”.
La sentenza impugnata ha errato quindi nel ritenere la ricorrenza nella
specie di una disparità di trattamento integrante una illegittima
discriminazione.
L’accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione della
sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, il rigetto delle domande già accolte in sede di merito.
Considerato che la giurisprudenza di legittimità in argomento si è
formata in epoca successiva alla sentenza impugnata, ricorrono le
condizioni per la compensazione tra le parti delle spese dell’intero
processo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta l’originaria domanda; compensa le spese dell’intero
processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2014
Presidente

collettivo per il quadriennio 2002-2005 non ha effettuato alcuna scelta

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