Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5835 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5835 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 24745-2011 proposto da:
DE MORELLI MARIA GIUSEPPINA TERESA
DMRMRA60R58F205N, LOLLI FABIO LLLFBA58P03H501X,
CAVO GIOVANNI CVAGNN67P2OH501K, RAIMONDO
VALERIA RMNVLR68E66H501Z, FLAMINI FABRIZIO
FLMFRZ68B20H501W,

BERTINI

BRTRTT51E46H501N,

MOLLO

ORIETTA
RICCARDO

MLLRCR58L18H501H,

PAGANI

ANTONELLA

PGNNNL66D59H501R,

CATOZI

ALESSANDRO

CTZLSN66R15H501Q,

STANI

MARIA

OLMINA

SNIMLM45S66H501M,

TOCCO

MARIA

ROSARIA

TCCMRS59S68H501T,

AUTENZIO

MARISA

TNZMRS48A64I682B,

MATARAZZO

MAURIZIO

MTRMRZ61A31H501X,
PDRDCR6OL18H501U,

PEDERCINI DUCCIO RAFFAELE
NERI

MARIA

GRAZIA

Data pubblicazione: 13/03/2014

NREMGR51C44H501M, TATTOLO ROSA TTTRS047L67H501X,
CATANIA FRANCESCO CTNFNC58M07H501R, AGOSTINI
SIMONETTA GSTSNT53H58H501Z, CHILLA’ MARIA
CARMELA CHLMCR54D46I929P, MIRANDA VINCENZO
MRNVCN42R02I483V, CATALANO CARMINE

DPTMLR64RL51H501,

CONDELLO

ROSALBA

CNDRLB51A58H501C,

UCCIERO

VALERIA

CCRVLR53B65E897L,

DI

DMLPLA50R47H501A,

SIMONI

SMNSND61B60F611Z,
CCCLSN66E28H501P,

MEOLA

CICCIA
NARDELLA

PAOLA
SECONDA
ALESSANDRO
MICHELINA

NRDMHL48L44B829F, MANGINI MARIA TOSCA
MNGMTS52R56F376L, CAMILLI ENZO CMLNZE49S06H501W,
COCOZZELLO ARNALDO CCZRLD53H3OH501H, FIORELLI
ANTONELLA FRLNNL66C46H501N, GABRIELLI FULVIA
GBRFLV69A56H501P, CECCARELLI ROSSELLA
CCCRSL57M62H501R,
PZZGNN63E10H501J,
MLRBRN62P24H076Q,

APUZZO
MALERBA
MANCUSO

GIOVANNI
BRUNO
STEFANIA

MNCSFN65E47H501U, RIVA DANIELA RVIDNL58B56I855M,
LENTINI ROSA LNTRS041M53Z326H, GIANNONI ROSELLA
GNNRLL53M67E012S, TORCHIA PATRIZIA
TRCPRZ51P60Z345B, TESTA ROSALBA TSTRLB61M41H501W,
BUCARELLI PAOLA BCRPLA63B68H5010, BRUNO ROSSANA
BRNRSN48R62E229R, ALTIERI ANGELA SILVANA
LTRNLS57C70F284W, PASCOLI CINZIA PSCCNZ61S50H501X,
MARINO ANTONELLA MRNNNL66E46H501M, ROSSI MARIA
GRAZIA RSSMGR61C47H5010, BIANCHINI MARIA LISA
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-2-

CTLCMN68D19A783P, DE PETRIS ELENA MARIA

BCNMLS61B51D586I, BARILA’ MARIA BRLMRA63D41I537H,
TERESI MARIA ANTONIETTA TRSMNT65M43H501Z, CERESA

LVTPLA69E63Z326X,

MARINO

MRNMCL64D06H5010,
RPNMHL66L09H703E,
SPSBRC49P48F839M,

FRNRSL58L48H501C,

MARCELLO

ARPINO

MICHELE

SPASIANO

BEATRICE

AVERSANO

VRSLSN66L10H5015,

VETRO PAOLA

FRANCUCCI
GALEONE

ALESSANDRO
ORSOLA
ANTONELLA

GLNNNL62S68H501I, GIUGNO ANNA GGNNNA52L54B963M,
RICCI CLAUDIA RCCCLD65B60H501T, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA L. MANCINELLI 1, presso lo studio dell’avvocato
SAOLINI PAOLO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato D’IPPOLITO MICHELE, giuste procure speciali in calce
al ricorso;
– ricorrenti contro

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
80224030587 – già Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale in
persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope
legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7703/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA dell’8.10.2010, depositata il 19/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/02/2014 dal Consigliere Relatore Doti DANIELA BLASUTTO.
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-3-

ANNAMARIA CRSNMR52M64H288N, LO

FATTO E DIRITTO
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di
relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio, letta la
memoria del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Con ricorso al Giudice del lavoro del Tribunale di Roma, gli attuali

Sociale, trasferiti alle dipendenze del Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti ai sensi del d.lgs. n. 300 del 1999 e del d.P.R. n. 177 del
2001, chiedevano che fosse dichiarata la nullità parziale degli artt. 33
ccn1 comparto Ministeri relativo al quadriennio 1998-2001, 4 ccn1
2000-2001 e 22 ccn1 2002-2003 e, per l’effetto, che fosse riconosciuto
il loro diritto all’indennità di amministrazione in misura pari a quella
riconosciuta a parità di categoria economica di appartenenza ai colleghi
provenienti dai ruoli del personale del Ministero dei Trasporti,
Direzione Generale della Motorizzazione Civile.
In particolare, sostenevano che, a norma dell’art. 9 del d.P.R. n.
177/2001, “con le modalità dell’art. 45 del decreto legislativo 3
febbraio 1993 n. 29, è avviata la omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione corrisposte al personale confluito nel Ministero dai
Ministeri soppressi”. L’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 prescrive che le
pubbliche amministrazioni “garantiscono ai propri dipendenti…parità
di trattamento contrattuale”. Alla luce di tali disposizioni, la
contrattazione collettiva avrebbe dovuto procedere alla
omogeneizzazione delle indennità di amministrazione in godimento ai
dipendenti provenienti dalle singole amministrazioni confluite nel
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. L’art. 33 del ccn1 relativo
al quadriennio 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999,
sottoscritto il 16.2.1999, nonostante il dichiarato intento di “favorire il
processo di perequazione delle retribuzioni complessivamente spettanti
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-4-

resistenti, tutti dipendenti del Ministero del Lavoro e della Previdenza

al personale del comparto”, si era limitato ad incrementare gli importi
delle indennità di amministrazione in godimento “nelle misure previste
nell’allegata tabella G”, non realizzando la perequazione tra il personale
proveniente dai Ministeri soppressi e il personale proveniente dal
Ministero dei Trasporti-Motorizzazione Civile ed aveva mantenuto a

parità di posizione e di qualifica con i primi. La sperequazione non era
stata eliminata nemmeno con il successivo art. 22 del =l relativo al
quadriennio 2002-2005, biennio economico 2002-2003, sottoscritto il
12.6.2003. Il mancato raggiungimento della omogeneizzazione
dell’indennità di amministrazione confliggeva con il principio di parità
di trattamento di cui all’art. 45 d.lgs. n. 165 del 2001 e con la previsione
contenuta nell’art. 9, comma 5 del d.P.R. n. 177 del 2001. Le
richiamate disposizioni contrattuali dovevano essere dichiarare nulle ex
art. 1418 per contrasto con la norma inderogabile di cui all’art. 45 cit..
Spettava al giudice adito il compito di sostituire la clausola nulla ex art.
1419, comma secondo, c.c. attraverso l’estensione ai ricorrenti dei più
favorevoli importi dell’indennità di amministrazione previsti per il
personale della soppressa motorizzazione civile provenienti dal
Ministero dei trasporti.
Il Tribunale respingeva la domanda, con sentenza confermata dalla
Corte di appello di Roma.
La Corte territoriale osservava come l’intento del legislatore – che nel
d.lgs. n. 300/99 aveva specificato che la nuova organizzazione e la
dotazione organica del personale non dovevano “comunque
comportare incrementi di spesa” – fosse quella di procedere
all’accorpamento tra le diverse strutture ministeriali garantendo il
principio della “invarianza di spesa” e rinviando alla contrattazione
collettiva il compito di procedere alla progressiva omogeneizzazione
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-5-

questi ultimi una indennità di posizione sensibilmente superiore a

.

dei trattamenti. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il
processo di perequazione era stato realizzato attraverso le previsioni
dell’art. 22 CCNL biennio economico 2002-2003, il primo sottoscritto
nella vigenza dell’art. 7 d.p.r. n. 176/2001. “Dall’esame delle tabelle
emerge che esse hanno tenuto conto della diversità delle situazioni

iniziali, in quanto prevedono incrementi mensili della indennità di
amministrazione sensibilmente superiori per il personale proveniente
dai Ministeri (tab. D) rispetto a quelli stabiliti per i dipendenti dell’ex
PCM (tabella C)”. Le parti collettive avevano dunque accolto l’invito
del legislatore, iniziando il processo di omogeneizzazione dell’indennità
di amministrazione, nel rispetto dell’art. 7 del d.P.R. n. 176/2001,
come anche propugnato nella dichiarazione congiunta n. 5 in
O

riferimento all’art. 22 CCNL 2002-2005, nella quale era stato
evidenziato che la totale equiparazione avrebbe richiesto risorse
aggiuntive, non potendo il contratto collettivo provvedervi con le
risorse derivanti dall’applicazione dell’accordo sul costo del lavoro del
23 luglio 1993.
Tale sentenza è ora impugnata dai lavoratori che, con il primo
motivo, denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 4 d. lgs. n
300/99, dell’art. 7, commi 3 e 4, d.P.R. n. 176/2001 e dell’art. 45 d. lgs.
n. 165/01, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per non avere la Corte
territoriale debitamente considerato che il comma 4 dell’art. 7 d.p.r. n.
176/200, stabilendo che l’omogenizzazione dell’indennità di
.

amministrazione doveva avvenire nel rispetto dell’art. 45 d. lgs. n. 29
del 1993, non l’aveva subordinata al rispetto del criterio dell’invarianza
di spesa, stabilendo solo la garanzia di parità di trattamento
retributivo. Inoltre, la Corte di appello aveva confuso l’incremento di
cui all’art. 22 cali 2002-2003 con l’effettiva omogeneizzazione
dell’indennità di amministrazione tra tutti i dipendenti, essendo stato
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-6-

^

operato solo un incremento proporzionale di alcuni importi
dell’indennità e non un tendenziale livellamento. Erroneamente era
stata esclusa la violazione del principio di parità di trattamento
contrattuale di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45.
Con il secondo motivo, denunciano violazione e/o falsa applicazione

comma secondo, lett. a), del CCNL comparto Ministeri 1994/1997 e
all’art. 33 CCNL comparto Ministeri biennio 1998/2001, dovendo
tenersi conto che il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, aveva
demandato alle parti sociali l’omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione nell’ambito di un processo perequativo che escludeva
differenziazioni, mentre anche nelle tabelle retributive menzionate
dalla Corte di appello era stata mantenuta una disparità di trattamento.
Non poteva che conseguire la nullità parziale dei CCNL nella parte in
cui non prevedevano la totale perequazione economica tra tutti i
dipendenti in ordine alla indennità di amministrazione, con
sostituzione di diritto ex art. 1419 comma secondo c.c. della
disposizione illegittima con la previsione dell’indennità in misura pari a
quella corrisposta agli altri dipendenti.
Il ricorso è manifestamente infondato, alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte formatasi sull’argomento con le
sentenze n. 4971 del 2012, n. 4962 del 2012.
Secondo la giurisprudenza di legittimità,

“il principio espresso

dall’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001, secondo il quale le
amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti parità di
trattamento contrattuale, opera nell’ambito del sistema di
inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva e vieta
trattamenti migliorativi o peggiorativi a titolo individuale, ma non
costituisce parametro per giudicare le differenziazioni operate in quella
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-7-

di accordi collettivi nazionali di lavoro, in riferimento all’art. 34,

sede, restando quindi vietato, non ogni trattamento differenziato per
singole categorie di lavoratori, ma solo quello contrastante con
specifiche previsioni normative”.
Sono state così cassate le decisioni di merito che avevano ritenuto
contrario al principio di parità il prolungato mantenimento di

differenze nell’indennità di amministrazione corrisposta ai dipendenti
del Ministero delle Infrastrutture, provenienti dai Ministeri soppressi.
E’ stato affermato che, in relazione alla confluenza di dipendenti
provenienti da varie amministrazioni nel Ministero, di nuova
istituzione (L. n. 537 del 1993, ex art. 1), dei trasporti e della
navigazione e successivamente nel Ministero, analogamente di nuova
istituzione (D.Lgs. n. 300 del 1999, ex art. 41), delle infrastrutture e dei
trasporti, non sono identificabili misure dell’indennità di
amministrazione riferibili al personale in genere di detti Ministeri, e la
perdurante previsione, da parte del CCNL del comparto ministeri 12
giugno 2003 per il quadriennio normativo 2002- 2005 e il biennio
economico 2002-2003, di misure differenziate di tale indennità a
seconda delle amministrazioni di provenienza non può considerarsi
discriminatoria, in particolare in relazione al principio di parità di
trattamento di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 che non esclude la
possibilità della contrattazione collettiva di attribuire rilievo anche alle
pregresse vicende dei rapporti di lavoro, ne’ illegittima per violazione
del D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9, comma 5, che ha previsto l’avvio, da
parte della contrattazione collettiva, dell’omogeneizzazione delle
indennità di amministrazione corrisposte al personale confluito nel
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dai Ministeri soppressi
(avendo tale contratto nazionale accordato lo stesso aumento in cifra
per i lavoratori provenienti dalle varie amministrazione e avendo
quindi ridotto, sia pure in misura modesta, le differenze in percentuale,
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-8-

A

essendo stata poi realizzata la parificazione al livello più vantaggioso
dal CCNL 14 settembre 2007 per il quadriennio normativo 2006-2009
e il biennio economico 2006-2007)”.
Il D.P.R. n. 177 del 2001, art. 9 (Regolamento di organizzazione del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), dopo aver previsto che la

costituita dalla sommatoria (fra l’altro) della dotazione organica del
soppresso Ministero dei trasporti e della navigazione e della dotazione
organica del soppresso Ministero dei lavori pubblici, ha stabilito, ai
comma 5, che “con le modalità di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29,
art. 45, è avviata la omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione corrisposte a personale confluito nel Ministero dai
Ministeri soppressi”. Stante il richiamo al D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 45,
l’avvio del processo di omogeneizzazione è stato quindi demandato alla
contrattazione collettiva, che vi ha dato effettivamente corso, tanto
che, come del resto riconosciuto da entrambe le parti, il trattamento in
questione è stato definitivamente equiparato con il CCNL 2006 – 2009.
Peraltro le parti collettive, nel dar corso nel tempo a tale
omogeneizzazione, non potevano prescindere dalle risorse
economiche rese in concreto disponibili a tal fine dalla finanza
pubblica, come espressamente riconosciuto nella dichiarazione
congiunta n. 5 contenuta nel CCNL 2002 – 2005, secondo cui: “con
riferimento all’art. 22, le parti affermano che la omogeneizzazione
dell’indennità di amministrazione percepita dai dipendenti in servizio
nei Ministeri accorpati ai sensi del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, non
assume carattere negoziale essendo connessa con il riassetto delle
Pubbliche Amministrazioni interessate. Le relative risorse, pertanto,
devono essere oggetto di preciso finanziamento di legge non potendo
il contratto collettivo provvedere al raggiungimento di tale obiettivo
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-9-

dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti era

con le risorse derivanti dall’applicazione dell’Accordo sul costo del
lavoro 23.7.93. Tuttavia le parti, nell’ambito delle limitate risorse
contrattuali disponibili, si sono fatte carico di portare avanti il processo
di riallineamento retributivo perseguito sin dal CCNL 16.5.95,
attraverso un meccanismo di perequazione dei valori dell’indennità

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il
principio espresso dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 2,
secondo il quale le amministrazioni pubbliche devono garantire ai
propri dipendenti parità di trattamento contrattuale, opera nell’ambito
del sistema di inquadramento previsto dalla contrattazione collettiva,
vietando trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a
quelli ivi previsti, ma non costituisce parametro per giudicare delle
eventuali differenziazioni operate in quella sede, così da non vietare
ogni trattamento differenziato nei confronti di singole categorie di
lavoratori, ma solo quelli contrastanti con specifiche previsioni
normative; ne’, è stato parimenti affermato, in senso contrario valgono
le indicazioni della sentenza n. 103 del 1989 della Corte costituzionale,
restando estranee da sindacato del giudice le scelte compiute in sede di
contrattazione collettiva, le quali, essendosi perfezionate in
contraddittorio, escludono che al soggetto in posizione subalterna sia
mancata la possibilità di far valere ragioni contro scelte arbitrarie del
soggetto in posizione preminente (cfr., ex plurimis, Cass., SU, n.
10454/2008; Cass., nn. 22437/2011; 11149/2011;12336/2009;
5726/2009; 16504/2008).
Nella sentenza n. 4962/2012 sopra richiamata, è stato – tra l’altro osservato che “…deve convenirsi nell’affermazione che i soggetti della
contrattazione collettiva hanno il potere ampiamente discrezionale non
solo nel valutare la natura, la qualità, l’onerosità dei vari tipi di
Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-10-

stessa”.

prestazioni nel delineare i livelli di classificazione del personale e nello
stabilire i vari tipi di compensi, ma anche nel regolare le varie forme di
status normativo ed economico dei lavoratori, eventualmente tenendo
presenti le pregresse vicende dei vari rapporti, anche con norme
sostanzialmente transitorie (cfr. al riguardo, ampiamente la già citata

esaurimento al fine salvaguardare diritti quesiti di natura economica,
anche Cass. 9313/2011). Alla luce dei principi esposti, appare chiaro
che vi è stato un esercizio della discrezionalità che loro compete da
parte degli agenti contrattuali nell’affrontare il problema della misura
dell’indennità di amministrazione nell’ambito dei nuovi Ministeri,
rispetto alla quale non sono ravvisabili profili di illegittimità, in
particolare con riferimento alle posizioni dei lavoratori in
considerazione nella presente causa. Infatti, se potrebbe convenirsi
che, ai fini di una più ordinata e razionale disciplina dei rapporti di
lavoro, sarebbe stata opportuna la individuazione di una misura
dell’indennità di amministrazione specifica per i nuovi ministeri (anche
allo scopo di offrire un parametro utilizzabile con riferimento agli
eventuali lavoratori di nuova assunzione o fruenti di mobilità a titolo
individuale), deve anche rilevarsi che le parti non avrebbero dovuto
necessariamente fare riferimento alla misura più favorevole di quelle in
godimento dai vari gruppi di lavoratori confluiti in detti ministeri: per
esempio avrebbe potuto essere prescelta la misura meno favorevole,
salva l’eventuale introduzione di misure di tutela delle condizioni più
favorevoli in atto con trattamenti ad personam. Pertanto la scelta di
rimandare la definitiva soluzione del problema può essere stata
consigliata anche dall’aspirazione di aspettare momenti più favorevoli
per portare tutti i lavoratori al livello più elevato, come poi
effettivamente è avvenuto. Rimane solo da rilevare che la previsione

Ric. 2011 n. 24745 sez. ML – ud. 04-02-2014
-11-

sentenza n. 22437/2011, e riguardo alla istituzione di ruoli ad

regolamentare sull’avvio” della omogeneizzazione delle indennità di
amministrazione lasciava alla contrattazione collettiva, del resto
espressamente delegata a tal fine, ampia possibilità di apprezzamento
circa i tempi e i modi di tale operazione. Tale direttiva non può quindi
ritenersi violata dalla susseguente contrattazione, che con il contratto

in senso contrario alla omogeneizzazione…”.
La sentenza impugnata è conforme ai principi suddetti; ne consegue il
rigetto del ricorso, in quanto manifestamente infondato.
Considerato che la giurisprudenza di legittimità in argomento si è
formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione
ora esaminato, ricorrono le condizioni per la compensazione tra le parti
delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 febbraio 2014
Il Presidente

collettivo per il quadriennio 2002-2005 non ha effettuato alcuna scelta

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