Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 583 del 15/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 15/01/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 15/01/2020), n.583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 336/2016 R.G. proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in Roma, Circonvallazione

Clodia 165, presso l’avv. Adriano Vecchiarelli, giusta delega in

calce al ricorso, e l’avv. SABRINA SIFO, che lo rappresenta e

difende.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per

legge;

– intimata –

costituita avverso la sentenza della Commissione Regionale della

Campania (Napoli), Sez. 47, n. 5029/47/15 del 15 maggio 2015,

depositata il 27 maggio 2015, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 novembre

2019 dal Consigliere Raffaele Botta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica per variazione del classamento ai sensi della L. n. 662 del 1996, ex art. 3, comma 58, di un immobile di proprietà del contribuente portato da categoria A/2, classe 4, rendita catastale Euro 2.649,42 a categoria A/1, classe 1, rendita catastale Euro 4.219,45. Il ricorrente lamentava che il procedimento si fosse svolto senza alcun contraddittorio preventivo e contestava la sussistenza nell’immobile delle caratteristiche per l’attribuzione della nuova classificazione, oltre che la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi 58 e art. 154, del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 3, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335;

2. Il ricorso era respinto in primo grado e la decisione era confermata in appello con la sentenza in epigrafe avverso la quale il contribuente propone ricorso per cassazione con tre motivi. L’Agenzia delle entrate ha depositato un atto di costituzione ai fini della partecipazione all’udienza di discussione, senza notificare un controricorso;

3. Con il primo motivo di ricorso, il contribuente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. replicando un’eccezione – concernente la notifica dell’avviso di accertamento catastale – che aveva già svolto in sede d’appello avverso la sentenza di primo grado. Il motivo va esaminato in unione con il secondo con il quale, censurando la violazione degli artt. 2697 e 2836 c.c., il ricorrente lamenta sempre la irrituale notifica dello stesso atto di accertamento con specifico riferimento alla mancata esibizione dei titoli originari;

4. Si tratta di censure infondate. Il giudice di merito, pur osservando come sarebbe stato congrua una riunione dei procedimenti richiesta dal contribuente, ha rigorosamente valutato la ricordata eccezione di cui all’art. 115 c.p.c. rilevandone il riferimento a mere questioni di rispetto di regole formali che restano prive di pregio laddove, com’è nel caso di specie, “non vi sia implicata una garanzia di tutela sostanziale”, specialmente tenuto conto che, come il giudice da atto, “non è contestato il dato ontologico della notifica al F. di previo atto di variazione di classamento”;

5. In verità, in ordine all’infondatezza dell’eccezione, va considerato, da un lato, il mancato rispetto nella fattispecie del principio secondo cui “il motivo di ricorso per cassazione con il quale si intenda denunciare l’omessa considerazione, nella sentenza impugnata, della prova derivante dalla assenza di contestazioni della controparte su una determinata circostanza, deve indicare specificamente il contenuto della comparsa di risposta avversaria e degli ulteriori atti difensivi, evidenziando in modo puntuale la genericità o l’eventuale totale assenza di contestazioni sul punto” (Cass. n. 12840 del 2017) e, dall’altro che “spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte” senza che vi sia spazio per un sindacato da parte del giudice di legittimità (Cass. n. 3680 del 2019);

6. Peraltro, in ultima analisi, come emerge dalle fin troppo articolate deduzioni della parte ricorrente l’oggetto precipuo della contestazione è il mancato rispetto delle regole sulla notificazione degli atti che comporta non l’inesistenza dell’atto, ma la nullità della notifica: ma tale questione è superata dalla avvenuta sanatoria ex art. 156 c.p.c. in ragione della proposizione del ricorso da parte del contribuente avverso l’atto stesso. Sanatoria sulla quale nessuna efficace e convincente considerazione è sviluppata nel ricorso;

7. Con il terzo motivo di ricorso il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione al ritenuto vizio di motivazione dell’atto di classamento;

8. Il motivo è inammissibile in quanto diretto a censurare l’atto originariamente impugnato e non la sentenza qui impugnata, rispetto alla quale nulla è dedotto con riferimento alla ratio decidendi, che nemmeno sembra essere individuata nella sua sostanza, nè è riportato nel ricorso il contenuto essenziale dell’atto di classamento che consenta al giudice di legittimità di valutare l’eventuale difetto di motivazione dello stesso alla luce delle argomentazioni sviluppate dal ricorrente;

9. Il ricorso deve essere pertanto respinto. In ragione del mancato utile esercizio di attività difensiva non occorre provvedere sulle spese.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2020

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