Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5831 del 13/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 5831 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 8603-2012 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
GIGLI MARCO, REGIONE TOSCANA;

– intimati avverso la sentenza n. 1263/2011 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE del 24/11/2011, depositata 11 23/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/01/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Data pubblicazione: 13/03/2014

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 30
gennaio 2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione
redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con ricorso al Tribunale di Firenze Gigli Marco chiedeva, nei confronti

suo diritto alla rivalutazione della componente dell’indennizzo di cui alla
legge n. 210/1992 denominata indennità integrativa speciale (IIS).
L’adito giudice rigettava la domanda.
Tale decisione veniva riformata dalla Corte di appello di Firenze che, a
seguito di gravame del Gigli, ne accoglieva la domanda nei confronti del
Ministero della Salute, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della
Regione Toscana.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Ministero della Salute
affidato a due motivi.
Il Gigli e la Regione Toscana sono rimasti intimati.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione
degli artt. 7 L. n. 59 del 15.3.97, art. 7 co.1° ed art. 144 D.Lgs n 112 in
combinato disposto dei DM 26.5.00 art. 3, DM 18.1.2002 e DM 24.7.2003
per avere la Corte di merito erroneamente ritenuto la legittimazione
passiva del Ministero della Salute.
Il motivo è manifestamente infondato alla stregua del principio enunciato,
in materia, dalle Sezioni unite di questa Corte che, con la sentenza n.
12538 del 2011, hanno osservato, in sintesi, che: a) le disposizioni sul
contenzioso contenute nei d.P.C.M. 26 maggio 2000, 8 gennaio 2002 e 24
luglio 2003 riguardano solo l’onere dello stesso e non anche una regola
processuale sulla legittimazione passiva che, peraltro, non potrebbe
comunque desumersi per inidoneità della fonte a disciplinare tale aspetto,
pur in un mutato contesto costituzionale di riparto delle competenze
t

del Ministero della Salute e della Regione Toscana, il riconoscimento del

legislative tra Stato e Regione, che assegna, ora, alle Regioni la competenza
residuale in materia di assistenza sociale; b) la legge n. 210 del 1992, art. 5
continua ad assegnare al Ministro della salute la competenza a decidere il
ricorso amministrativo avverso la valutazione della commissione medicoospedaliera; c) questa competenza è stata fatta salva dal d.Lgs. n. 112 del

Regioni di compiti e funzioni in tema di indennizzo (ad opera dei cit.
d.P.C.M. 8 gennaio 2002 e 24 luglio 2003) e di attribuzione alle Regioni
della competenza legislativa residuale in materia di assistenza pubblica (ad
opera dell’art. 117 Cost., comma 4, riformato). Le Sezioni unite hanno,
pertanto, chiarito che, come il Ministero della salute decide in sede
amministrativa pronunciandosi sul ricorso di chi chiede la prestazione
assistenziale in esame, analogamente è nei suoi confronti che va proposta
l’azione giudiziaria con cui il danneggiato rivendica l’indennizzo,
affermando il principio di diritto secondo cui: “nelle controversie aventi ad
oggetto l’indennizzo previsto dalla L. 25 febbraio 1992, n. 210, in favore
dei soggetti che hanno riportato danni irreversibili a causa di vaccinazioni
obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati e da questi
ultimi proposte per l’accertamento del diritto al beneficio sussiste la
legittimazione passiva del Ministero della salute”.
Va, inoltre, precisato che la suddetta sentenza delle Sezioni Unite è
stata resa in una fattispecie in cui il Ministero della Salute era stato già
destinatario di pronuncia di condanna nei gradi di merito e che anche in
relazione a tale domanda va, quindi, letta la ritenuta legittimazione passiva
del Ministero.
Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione
del’art. 2948 n. 4 c.c. .
Si assume che la domanda ha ad oggetto la rivalutazione sui ratei
dell’indennità integrativa speciale – voce dell’indennizzo ex L. n. 210/92 —

2

1998, art. 123 e sopravvive anche nel mutato contesto di trasferimento alle

maturati e corrisposti senza la rivalutazione nel periodo compreso dal
1.3.99 ( primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa)
fino alla data di presentazione del ricorso e si ripropone l’eccezione di
prescrizione quinquennale evidenziandosi che la prescrizione decennale
concerne solo i ratei arretrati e non riscossi mentre al caso in esame in cui

applicata la prescrizione quinquennale. Pertanto, sarebbe prescritta la
pretesa relativa ai ratei anteriori al 5.4.2003 ( primo atto interruttivo
individuato nella lettera raccomandata del 5.4.2008).
Il morivo è infondato.
Per quel che riguarda il regime prescrizionale osserva il Collegio che nella
impugnata sentenza è stato correttamente applicato il principio affermato
dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui alle componenti essenziali
di ratei di prestazioni previdenziali o assistenziali non liquidate si applica la
prescrizione ordinaria decennale e non la prescrizione quinquennale, che
presuppone la liquidità del credito, da intendere, non secondo la nozione
comune desumibile dall’art. 1282 cod. civ., ma quale effetto del
completamento del procedimento amministrativo di liquidazione della spesa
(procedimento di contabilità, diverso da quello di liquidazione della spesa)
con messa a disposizione dell’avente diritto delle relative somme, come fatto
palese dal disposto dell’art. 129 del regio decreto legge 4 ottobre 1935, n.
1827, secondo cui si prescrivono in cinque anni a favore dell’istituto le rate
di pensione “non riscosse”; ne consegue che il diritto di credito relativo a
qualsiasi somma (ivi compresa quella per rivalutazione ed interessi,
costituente parte integrante del credito base) che non sia stata posta in
riscossione si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di credito non
liquido ai sensi e per gli effetti del citato art. 129 ( Cass. SU n. 10955 del
25/07/2002 ; succ conf.: Cass. n. 17771 del 22/11/2003; Cass. n. 16388 del
20/08/2004; Cass. n. 23589 del 6.1.2009).

3

è stata richiesta la rivalutazione rispetto a ratei regolarmente riscossi va

Per tutto quanto sopra considerato, si propone il rigetto del ricorso,
con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n. 5, cod. proc. civ..”
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.

ricorso infondato e da rigettare.
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo il Gigli
e la Regione Campania rimasti intimati.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2014
Il Preside

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ritenendo, quindi, il

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