Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 583 del 12/01/2017

Cassazione civile, sez. trib., 12/01/2017, (ud. 02/12/2016, dep.12/01/2017),  n. 583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9680/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LEONARDO BRUNO CATELLA, procura non in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 13/2013 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 18/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS Mariella, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle Entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 13/6/13 del 18 gennaio 2013 con la quale la commissione tributaria regionale della Puglia – decidendo in sede di rinvio a seguito di Cass. ord. 30364/11 ha determinato in Euro 136.259,78, oltre interessi, l’importo da essa dovuto a B.M. a titolo di rimborso della maggiore imposizione Irpef operata, mediante ritenuta d’acconto, sulla liquidazione del Fondo Pensione Dirigenti Enel (PIA-Fondenel) a questi spettante alla cessazione del rapporto di lavoro.

In particolare, la commissione tributaria regionale ha determinato il credito di rimborso sulla quota di liquidazione ascrivibile a “rendimento” (assoggettata ad aliquota del 12,50%, come previsto dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 e non all’aliquota applicabile al reddito da tfr separatamente tassato); individuato quest’ultimo nella differenza tra indennità corrisposta e contributi versati, così come evincibile dal prospetto di liquidazione e quietanza redatto da Fondenel il 26 gennaio 2001 e da certificazione di posizione previdenziale rilasciata da Enel il 9 febbraio 2006.

Resiste con controricorso il B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9; D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, conv. in L. n. 30 del 1997; D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), art. 17, comma 2 e art. 42, comma 4; L. n. 482 del 1985, art. 6; D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 14; art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c..

Per non avere la commissione tributaria regionale esattamente applicato il principio di diritto dettato dalla citata ord. Cass. 30364/11, in base alla quale il rendimento rilevante ai fini di causa doveva essere determinato, non già nella pura differenza tra liquidità corrisposta e contribuzione, ma nel rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato. La sentenza qui impugnata, in particolare, avrebbe determinato il rendimento senza accertare gli investimenti concretamente effettuati sul mercato finanziario sulla base delle disposizioni contrattuali applicabili, e le conseguenti plusvalenze realizzate.

p. 2. Il ricorso è fondato.

Nell’ordinanza 30364/11 cit. questa corte aveva disposto che il giudice di rinvio facesse applicazione del criterio fissato da SSUU n. 13642 del 22 giugno 2011 secondo cui: “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al cit. D.P.R. n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17″.

Il giudice di rinvio doveva conformarsi anche alla nozione di “rendimento” qui rilevante, come evincibile appunto dalla decisione delle SSUU cit., (seguita da innumerevoli pronunce di legittimità: Cass. 287/12; 14498/12; 23520/12; 3130/14; 17365/14, ord.; 5614/15 ed altre).

In particolare, Cass. 17365/14 ord., cit., ha ripreso i vari profili nei quali si è articolato il ragionamento delle SSUU osservando, per quanto qui rileva, che:

sulla nozione di “rendimento” (tassabile al 12.50% fino al 31 dicembre 2000), viene richiamato che: “…per rendimento del capitale deve intendersi, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del par. 6.1), il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato, la cui quantificazione deve essere compiuta dal giudice di merito, come questa corte ha avuto modo di ulteriormente specificare nella successiva sentenza 29583/11 – sulla base di una congruente analisi giuridica della fattispecie concreta, che operi l’accertamento della natura e quantità del rendimento che sarebbe stato erogato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego”;

– risulta pertanto necessario, da parte del giudice del merito, svolgere un esame degli investimenti effettuati dal Fondo sul mercato finanziario (alla stregua delle norme contrattuali via via applicabili) e delle plusvalenze con essi realizzati, così da accertare “…se in concreto sussistesse un rendimento imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato (ossia, in termini più espliciti, se la differenza tra le somme erogate al beneficiario e l’ammontare dei contributi versati da lui e dal datore di lavoro derivasse in tutto o in parte dalla gestione di tali contributi sul mercato finanziario)”.

Sempre sul problema della natura ed individuazione della quota di rendimento tassabile, per i “vecchi iscritti”, al 12,50% (sulla differenza tra ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo), Cass. n. 3130/14 ha esplicitato – nello stesso senso – la necessità dell’accertamento di merito sulla sussistenza ed entità del rendimento (effettivo investimento sul mercato del capitale degli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore; risultati dell’investimento; modalità dell’assegnazione delle eventuali plusvalenze così ottenute alle singole posizioni individuali). Posto che è sulla scorta di tale indagine che il giudice di merito “quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota del 12,5%, (come sopra decrementata) secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17”.

Sicchè non può dirsi pienamente rispettato il principio di diritto espresso dalle SSUU – e richiamato dall’ordinanza Cass. 30364/11, tra le parti – ove non sia stato dal giudice di merito compiuto un “accertamento approfondito ed analitico sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego sul mercato del capitale accantonato e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego”.

Un siffatto accertamento – che è cosa ben diversa dalla pura differenza tra contribuzione e liquidazione, così come operato nella sentenza CTR qui impugnata non era certo precluso da quanto stabilito da Cass. ord. 30364/11 testè cit., avendo quest’ultima espressamente evidenziato che “la causa non può essere decisa nel merito, in quanto deve essere riservata alla sede di rinvio l’individuazione in concreto degli elementi reddituali contabili d’ordine alla corretta applicazione del principio sopra enunciato, sulla base della documentazione acquisita in atti ed all’evoluzione nel tempo dal rapporto contributivo”.

In coerente applicazione con i principi enunciati, la commissione tributaria regionale, in diversa composizione, dovrà dunque accertare – previa valutazione delle risultanze già agli atti di causa e previa eventuale CTU – i concreti meccanismi di funzionamento del fondo P.I.A./FONDENEL nel corso degli anni; se vi sia stato impiego sul mercato finanziario del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore; quale sia stato il rendimento, ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali.

Sulla scorta di tale indagine, il giudice del rinvio quantificherà la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al “rendimento netto” derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolerà l’imposta dovuta dal contribuente e, conseguentemente, l’ammontare del suo effettivo credito restitutorio derivante dall’applicazione, solo a tale parte, dell’aliquota del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

PQM

LA CORTE

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2017

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