Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 583 del 15/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2021, (ud. 20/10/2020, dep. 15/01/2021), n.583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12445/2015 R.G. proposto da:

CONSORZIO BONIFICA PER LA CAPITANATA, in persona del Presidente e

legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv.

Nicola Zingrillo, con domicilio eletto in Roma, via Raffaele

Caverni, n. 6, presso l’Avv. Michele di Carlo;

– ricorrente –

contro

C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia- sezione staccata di Foggia, n. 691/26/14, depositata il 24

marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Consorzio di bonifica della Capitanata, tramite il Concessionario della riscossione della Provincia di Foggia, ha notificato ad C.A. la cartella esattoriale con la quale chiedeva il pagamento della somma di Euro 754,18, per il contributo consortile di cui all’anno 2005, relativo a terreni di proprietà del consorziato.

2. Avverso tale cartella il consorziato ha proposto ricorso, innanzi la Commissione tributaria provinciale di Foggia, assumendo l’insussistenza dell’obbligo contributivo per mancanza del relativo presupposto oggettivo, in difetto di qualsivoglia beneficio diretto o indiretto a vantaggio del proprio fondo.

L’adita CTP ha rigettato il ricorso.

3. Il contribuente ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado dinnanzi la Commissione tributaria regionale della Puglia-sezione staccata di Foggia, che, con la sentenza n. 691/26/14, depositata il 24 marzo 2014, lo ha accolto.

4. Il Consorzio ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi.

5. Il contribuente è rimasto intimato.

6. Il Consorzio ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminarmente, deve darsi atto che nella memoria depositata dal ricorrente si sostiene l’inapplicabilità al Consorzio dello stralcio dei debiti fino a mille Euro affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2010, come da D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 4, convertito dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136 e sopravvenuto alla proposizione del ricorso. Premesso che il contribuente è rimasto intimato, deve rilevarsi che dagli atti non emergono i dati oggettivi (cronologici, ai fini della decorrenza degli accessori, e comunque quantitativi) sufficienti a verificare se ricorrano i presupposti (debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille Euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione) della relativa fattispecie legale, non avendo il ricorrente dedotto l’avvenuto deposito della cartella di pagamento in questione ed essendo, proprio relativamente al quantum, non totalmente coincidenti gli importi di cui al ricorso (esposto come “importo complessivo”) con quello di cui alla sentenza (esposto come sorte, “oltre accessori). Pertanto, in questa sede, neppure si pone la questione dell’applicabilità eventuale della predetta norma.

2. Con il primo motivo il ricorrente Consorzio lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 860 c.c. e del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice a quo escluso che costituiscano presupposti per l’assoggettamento a contributo quegli interventi di bonifica che arrechino un beneficio non ad una singola proprietà, ma a tutte le proprietà terriere comprese nella zona territoriale di intervento. In tal modo, assume il ricorrente, la CTR ha confuso i benefici “generici” delle opere di bonifica, che non legittimano l’obbligo di contribuzione, con quelli “generali”, che invece sono presupposto dello stesso obbligo. Tale distinzione, sottolinea il ricorrente, è ben delineata nella motivazione di una pronuncia in materia di questa Corte, nella quale si legge che ” Il vantaggio può essere generale, e cioè riguardante un insieme rilevante di immobili (vedi supra) che tutti ricavano il beneficio, ma non può essere generico, in quanto altrimenti sarebbe perduta l’inerenza al fondo beneficiato, la quale è assicurata soltanto dal carattere particolare (anche se ripetuto per una pluralità di fondi) del vantaggio stesso. Non rileva il beneficio complessivo che deriva dall’esecuzione di tutte le opere di bonifica, destinate a fini di interesse generale; non rileva il miglioramento complessivo dell’igiene e della salubrità dell’aria; occorre un incremento di valore dell’immobile soggetto a contributo, in rapporto causale con le opere di bonifica (e con la loro manutenzione). Concludendo, il beneficio deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile a causa della bonifica, e cioè tradursi in una “qualità” del fondo.” (Cass., Sez. U., 14/10/1996, n. 8960, in motivazione). Aggiunge inoltre il ricorrente che, come questa Corte ha chiarito, in tema di contributi consortili di bonifica, il presupposto impositivo, che si basa sull’esistenza di un beneficio fondiario specifico e non generico, è intrinseco nell’ipotesi di opere di difesa idraulica del territorio, in quanto i fondi che ne sono difesi acquistano di per sè maggior valore per effetto di tali opere (Cass. 19/12/2014, n. 27057; conforme Cass. 30/12/2016, n. 27469).

2.1. Il motivo è fondato, nei termini che seguono.

Infatti, come rilevato dal giudice delle leggi (Corte Cost. sent. 25 settembre 2018, n. 188), sulla scorta del diritto vivente derivante dall’approdo costante ed univoco della giurisprudenza di legittimità sulla natura tributaria del contributo consortile di bonifica, quest’ultimo ha struttura non sinallagmatica, e costituisce un contributo di scopo. Pertanto, “deve conseguentemente identificarsi un vero e proprio potere impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del “beneficio” che all’immobile deriva dall’attività di bonifica.

In ragione di tale qualificazione, il necessario “beneficio” non è espressione di un rapporto sinallagmatico; ma c’è un tributo che può definirsi di scopo, almeno in senso lato, perchè destinato ad alimentare la provvista del Consorzio per poter realizzare le opere di bonifica.

Il beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è legato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono; (…) Nondimeno, nel caso dei contributi consortili di bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l’imposizione fiscale; esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell’attività di bonifica, che, in ragione del miglioramento che deriva all’immobile del consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria.” (Corte Cost. sent. 25 settembre 2018, n. 188, cit., in motivazione). Pertanto, ha errato la CTR laddove, nell’escludere per i fondi del contribuente la sussistenza del “beneficio idraulico”, presupposto dell’imposizione, ponendosi su un piano strettamente sinallagmatico, lo ha escluso perchè il contribuente avrebbe fornito la prova della mancata esecuzione, da parte del Consorzio, di specifici interventi di manutenzione nell’anno d’imposta sub iudice.

Piuttosto, il giudice a quo avrebbe dovuto verificare (a prescindere dalla non necessaria relazione corrispettiva tra interventi di manutenzione e pretesa contributiva) se rispetto ai quei medesimi terreni l’attività consortile di bonifica fosse comunque concretamente fruibile, in termini concreti di miglioramento che ne deriva all’immobile del consorziato, con conseguenti effetti sulla capacità contributiva che giustifica l’imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria.

In questi limiti va pertanto accolto il primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in parte qua e rinvio al giudice d’appello per i necessari accertamenti in fatto, da condurre in base ai parametri appena illustrati.

3. Con il secondo motivo il ricorrente Consorzio lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il giudice a quo attribuito erroneamente al Consorzio l’onere di provare che dagli interventi di bonifica siano derivati benefici a favore del fondo del contribuente, mentre sarebbe stato onere del contribuente dare la prova dell’insussistenza dei relativi vantaggi.

A sostegno della censura, il ricorrente invoca l’applicazione dell’orientamento giurisprudenziale di cui è espressione la trascritta decisione di questa Corte, secondo la quale ” (…) la giurisprudenza di questa Corte si è come noto consolidata nel senso dell’assoggettamento al contributo dei terreni che sono inseriti nel Perimetro di contribuenza e nel Piano di classifica; e, ciò, in forza delle presunzioni di cui all’art. 860 c.c. e al R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 10; e, quindi, a meno che il contribuente non alleghi fatti specifici da quali far conseguire che, nella concreta fattispecie, nessun vantaggio i terreni ricevano dalle opere consortili, con ciò permettendo al Consorzio l’esercizio del diritto difensivo e quindi di provare che i fatti dedotti sono inesistenti (Cass. sez. un. 26009 del 2008; Cass. sez. trib. n. 9099 del 2012; Cass. sez. trib. 4671 del 2012); (…) ” (Cass. 02/04/2015, n. 6708, in motivazione).

Il motivo è inammissibile per diverse ragioni.

Invero, così come risulta dalla stessa citazione giurisprudenziale del ricorrente, l’imputazione al contribuente dell’onere di allegare e, per quanto qui soprattutto interessa, provare che specifici terreni di sua proprietà non ricevano, dalle opere consortili, quel vantaggio fondiario che costituisce il presupposto dell’imposizione contributiva, presuppone non la mera insistenza dei medesimi fondi nell’area territoriale gestita dal Consorzio, ma il loro inserimento nel perimetro di contribuenza e nel piano di classifica.

Il perimetro di contribuenza non si identifica con tutto il territorio ricadente nel comprensorio consortile, ma serve a delimitare quell’area, posta all’interno del comprensorio, che gode o godrà dei benefici derivanti dalle particolari opere realizzate o realizzande e che, sola, può essere sottoposta a contribuzione proprio in virtù del vantaggio concretamente ricevuto (Cass. 23/07/2012, n. 12860), ” ossia un incremento di valore, diretto e specifico ed idoneo a tradursi in una qualità del fondo, dalle opere, non potendosi considerare sufficiente un beneficio a favore del complessivo territorio e derivante per mero riflesso dall’inclusione del bene in esso” (Cass. 10/09/2015, n. 17900, resa proprio nei confronti del medesimo Consorzio qui ricorrente).

Pertanto, la verificata inclusione di uno specifico immobile nel perimetro di contribuenza può essere decisiva ai fini della determinazione dell’an del contributo (cfr. Cass., Sez. U, 14/05/2010, n. 11722; Cass. 17/10/2019, n. 26395; Cass. 03/07/2019, n. 17759). Ma determinante, ai fini del quantum, è l’accertamento della legittimità e congruità del piano di classifica, dal quale deriva la precisa identificazione degli immobili e dei relativi vantaggi diretti ed immediati agli stessi derivanti dalle opere eseguite dal Consorzio (cfr. Cass., Sez. U, 14/05/2010, n. 11722, cit.; Cass. 17/10/2019, n. 26395, cit.; Cass. 03/07/2019, n. 17759, cit.).

E’ dunque dall’inclusione di singoli terreni nel perimetro di contribuenza e nel piano di classifica che può derivare, a vantaggio del Consorzio, la presunzione che gli stessi fondi traggano dalle opere consortili un vantaggio che legittima l’imposizione dei contributi consortili nella misura pretesa (cfr., oltre alle pronunce già richiamate, ex plurimis, Cass. 12/11/2014, n. 24070; Cass. 31/10/2014, n. 23220).

Tanto premesso, nel caso di specie, il Consorzio ricorrente, nel corpo del secondo motivo, si è limitato a trascrivere la motivazione di un precedente di questa Corte (Cass. 02/04/2015, n. 6708) che conferma il valore di presunzione relativa che, ai fini dell’assoggettamento al contributo, può attribuirsi all’inserimento di un terreno nel perimetro di contribuenza e nel piano di classifica. Ma, con riferimento alla fattispecie concreta sub iudice, il ricorrente non ha indicato se ha prodotto la relativa documentazione nel giudizio di merito, specificando eventualmente in che grado e fase di quest’ultimo. Tantomeno, poi, il ricorrente (pur a fronte della contestazione radicale dell’obbligazione consortile) ha allegato nel motivo se i fondi in questione siano stati inclusi in un piano di classifica regolarmente adottato, o in ipotesi in alcun altro provvedimento che assuma equivalente.

Pertanto, il motivo è generico ed inammissibile in ordine ai presupposti che, in base all’orientamento di questa Corte sinora illustrato, debbono concorrere ai fini dell’invocata presunzione, a favore del Consorzio, relativa dell’an e del quantum debatur della pretesa contribuzione, non risultando adempiuto l’obbligo di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali quest’ultimo si fonda, nonchè dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).

Inoltre, il motivo è altresì inammissibile perchè non coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza d’appello. Infatti nella motivazione sul punto la CTR ha sì premesso un generico ed incompleto riferimento all’orientamento di legittimità qui richiamato, traendone la conclusione che l’onere di provare il vantaggio controverso gravasse sul Comprensorio. Tuttavia, immediatamente dopo, passando alla valutazione in fatto dei dati istruttori, la CTR ha accolto le ragioni del contribuente perchè ha ritenuto che comunque quest’ultimo avesse fornito la prova dell’inesistenza di alcun vantaggio diretto o indiretto arrecato ai suol fondi dalle opere consortili. Non è stato quindi determinante, nel giudizio in fatto reso dalla CTR, l’ipotetico mancato assolvimento dell’onere probatorio attribuito al Consorzio; ma è stata ritenuta decisiva la prova contraria offerta dal contribuente (nel senso che l’istruttoria svolta nel merito ha fornito elementi rilevanti “al di là dell’identità della parte sulla quale incombeva l’onere della prova” si veda lo stesso ricorso, nel terzo motivo, a proposito della consulenza tecnica d’ufficio per fattispecie analoga cfr. Cass., 09/04/2018, n. 8621, in motivazione).

Quanto poi ai parametri normativi e giurisprudenziali che hanno guidato tale valutazione, rispetto a quelli che avrebbero dovuto piuttosto ispirarla, si rimanda al primo motivo.

3. Con il terzo motivo il ricorrente Consorzio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere il giudice a quo, senza dare conto delle relative ragioni, mancato di considerare gli esiti della consulenza tecnica d’ufficio disposta ed espletata nel giudizio di prime cure, che (come risulta dalla relazione conclusiva trascritta in parte qua nel ricorso) aveva concluso che ” le opere idraulico-scolanti, realizzate dal Consorzio per la bonifica, concorrono ad un beneficio diretto ai terreni di proprietà del C. in oggetto, oltre che ad un aumento del valore fondiario dei terreni stessi”.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del primo e dalla conseguente cassazione della decisione impugnata con rinvio al giudice a quo per ogni necessario accertamento in fatto.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il secondo ed assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale di Bari – sezione staccata di Foggia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2021

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